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Processo “Miramare”, ultimo atto: la Cassazione annulla la condanna, Falcomatà torna sindaco di Reggio Calabria

di Claudio Cordova – La Cassazione ha annullato la condanna: Giuseppe Falcomatà torna a fare il sindaco del Comune e della Città metropolitana di Reggio Calabria. La Suprema Corte ha accolto la richiesta degli avvocati Marco Panella e Giandomenico Caiazza, i quali stamattina avevano chiesto l’annullamento della condanna per abuso d’ufficio.

Poco più di un anno fa, l’8 novembre 2022, la Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva confermato la condanna per il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, a 1 anno di reclusione. Per il primo cittadino, che era già stato sospeso dopo il primo grado in forza della Legge Severino, aveva retto, anche in secondo grado, il processo sul cosiddetto “Caso Miramare”.

Il procedimento nasce dopo la grande polemica (anche politica) per l’assegnazione, con affidamento diretto, che la Giunta Comunale fece alla semisconosciuta associazione “Il Sottoscala”, dell’imprenditore Paolo Zagarella. L’affidamento diretto di una parte del “Miramare”, struttura di pregio in disuso da anni, sarebbe stata effettuata senza particolari controlli sulla effettiva capacità dell’associazione di impegnarsi in tale compito. Ma, soprattutto, sarebbe avvenuta in virtù del rapporto di amicizia tra lo stesso Falcomatà e Zagarella, compagni di serate danzanti nelle discoteche più “in” della città.

La sentenza di primo grado, invece, era stata emessa il 19 novembre 2021, condannando il primo cittadino ad una condanna di 1 anno e 4 mesi. Un processo – avevano detto già dal primo grado i rappresentanti dell’accusa – “sul modo in cui si deve intendere la funzione pubblica”.

Oltre a Falcomatà e a Zagarella erano imputati anche l’ex segretario generale del Comune, Giovanna Acquaviva, l’ex dirigente Maria Luisa Spanò, l’assessore in carica ai Lavori Pubblici, Giovanni Muraca, e gli ex assessori Saverio Anghelone, Armando Neri, Patrizia Nardi, Giuseppe Marino, Antonino Zimbalatti e Agata Quattrone. Condannati per abuso d’ufficio e assolti dal reato di falso, in primo grado. In Appello, i giudici avevano deciso per 6 mesi di reclusione nei confronti dei componenti dell’ex giunta comunale di Palazzo San Giorgio. Per tutti, non menzione della condanna.

Al centro dell’inchiesta, la delibera della Giunta comunale con cui l’Amministrazione affidava all’imprenditore Paolo Zagarella, titolare dell’associazione “Il Sottoscala”, la gestione temporanea del noto albergo Miramare, da tempo chiuso. Uno dei “gioielli di famiglia” l’ha definito nel corso del suo esame, il sindaco Falcomatà. L’affidamento della gestione della struttura di pregio, notissima in città, sarebbe avvenuto in maniera diretta a Zagarella: questi, infatti, è uno storico amico del sindaco Falcomatà e gli avrebbe anche concesso, in forma gratuita, i locali che avevano ospitato la segreteria politica nella campagna elettorale che porterà l’attuale primo cittadino alla schiacciante vittoria sul centrodestra nella corsa verso Palazzo San Giorgio. Numerosi, peraltro, sarebbero i contatti telefonici tra il primo cittadino e l’imprenditore. Circa 100. Per la Procura, quindi, il Miramare doveva andare a un amico del sindaco: Paolo Zagarella. Non si voleva restituire la struttura ai cittadini, ma la si voleva dare a un solo cittadino.

Nelle more dei tre gradi giudizio, intanto, Falcomatà è stato anche rinviato a giudizio nell’inchiesta-bis, nata da una denuncia del movimento “Reggio Futura” che ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica per evidenziare “la stranezza” della mancata costituzione del Comune come parte civile proprio nel processo Miramare, dove era parte offesa. Falcomatà, in qualità di sindaco, nonostante sia stato “reiteratamente sollecitato ad assumere determinazioni da personale dipendente e qualificato del Comune”, si afferma nel capo d’imputazione, “non ha avviato la procedura per la nomina di un curatore speciale che avrebbe potuto costituirsi parte civile per conto del Comune nel processo Miramare”. Così facendo, “arrecando a sé stesso e ad altri imputati un ingiusto vantaggio patrimoniale”.

Tornando al troncone principale, nel materiale probatorio, spiccano le conversazioni WhatsApp depositate dall’allora assessore Angela Marcianò, grande accusatrice di Falcomatà, condannata in primo grado, ma già assolta in Appello, essendo stata l’unica ad aver scelto il rito abbreviato. E, quindi, reintegrata in Consiglio Comunale dopo la sospensione per la Legge Severino. Nel processo di merito sarebbe peraltro emersa anche la condotta dell’assessore Armando Neri e dell’assessore Giovanni Muraca, due fedelissimi di Falcomatà. Muraca, nell’impostazione accusatoria, sarebbe stato colui il quale avrebbe, di fatto, consegnato a Zagarella le chiavi per avere la disponibilità del “Miramare”. Forse anche in tempi antecedenti alla delibera stessa. Sul punto, importanti le testimonianze dell’allora Sovrintendente ai Beni Archeologici, Margherita Eichberg, e di una sua collaboratrice, Giuseppina Vitetta, che avrebbero “sorpreso” Zagarella all’interno del “Miramare”, già intento a fare dei lavori. Una delibera, quella del 16 luglio 2015, che sarebbe stata approvata a maggioranza con l’assenza dell’allora assessore, Mattia Neto, che infatti non verrà coinvolta nell’inchiesta del pm Walter Ignazitto.

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