di Claudio Cordova – Possono otto nuove rotte aeree rianimare, galvanizzare una città da 180.000 abitanti? Una città che ha il rango di Città Metropolitana? Un centro che, per storia e per cultura, dovrebbe essere una delle città guida del Mediterraneo?
Possono.
Soprattutto se quella città, quell’aeroporto, di rotte, da anni, ne hanno solo due. Una per Roma e una per Milano. Malmesse. Costosissime. Sempre in bilico. Siamo tutti ammaliati, come gli indigeni, sedotti da Cristoforo Colombo con alcuni doni, per l’arrivo di Ryanair a Reggio Calabria. L’annuncio del presidente della Regione, Roberto Occhiuto e dei vertici della compagnia irlandese dell’istituzione di otto nuove tratte per il periodo estivo presso l’Aeroporto dello Stretto ha suscitato una euforia generale, una caccia al biglietto, una ricerca continua per provare a fare quello che, nel 2024, non dovrebbe essere niente di strano, niente di eccezionale, niente di storico: volare, viaggiare, conoscere nuovi luoghi e nuove culture, aprirsi, se possibile, a nuove realtà, a nuovi pensieri.
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Si badi bene, non è assolutamente sottovalutare e svilire ciò che, in queste ore, la Regione di centrodestra è riuscita a fare. Anzi, tutt’altro. Occhiuto è riuscito dove tanti hanno promesso e fallito. Sia del suo schieramento politico, sia del centrosinistra. E questo è un dato inoppugnabile.
Così come è inoppugnabile che l’esistenza, finalmente, di qualcosa che può almeno lontanamente avvicinarsi al concetto di aeroporto abbia generato in città un entusiasmo che, altrove, potrebbe essere visto come inspiegabile.
Non c’è reggino che, in queste ore, non abbia sfogliato un giornale online per leggere degli ultimi aggiornamenti; non c’è persona che non abbia proposto, in queste ore, a un amico, a un partner, un viaggio diretto verso splendide città come Berlino, Barcellona o Venezia; non c’è chat o gruppo WhatsApp che non abbia dedicato messaggi di giubilo per l’arrivo di Ryanair; non c’è utente che non si sia collegato tramite app o sito internet Ryanair per provare l’ebbrezza di prenotare un volo che non fosse Ita (ex Alitalia) e che non lo portasse a Roma o a Milano.
Quanto è triste tutto questo!
E non di certo perché il risultato della Regione sia da sminuire e nemmeno per il fatto che viaggiare non sia un bene primario per tutti noi. Ma quando ci si esalta per quello che dovrebbe essere “normale”, significa che quel territorio è assai sotto gli standard di “normalità”.
Ecco la tristezza.
E, però, succede questo a una città che, almeno da una dozzina d’anni, vive uno stato di depressione profonda. Gli anni di Giuseppe Falcomatà e del centrosinistra alla guida di Palazzo San Giorgio hanno intristito profondamente Reggio Calabria e i suoi cittadini. Che sia estate, che siano le festività natalizie, ma anche quelle appena concluse del Carnevale, la principale città della Calabria (capoluogo o meno) vive da anni uno stato comatoso. Non un concerto degno di questo nome. Con tutto il rispetto, quello di Albano e altre cariatidi simili non può essere definito tale. Soprattutto se si pensa a luoghi vicinissimi quali Roccella Jonica o Taormina. Non una stagione culturale degna di una città e non di un paesello. Ogni evento, in questi anni, è stato organizzato alla stregua di una sagra. Con tutto il rispetto per le sagre.
Una città in cui se si decide malauguratamente di uscire, si può, sostanzialmente, solo mangiare.
Anni di incompetenza, di immobilismo, di sciatteria portano, dunque, a eccitarsi (sì, eccitarsi, quasi a raggiungere l’orgasmo) per dei voli. Dei voli. Nel 2024. Anche ieri, nel corso della presentazione delle rotte, il sindaco Falcomatà non ha toccato palla. A mala pena gli è stato riservato un posto nelle prime file, mentre alcuni dei suoi improbabili e semianalfabeti scherani sono rimasti (giustamente) in piedi.
I reggini prendono aria, nella speranza di poterla cambiare l’aria. Non è un caso che, quasi tutti, si siano concentrati e si stiano concentrando sulla possibilità di viaggiare lontano da Reggio Calabria e pochi abbiano sottolineato come la presenza di Ryanair in riva allo Stretto dovrebbe avere, invece, come principale obiettivo, quello di portare turisti sul nostro territorio.
E riuscirci, vista la pochezza (e la compromissione) imprenditoriale del territorio stesso, è tutt’altro che certo.
Questo nonostante il fatto che il governatore Occhiuto nell’annunciare lo storico accordo triennale con Ryanair abbia parlato anche di servizi di collegamento diretto da Messina, per poter attrarre anche l’utenza della Sicilia orientale nei flussi di passeggeri a Reggio Calabria.
Ma questo può accadere se il territorio riuscirà ad avere un’evoluzione culturale, ancor prima che economica. Se fornirà servizi, in primis sotto il profilo dei collegamenti, decenti. Se non si vedrà il turista come pollo da spennare. Se, ora che Reggio Calabria e il suo hinterland è raggiungibile, si organizzeranno eventi che possano attirare persone da altri luoghi d’Italia e d’Europa.
Si può fare. Anche se non ci si trova a Milano. Qualche esempio: il Lucca Comics o il Lucca Summer Festival (Lucca, 89mila abitanti), il Trasimeno Blues Festival (borghi sul lago Trasimeno, poche migliaia di abitanti), il Summer Jamboree Festival (Senigallia, 43mila abitanti), il Tribuk (Abano Terme, 20 mila abitanti), Taormina Film Fest (Taormina, 10mila abitanti). L’elenco potrebbe essere pressoché infinito.
L’isolamento in termini di trasporti della Calabria è, insieme ai drammi della malasanità e alla piaga della ‘ndrangheta, il problema principale del territorio e dei suoi abitanti. Quello che va a incidere profondamente anche sulla arretratezza culturale di determinati luoghi, soprattutto dell’entroterra, che sono convinti che il mondo sia solo quello, fatto di “mangiate” di carne di capra. Fare un viaggio è come leggere un libro.
Oggi Reggio sogna. Sogna un po’ di normalità, un po’ di libertà, forse anche un po’ di contaminazione culturale. Larghe fette della popolazione, potendo viaggiare di più, forse potrebbero aprire le proprie menti. Così come è auspicabile che anche ricevere qualcosa (oltre ai flussi di denaro) dalle visite turistiche di un tedesco, di un marsigliese o magari di un bolognese. Per lavare via un po’ di quella pochezza culturale che impedisce al territorio di volare.
Con Ryanair o con chicchessia.