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Congresso PD, Richichi: “L’insensato timore di rivendicare un’identità”

Riceviamo e pubblichiamo:

“Domenica scorsa si sono chiusi i termini per la presentazione delle candidature al congresso del PD.

Adesso si va al confronto elettorale. Per un contributo completo di idee non ci si può esimere dal fare un cenno alla storia dei partiti dai quali è nato il PD. Occorre capire dove si sia sbagliato e si deve prendere atto che, per timore di urtare suscettibilità, non ci si sia, mai, confrontati, con franchezza, sul passato di essi.

Per oltre un ventennio la sinistra italiana, insieme ai cosiddetti ceti produttivi e cioè Confindustria, hanno costantemente cannoneggiato contro le politiche assistenzialistiche poste in essere dai governi democristiani. In particolare il sud è stato vittima di questa guerra senza quartiere scatenata in maniera incrociata contro tutto quello che non era fabbriche e grandi agglomerati industriali. Gli industriali per accaparrarsi sempre di più le risorse statali, la sinistra che si sentiva incorporata nei processi produttivi attraverso i lavoratori, per una incapacità di leggere le sfide che avanzavano e per giustificare le continue sconfitte elettorali. La politica, cosiddetta assistenziale, dei governi veniva esercitata dalle partecipazioni statali e si esplicava in varie forme: attraverso le Poste non c’era paesino, o frazione, abbandonato e, quindi l’ufficio, il postino e lavoro. In ogni paese c’era uno o più sportelli bancari con lavoratori. Le Ferrovie assumevano, così come l’Enel piena di squadre di pronto intervento per riparare immediatamente i vecchi pali della luce. La SIP espandeva i telefoni in tutte le aree rurali immettendo mano d’opera fresca, così come altri soggetti del parastato implementavano progetti e mano d’opera. Le pubbliche amministrazioni immisero nei loro ruoli migliaia di giovani attraverso l’ufficio del lavoro grazie alla legge 285/1977 del governo Andreotti, definita “legge Anselmi-Berlinguer” i cui benefici stanno finendo perché, oggi, quei giovani sono pensionati o pensionandi, non sostituiti in gran parte. Accanto a questi interventi si moltiplicò, nel tempo, una legislazione sociale d’avanguardia a partire dalla riforma agraria e dal “Piano Case” che dettero terra, case e lavoro a milioni di italiani. Per combattere la disoccupazione furono istituiti i “Cantieri Scuola” che si possono definire gli antesignani del “reddito di cittadinanza” con la differenza che con essi si dava un lavoro con un salario a centinaia di migliaia di disoccupati per formarsi e per costruire opere utili al popolo. Certo non tutto era luce. Molti interventi e progetti si perdevano nei meandri dell’inefficienza e del mal costume: si pensi agli operai forestali che pure erano e sono necessari. Poi arrivò la sinistra bancaria e federalista illuminata dei Ciampi, dei Prodi e dei D’Alema che, invece di operare i correttivi necessari, espoliarono lo Stato di tutti i suoi gioielli svendendoli ai tanti capitani di (s)ventura per il nostro paese. Sposarono la cultura americana diventandone, di fatto, succubi. Scambiarono il pensiero liberale con l liberalismo e il pensiero cattolico sociale per il leninismo e fecero terra bruciata di quanto era stato costruito. Una sinistra incapace di capire e cogliere la sfida lanciata da Giovanni Paolo II allorquando, dopo la caduta dell’impero sovietico, lanciò il grido di allarme e di lotta nei confronti di un capitalismo senza anima e tuto teso allo sfruttamento delle persone per il perseguimento, solo, del profitto. Oggi la cosiddetta sinistra di salotto scopre la povertà e, non avendo idee e conoscendo la società, solo, attraverso i filtri del suo personale benessere, si limita a dare risposte infantili come il reddito di cittadinanza. Il PD, un partito che si presenta alla società senza un’identità propria, ha nascosto eventuali padri, non ha, mai, chiarito da dove venga e dove voglia andare, non ha mai parlato di proprie radici e, per non esporsi, è “senza un Pantheon”. Ci sarà il PD quando avremo il coraggio di dire che il siamo un partito orientato al bene pubblico, un partito laico, aconfessionale, pluralista, interclassista che si ispira, anche, ai principi del cattolicesimo democratico coniugati con le idee della sinistra illuminata, che riconosce come padri Gramsci, De Gasperi, Togliatti, La Pira, Nenni, Fanfani, Moro, Berlinguer, che non guarda più a Stalin e al comunismo. Il Pd, se vuole riprendere il camino e non restare impantanato nelle sue ambiguità, deve, altresì riconsiderare la storia e riprendere una parte di strada che parta dai bisogni della gente, riconoscendo dignità alla gente. La dignità è uno dei principi fondanti e, per la persona umana, il percorso lavorativo di questa dignità è tratto essenziale. Il Pd deve scegliere se vuole continuare a scimmiottare il Partito Democratico Americano e diventare una sorta di partito radicale senza masse, o ritornare ad essere una forza ancorata saldamente alla cultura italiana che non lascia indietro nessuno proiettando la società verso un modello di equa giustizia, pensiero che ha, sempre, saputo distinguere la carità dalla giustizia sociale dove si afferma pienamente la dignità della persona umana”.

Domenico Francesco Richichi (Direzione regionale PD Calabria)

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