Il Piemonte è “un territorio eletto dalle mafie“. Così, nella sua relazione semestrale al parlamento, la Dia fotografa la regione dal punto di vista della lotta alla criminalità organizzata. Ad essere preponderante è la ‘ndrangheta, che esercita “la propria egemonia lasciando spazio anche a cellule criminali di diversa matrice” tra cui Cosa Nostra. Sono operative anche bande di stranieri; la “delinquenza albanese”, in particolare, riesce spesso ad agire in “sinergia occasionale con forme malavitose di altre matrici, in special modo italiane, privilegiando favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e reati predatori”.
Una delle caratteristiche delle consorterie di stampo mafioso è che “tendono ad agire sottotraccia, facendo ricorso ad azioni violente solo quale ‘extrema ratio’ in ossequio alla necessita’ di perseguire le proprie finalità illecite senza suscitare l’attenzione delle forze dell’ordine”.
Fra le cause dell’insediamento della ‘ndrangheta in Piemonte la Dia individua la presenza di detenuti nelle carceri di Novara e Cuneo: questo è “un fattore di tradizionale richiamo per i familiari, che tendono a stabilirsi nelle aree limitrofe creando presupposti di radicamento”.
Rischio infiltrazioni criminalità organizzata anche in Toscana. “Le difficoltà vissute dalle imprese toscane – scrive la Dia – specialmente nei settori turistico alberghiero manifatturiero del commercio e della ristorazione – si legge – hanno evidenziato una crisi legata in gran parte alla mancanza di liquidità. Ciò è potenzialmente capace di lasciare spazio di manovra alle organizzazioni criminali forti dell’elevata disponibilità economica che gli consente di operare in sostituzione o in aggiunta allo Stato sociale”.
La Toscana “ha continuato a subire le conseguenze della crisi causata dalla pandemia da Covid 19”, si legge nella relazione, che non esita a richiamare nella relazione la parole all’inaugurazione dell’anno giudiziario dell’allora Procuratore generale della Corte d’appello di Firenze Marcello Viola, ora procuratore a Milano, che aveva denunciato “anche in Toscana l’esistenza di meccanismi di infiltrazione delle diverse mafie, altrettante pervasive di un virus, nei circuiti dell’economia legale e nel tessuto dell’economia locale con molteplici e diversificati investimenti” al solo fine di “riciclare denaro proveniente dalle piu’ varie attività criminali”.
Le indagini della Dia, anche nel secondo semestre 2021, “sembrano confermare la presenza e l’operatività di elementi contigui alle organizzazioni criminali mafiose i quali gestirebbero, talvolta in sinergia con soggetti autoctoni, numerose attività illecite con lo scopo di ottenere il massimo profitto nei settori di maggior interesse quali gli appalti pubblici, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti, nonche’ il campo turistico alberghiero”.
In Toscana “sembra confermata la rilevanza di esponenti legati a camorra e ‘ndrangheta”.
Tra le mafie straniere, le compagini di etnia albanese continuerebbero a mantenere un ruolo primario in molte attivita’ nel distretto del tessile abbigliamento che coinvolge l’hinterland fiorentino (Sesto e Campi Bisenzio) fino ad abbracciare la provincia di Prato e Pistoia.