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Rivolta carcere Rossano, Di Giacomo (S.PP.): “Non basta trasferire i detenuti violenti”

“La rivolta nel carcere di Rossano è purtroppo solo l’ultima di una lunghissima
serie che si registra dall’inizio dell’anno nei penitenziari del Sud e Nord del Paese
con un’aggravante: trasferire detenuti che sono autori di violenze e rivolte non è la
soluzione del problema. La soluzione è pene severe che hanno prima di tutto
l’obiettivo di rompere l’impunibilità di cui godono i detenuti violenti”. Così Aldo Di
Giacomo, segretario del S.PP., per il quale “va stroncata la diffusa convinzione dei
detenuti di riuscire a farla franca. Si pensi solo che a distanza di più di due anni
dalla sessantina di rivolte (primavera 2020) nelle carceri che hanno rappresentato
la più forte sfida di sempre allo Stato e devastato i penitenziari, solo pochi processi
sono stati celebrati con casi molto rari di condanne. A questo si aggiunga la cronica
carenza di organico (a Rosarno il 50% della pianta organica complessiva) e
l’impossibilità per gli agenti di intervenire per non incorrere nel reato di tortura. Da
troppo tempo – afferma Di Giacomo – ascoltiamo promesse di rivedere il reato di
tortura che di fatto immobilizza gli agenti costringendoli a volgere l’altra guancia.
A completare il quadro c’è la presenza tra la popolazione carceraria di detenuti con
problemi psichiatrici e di tossicodipendenza, in buona parte utilizzati dagli
appartenenti a clan ed organizzazioni criminali per i cosiddetti lavori sporchi in
carcere e gli atti di violenza. Malati psichiatrici, persone detenute a regime di alta
sicurezza, tossicodipendenti e un’umanità varia, tutti ammassati nello stesso luogo.
Basta questo a far capire quanto sia ingestibile la situazione”.

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