Politica, verità e segreti di famiglia. Ieri pomeriggio, nella sede della Fondazione Premio Sila, la presentazione di Piero Marrazzo del suo “Storia senza eroi” ha regalato al numeroso pubblico momenti molto intensi. Il giornalista, scrittore e politico ha intrapreso un dialogo profondo con l’avvocato Enzo Paolini, presidente della Fondazione Premio Sila, per esplorare i temi e le esperienze raccontate nel volume
Cosenza, 13 febbraio 2025 – Ieri pomeriggio, nella sede gremita della Fondazione Premio Sila, Piero Marrazzo ha presentato il suo nuovo libro “Storia senza eroi”, pubblicato da Marsilio per la Collana Specchi. L’evento ha offerto un interessante momento di confronto e riflessione su politica, verità e peso dei segreti familiari. Caratterizzato da un dialogo diretto e senza filtri tra Marrazzo e l’avvocato Enzo Paolini, presidente della Fondazione Premio Sila, ha visto il pubblico rapito da una narrazione che unisce storie personali e un’analisi critica della realtà mediatica e politica italiana.
“Io che l’ho letto dico che è una storia di padri e figli, di amore; il padre di questa storia è Piero Marrazzo e il figlio di questa storia è sempre Piero Marrazzo – ha esordito l’avvocato Paolini –. È un incrocio incredibile di vicende, una specie di sliding doors che fa domandare come sarebbe andata se non fosse avvenuto un certo fatto”. Questa sua osservazione ha posto le basi per un percorso narrativo che vede nel libro non solo il racconto di una vicenda personale, ma anche l’eco di una storia più ampia, fatta di responsabilità e di verità da svelare.
“‘Storia senza eroi’ è la prosecuzione dell’identità, il germoglio della mia famiglia – ha esclamato Marrazzo –. Il libro, che si apre come un giallo personale, rivela come il percorso di vita dell’autore sia stato segnato dall’ipocrisia, dai segreti custoditi gelosamente dai suoi nonni, i “primi ad essere colpevolmente ipocriti”. E dalla vicenda personale che l’ha visto “sbattuto come un mostro, in prima pagina” mentre era presidente della Regione Lazio. Marrazzo ha raccontato che le sue figlie – Giulia, Diletta e Chiara – gli hanno detto “Papà, adesso basta”, spingendolo a scrivere per ricordare e per far conoscere quella verità che troppo a lungo era stata nascosta.
In un passaggio particolarmente intenso, lo scrittore ha sottolineato: “Cercavamo sempre di unire il Paese, di trovare qual era il punto di caduta. Io ho scritto questo libro pensando a quello che avrei detto, magari, alle primarie del 2013, se ci fossi arrivato. Noi dobbiamo fare un sacrificio anche di fronte a chi vuole colpire il politico con il privato. Difendiamo la politica, il giornalismo e il valore del privato, perché non possiamo farci tirare per la giacchetta ogni volta”. Questa affermazione ha fatto eco a un tema centrale del volume: il contrasto tra la sfera privata e il ruolo pubblico, in cui il potere e la responsabilità si intrecciano, e dove la verità – anche se scomoda – deve sempre emergere.
Il libro non si limita a narrare eventi, ma scava nei meandri della responsabilità personale e della vicenda politica. Piero Marrazzo ha raccontato, con evidente emozione, del “caso dei carabinieri infedeli”, evidenziando come, nonostante le accuse e il clima di fake news, egli non sia mai stato indagato né raggiunto da un avviso di garanzia. “Le fake news, sospinte dal velo dell’ipocrisia, hanno cercato di legarmi a due morti – quella di una donna transessuale e quella di un pusher – facendo di me un emblema della responsabilità che, a suo dire, non dovevo assumere”, ha spiegato l’autore, ribadendo la necessità di mettere al centro il garantismo e la trasparenza.
Il coraggio nell’ammettere la paura e la famiglia
“La paura è la paura dell’uomo nel guardare le figlie. Oggi so che facevo bene ad aver paura per quello che la mia famiglia e mio nonno avevano fatto al mondo. La mia storia – ha raccontato Piero Marrazzo – nasce dal dover affrontare quella paura e trasformarla in consapevolezza, in una via d’uscita che mi ha permesso di dire, senza più mentire, che avevo paura”.
Durante la serata, il dialogo ha abbracciato anche temi di attualità politica e mediatica. “Non mi sono dimesso dalla politica né dal giornalismo – ha affermato Marrazzo –. Ho rifiutato lo scranno, perché la politica deve restare fedele ai valori condivisi, come fecero i padri costituenti. Dobbiamo difendere la politica, il privato e il giornalismo, anche se a volte il vento che soffia dagli Stati Uniti ci ricorda che le democrazie liberali non sono il sistema perfetto, ma l’unico che abbiamo”.
Un ulteriore tema affrontato dal libro riguarda il retaggio familiare e le vicende personali, come il percorso di Piero Marrazzo alla ricerca del passaporto americano, che simboleggia la scoperta di una storia nascosta, fatta di segreti e tradimenti. In questo contesto, l’autore racconta aneddoti legati al contesto familiare, alle origini calabresi, alla figura di suo nonno e alle vicende che hanno segnato la sua formazione. “Ogni famiglia ha una piccola porticina dove è nascosto un segreto di famiglia – ce l’hanno tutte –, e qui, nel mio libro, scoprirete che non si tratta di una semplice storia personale, ma di un intreccio complesso di eventi che hanno segnato il destino di una famiglia intera”, ha dichiarato Marrazzo.
L’evento si è chiuso con un momento di grande intensità emotiva, quando Enzo Paolini ha letto uno stralcio del libro che lo scrittore ha dedicato alla sua mamma. Questo passaggio ha suscitato una forte emozione nel pubblico, che ha riconosciuto in quelle parole il potere liberatorio della verità e della memoria.
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LA SCHEDA DEL LIBRO
Piero Marrazzo, Storia senza eroi, Collana Specchi – Marsilio
Da via Gradoli a Manhattan e ritorno, senza un lieto fine, ma con la speranza che aver rivissuto una “piccola epopea” sia un nuovo inizio: la caduta e il riscatto di un uomo e di un’intera famiglia che danno l’occasione per raccontare un pezzo di storia italiana e risvolti inediti dei rapporti tra Italia e Stati Uniti. Uno dei luoghi che ricorre nella storia politica italiana è via Gradoli. La via Gradoli di Aldo Moro e dei servizi e la via Gradoli dove subisce una battuta d’arresto la vicenda politica di Piero Marrazzo, che nel 2009 è il presidente della Regione Lazio. Si parte così da via Gradoli per arrivare qui, oggi, avendo da subito intuito che quella battuta d’arresto non era che l’occasione di srotolare una storia più lunga, più ampia e, soprattutto, collettiva. Che cos’è, infatti, la politica se non la capacità di trasformare una vicenda privata in una vicenda a servizio di un’intera comunità? Storia senza eroi è il romanzo della vita di un uomo. Se non fosse che la vita di ciascuno di noi non comincia il giorno della nascita, ma prima, e talvolta pure in un altro luogo: la vicenda di via Gradoli e Piero Marrazzo comincia negli Stati Uniti, con la giovinezza di una donna succube delle scelte paterne, gli anni americani e “a colori” della madre Gina, dei quali in famiglia si sapeva poco, quasi niente, e che Piero, travolto dallo “scandalo”, decide di indagare per se stesso e il fratellastro, scoprendo un passato fatto di matrimoni nascosti, diritti negati, rapporti con la mafia, segreti inconfessabili e presunte vergogne cancellate con un colpo di spugna dal grande patriarca Eugenio, suocero del padre Joe, giornalista appassionato e che non scese mai a compromessi. Il punto di partenza di questo racconto – in cui epica e storia, notizie e illazioni, ricerca e intuizione si mescolano – è quello di chi ha deciso di narrarlo e che lo firma: Piero Marrazzo, giornalista e politico, uomo. Il punto di arrivo è invece una storia collettiva, che riguarda tutti noi.
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Piero Marrazzo
Nato a Roma nel 1958, è un giornalista, conduttore televisivo e politico italiano, presidente della Regione Lazio dal 2005 al 2009.
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Tre domande a Piero Marrazzo
“Storia senza eroi” è una riflessione profonda sul valore della trasparenza, della responsabilità e del confronto…
Nel titolo “Storia senza eroi”, cosa intendi per “assenza di eroi” e come questa visione si riflette nel tuo racconto personale e politico?
Io non pensavo mai di scrivere un libro nel quale presentarmi come un esempio, ma come testimone di una storia. La storia di una famiglia che contiene anche elementi della mia esperienza politica e personale, cioè quello che è stato definito il “Caso Marrazzo” che oggi finalmente possiamo definire il caso dei carabinieri infedeli che sono stati condannati per tentativo di ricatto. È fuori dal libro ma è il detonatore ed essendo un detonatore fa sì che io possa aver bordeggiato tra quella che era l’esperienza politica pubblica, giornalistica, senza però mai richiamarla. Perché ho tenuto distinti tutti gli elementi di cronaca, da quelli che invece erano gli elementi di una storia personale.
Come trasformeresti le tue esperienze private in un patrimonio collettivo, e quale ruolo gioca la memoria in questo processo?
Dalla storia, questa sì. Il caso Marrazzo, ma di Piero che fa degli errori: non dire la verità alla moglie, non denunciare al comandante dell’Arma dei Carabinieri. L’errore di non condividerlo con i suoi compagni di partito. Con chi era con me nelle istituzioni – e che mi ha spinto alle dimissioni. Rappresentano un elemento che viaggia parallelo a un altro. Mi sono dimesso per opportunità, non essendo mai stato né indagato né tanto meno processato per quello che era invece il Caso Marrazzo. Era il caso dei carabinieri infedeli, processati e condannati. Io penso che non si è mai riflettuto, mai. Che si è usato lo strumento di potere della sessualità per farmi cadere. Ma questo non è importante perché io sono, come mi ricordano le mie figlie, un maschio bianco, eterosessuale, privilegiato, ma che poi ha trovato una gabbia tra gli affetti delle figlie, la cultura, la storia professionale, per resistere. Non anche le donne contro le quali quotidianamente viene utilizzato ed esercitato lo strumento del potere di potere, della sessualità o contro gli appartenenti alla comunità Lgbtqi Plus. E, nella mia vicenda, la gogna che è stata utilizzata contro le donne transessuali, sex worker, prostitute che sono state sbattute strumentalmente come dei mostri. Tutto fatto perché così l’ipocrisia dei benpensanti trovasse lo strumento per poi giudicare. Ecco perché io credo che il messaggio è che la sessualità nella vita di tutti i giorni viene usata come uno strumento di potere contro le donne. Gli appartenenti alla comunità Lgbt Plus.
Raccontando scandali, segreti e il percorso di caduta e riscatto, quale messaggio speri di lasciare ai lettori in un’epoca in cui la politica e la vita privata sono sempre più intrecciate?
Che ci devono essere delle garanzie sempre, perché non si entri nella vita delle persone. In questo caso, è il racconto di un uomo, il mio racconto, ma che cerco di condividere, cioè condividere la necessità del garantismo, la necessità che ci siano delle regole vere ma deontologiche. Per le quattro famose lettere, anzi per le quattro S, la consonante dello sport, del sesso, della salute e del sangue. Che sia questa la bussola per fare i giornalisti non passando sull’intimità. E lo ripeto, io sono uno che poteva resistere. I giornalisti, i media, coloro che scrivono sui social devono pensare a chi non può resistere a una tale ondata mediatica.