“L’unica città che vogliamo è fatta di persone che si incontrano e discutono, anche animatamente, ma per il bene comune. L’unica città che vogliamo guarda all’Unical come luogo di dibattito pubblico e crescita civile, pensiero critico e divergente. L’unica città che vogliamo riconosce la complessità dei processi democratici ed è capace di farne la sua forza, non la sua debolezza”.
Nasce da queste premesse il dibattito pubblico organizzato da Filorosso, che si terrà nella sala teatro del DAM presso l’edificio Polifunzionale dell’Università della Calabria il prossimo martedì 19 novembre alle ore 17:30, in vista del referendum consultivo sulla città unica dell’1 dicembre. All’incontro, moderato dalla giornalista Daniela Ielasi ed aperto alla comunità universitaria, sono previsti interventi di esponenti dalle vedute opposte: da una parte Maria Pia Funaro e Giacomo Mancini, apertamente schierati sul Sì, dall’altra Massimo La Deda e Sandro Principe, convinti sostenitori del No. Il tentativo assai ambizioso dell’incontro è quello di dare spazio ad argomentazioni, idee e visioni sulla città, che possano accomunare anziché dividere gli interlocutori.
La posizione di Filorosso non è un mistero per nessuno. Lo spazio sociale che ha sede nel Campus da quasi 30 anni, sin dalla sua nascita si è sempre schierato a favore dell’area urbana Cosenza-Rende, sostenendo fortemente l’integrazione dei servizi pubblici, delle strutture e delle attività socioculturali a vantaggio di tutti i cittadini che vivono in due comuni diversi ma in un’unica grande città, con una università e due centri storici. Ora che il processo di unione è stato avviato, seppure con tanti limiti, Filorosso invita a non rimanere su posizioni di retroguardia.
“Non si può continuare – si legge in una nota – a difendere l’esistente, con diversi sistemi di trasporti o di raccolta e smaltimento rifiuti, con due consigli comunali e doppi centri decisionali incapaci di collaborare e di coordinarsi per il bene della collettività. Come cittadini non possiamo essere contrari solo perchè questa accelerazione è calata dall’alto, oppure perché è un’iniziativa di una parte politica: la città unica non è né di destra né di sinistra. Un processo di unione dal basso è già in atto da tempo, chi vive a Rende tifa per il Cosenza, chi vive a Cosenza frequenta l’università, non c’è più il Campagnano a dividere le giovani generazioni e i nuovi residenti dell’area urbana”.
“Bisogna osare, sognare ed essere protagonisti dei cambiamenti. La presenza dell’ateneo, con i suoi abitanti temporanei, i nuovi bisogni di cui sono portatori e i progetti in campo – continua la nota – ci spinge a guardare oltre i recinti del passato. I tempi attuali ci chiedono di essere più razionali, migliorare i servizi e possibilmente ridurre i costi, per questo la realizzazione di un’unica città dal punto di vista amministrativo è da accogliere come una buona notizia. Unire le forze significa garantire maggiore vivibilità, ma anche stimolare un nuovo protagonismo, attraverso la partecipazione delle associazioni del terzo settore, del tessuto imprenditoriale e della rete dei commercianti: tutti noi siamo chiamati ad essere parte di questo processo costituente, consapevoli che il successo dell’unione non è scontato ma rappresenta una opportunità da non perdere e soprattutto da non lasciare in mano ai burocrati. Noi immaginiamo ad esempio nuove circoscrizioni sul modello dei municipi come avviene per le grandi città, con deleghe importanti ed istituzioni di prossimità, per una maggiore vicinanza dei cittadini alla politica. Quello che sarà dipende anche da noi, da quanto coraggio avremo accettando la sfida dello stare insieme”.
“Il referendum dell’1 dicembre – conclude la nota – è solo consultivo ma di certo segnerà una direzione. Al momento questa importante iniziativa non è accompagnata da un dibattito all’altezza della trasformazione che si propone. Noi proviamo a fare la nostra parte, aprendo un confronto all’università: va bene dibattere in ogni luogo, come sta avvenendo nelle ultime settimane sui media e sui social, nei bar e per le strade della città, ma l’università è il luogo del pensiero critico e qui più che altrove proveremo a discutere accogliendo il punto di vista degli altri e coltivando il dubbio come sano esercizio democratico”.