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Cosenza, al Museo dei Brettii e degli Enotri la lectio magistralis dell’antropologo Vito Teti sul “senso dei luoghi”

Una lectio magistralis sul “senso dei luoghi”. E’ quella che l’antropologo Vito Teti, già Professore Ordinario di Antropologia Culturale all’Università della Calabria, terrà al Museo dei Brettii e degli Enotri, venerdì 14 giugno, alle ore 17,30, nell’ambito della rassegna “Primavera Mediterranea”, organizzata dal Museo dei Brettii e degli Enotri e dall’Associazione Culturale Μεράκι. Il senso dei luoghi è anche il titolo di uno dei testi di Vito Teti, pubblicato dall’editore Donzelli, e che, lanciato nelle librerie per la prima volta nel 2004, ha conosciuto altre tre edizioni, divenendo una vera e propria pubblicazione di culto. L’incontro con l’antropologo calabrese di venerdì 14 giugno non sarà solo la presentazione di un libro, ma rappresenterà un’occasione per ascoltare dalle parole di uno dei massimi esperti di “antropologia e storia degli abbandoni” un racconto diverso dei paesi abbandonati della Calabria, quelli che non muoiono mai e che si solidificano nella dimensione della memoria divenendo irriducibile elemento di identità. Teti ha affrontato anche nelle sue pubblicazioni più recenti (da ultimo “La Restanza”, del 2022) il tema dei controversi legami che con i luoghi intrattengono quelli che partono, quelli che restano, quelli che tornano; le complesse dinamiche tra partenza e “restanza”, il problema dell’abitare e quello della presenza in persone che, in maniera diversa, hanno vissuto l’esplosione e l’erosione di mondi cui non è possibile tornare se non con la memoria e con la fantasia. Un modo di vedere un Sud che è dinamico, dialogico, utopico, nucleo fondativo di nuovi progetti, di nuove aspirazioni, di nuovi sogni. Vito Teti, con lucidità, affronta queste tematiche come se il suo fosse un compito politico, perché contrastare l’abbandono delle aree interne si configura come una delle poche speranze di salvezza di questa terra. Sostiene Teti che restare in Calabria è un’idea “politica” sociale ed etica, perché “bisogna restare dove si è, e imparare a costruire con quel che resta. Il viaggio della speranza non va compiuto più fuori”. Insomma, un Sud ripensato dal Sud, che non sia più visto come “luogo destinato all’arretratezza perenne”, ma come luogo da “rigenerare radicalmente”. È in questo processo di rigenerazione, però, che sorgono delle domande: qual è il senso dei luoghi, quale il valore dell’abitarli, del viverli e mantenerli vivi? Riflettere su questi temi significa fare “archeologia della melanconia”, per comprendere il legame tra uomo e luogo e malattia del luogo, in un perenne binomio fatto di partenze e ritorni, che si risolve in un melanconico nostos e quindi, come nell’Odissea, nella speranza di un ritorno a casa.

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