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Piano strategico nazionale Aree interne, il consigliere regionale Antonio Lo Schiavo: “Il Governo non firmi la condanna a morte dei territori”

«Il nuovo Piano strategico nazionale per le aree interne 2021–2027, recentemente pubblicato, contiene un passaggio inaccettabile e profondamente preoccupante. In esso si parla apertamente della necessità di “accompagnare” circa 4.000 comuni italiani – per lo più del Mezzogiorno – in un “percorso di spopolamento irreversibile”, descrivendoli come territori condannati a un “declino cronicizzato” da gestire in modo “socialmente dignitoso”. Si tratta di una visione rassegnata e fallimentare, da rigettare integralmente, in quanto certifica l’abbandono di intere comunità montane, collinari e rurali, contribuendo a legittimare il disinvestimento progressivo nei diritti di cittadinanza fondamentali come scuola, sanità, mobilità, lavoro».

Lo afferma Antonio Lo Schiavo, presidente del Gruppo misto – Liberamente progressisti nel Consiglio regionale della Calabria, intervenendo nel dibattito scaturito dalla pubblicazione del Piano strategico nazionale per le aree interne (Psnai) 2021-2027 che registra in questi giorni la presa di posizione di numerosi osservatori, intellettuali, associazioni e movimenti politici.

A parere di Lo Schiavo: «la logica sottesa al Piano è chiara: invece di affrontare le cause strutturali dello spopolamento – disuguaglianze, assenza di servizi, isolamento infrastrutturale – si sceglie di normalizzare il declino, trasformando il fallimento delle politiche pubbliche in destino demografico irreversibile. È un’impostazione figlia di una cultura politica che ha smarrito le missioni costituzionali della rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e dell’uguaglianza nei territori. A dispetto delle rassicurazioni fornite sul punto del ministro Foti, il “non detto” del documento è l’idea che una parte dell’Italia sia sacrificabile: le aree interne (e quelle del Sud in particolare) vengono trattate come un moribondo da accompagnare al capolinea, e non come una parte viva del Paese da far rifiorire. Questa, altro non è, che una scelta politica: non esiste spopolamento naturale, ma esso è frutto di decisioni precise, o della loro assenza, in materia di servizi, investimenti, accesso ai diritti. Altro che accompagnamento al declino, il Piano strategico delle aree interne, a mio avviso, dovrebbe contemplare un’azione straordinaria per i servizi pubblici essenziali: sanità di prossimità, scuole di qualità, trasporto pubblico efficiente e connettività digitale, precondizioni per restare, tornare o scegliere di vivere nelle aree interne. Esse vanno riconosciute come aree strategiche attraverso un nuovo patto istituzionale che affidi poteri concreti e risorse dirette agli enti locali, insieme a una fiscalità progressiva e di giustizia territoriale. La strategia non può essere scritta nei ministeri, ma va elaborata di concerto con sindaci, amministratori, associazioni e cittadinanza attiva. Lasciar morire i piccoli comuni – conclude Lo Schiavo – significa rinunciare a una parte della nostra identità collettiva, della nostra economia e della qualità della vita. Il Governo corregga il Piano strategico e avvii un confronto vero con i territori».

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