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“Aemilia”, confiscati beni per 55 milioni a cosca della ‘ndrangheta

I finanzieri del Comando Provinciale di Cremona hanno dato esecuzione nelle province di Aosta, Cremona, Bologna, Mantova, Modena, Parma, Reggio Emilia, Rimini, Verona e Crotone ad un provvedimento di confisca definitiva adottato dalla Corte d’Appello di Bologna e confermato dalla Corte di Cassazione di beni immobili, beni mobili registrati, disponibilita’ finanziarie, e quote societarie per circa 55 milioni di euro scaturito da ulteriori sviluppi della vicenda giudiziaria denominata “AEmilia”, che ha visto coinvolta una compagine ‘ndranghetista operante da anni nel territorio emiliano, nelle province di Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza.

Le indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Cremona, avviate nel maggio 2012 a seguito dell’arresto in flagranza per il reato di usura di un piccolo imprenditore di origini cutresi, da molti anni residente in provincia di Piacenza, hanno consentito di accertare che l’arrestato, approfittando del grave stato di bisogno in cui versava la vittima, nell’anno 2011 aveva prestato soldi applicando un tasso usurario superiore al 210% annuo. E’ emerso un ampio contesto criminale caratterizzato dal coinvolgimento di altri calabresi: costoro, titolari di aziende con elevati fatturati, avevano ideato un vasto sistema di fatture per operazioni inesistenti (utilizzando societa’ cartiere intestate a prestanome) allo scopo di frodare il fisco creando liquidita` in nero da impiegare nella concessione di prestiti ad aziende emiliane in difficolta` finanziarie, per poi assumerne il controllo.

Gli ulteriori approfondimenti investigativi svolti su delega Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Bologna, hanno consentito di portare alla luce molteplici reati di natura economica, tra i quali l’usura e le frodi fiscali di cui si sono fatti promotori diversi imprenditori: attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti (vendita di materiale inerte o noleggio di mezzi di trasporto commerciale) regolate tramite i canali finanziari ufficiali, avrebbero consentito all’organizzazione criminale di fornire, tra le altre cose, finanziamento a tassi usurai ad imprese in difficoltà economica. Queste ultime spesso venivano assorbite dalla struttura criminale che ne assumeva poi il controllo; l’organizzazione riciclava anche capitali di provenienza illecita, godendo di indebite detrazioni fiscali e reperire liquidità per le svariate esigenze dell’organizzazione mafiosa.

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