“I tempi sono maturi perché venga aperta una riflessione senza peli sulla lingua sullo spreco milionario di risorse pubbliche del quale soprattutto (ma non solo) gli enti locali si rendono protagonisti indisturbati per le loro cosiddette programmazioni estive. Non è più possibile assistere in Calabria al finanziamento pubblico faraonico di concerti ed eventi che non hanno nulla a che vedere con la consapevolezza, la promozione, la valorizzazione e la comunicazione del patrimonio storico, culturale e identitario della terrà che quelle risorse economiche contribuisce a produrre. Non è più tollerabile osservare in silenzio, come se fosse anche questa un’altra pagina di un destino scritto da altri, istituzioni pubbliche, classi politiche (di sinistra, di centro e di destra), società ed opinioni pubbliche supine ed omertose davanti a quello che sembra essere diventato il dogma intoccabile di un turismo che però non c’è e che nessuno osa misurare per paura di essere smentito dai numeri impietosi. I tempi sono maturi perché anche le Corti dei Conti di questo Paese, sicuramente quella calabrese, entrino nel merito di quel vero e proprio falò estivo di ricchezza collettiva, un tesoro locale bruciato solo ed esclusivamente per riempire e drogare per qualche ora piazze e spiagge di una regione che continua a spacciare (ma solo a se stessa perché nel mondo ci ridono in faccia) per Calabria Straordinaria quei fumi e raggi laser che già denunciava oltre 40 anni fa Franco Battiato insieme ad albe e tramonti, mare e montagna ed altre assurde balle autoreferenziali, smontabili con un click”.
È quanto ha dichiarato Lenin Montesanto, direttore di Otto Torri sullo Jonio a margine della presentazione del libro OICOFOBIA – Il ripudio della nazione del professor Spartaco Pupo ospitato nei giorni scorsi nell’Auditorium Alessandro Amarelli nell’ambito dell’ultima tappa della rassegna culturale ESTATE AL MUSEO.
Con l’Autore, Spartaco Pupo, professore di Storia delle dottrine politiche all’Università della Calabria si sono confrontati oltre che lo stesso Montesanto anche il direttore de l’Eco dello Jonio Marco Le Fosse e l’Alfiere del Made in Italy e presidente del Museo della Liquirizia Giorgio Amarelli Pina Amarelli che ha sottolineato come questa forma di rigetto delle origini sia assolutamente condannabile in quanto causa dei principali danni di questa terra. D’accordo anche l’Amministratore delegato Fortunato Amarelli. “Non si può non guardare alla realtà di questo territorio – ha detto – senza vederne anche il bello. Ecco che chi non è oicofobico riesce a vedere anche questo, riesce a vedere il bello che c’è in questo territorio e quindi lo promuove”.
“C’è un pò di paura – ha rimarcato l’assessore regionale all’Agricoltura Gianluca Gallo – in tutto ciò che invece non dovrebbe costituire paura per i calabresi che invece dovrebbero lavorare fortemente in un momento di aggregazione cercando di trovare anche nel settore agroalimentare, la ricerca di mercati di riferimento diversi. L’esempio storico forse più eloquente di oicofobia regionale – ha aggiunto – lo abbiamo dimostrato quando in passato abbiamo ripudiato la tradizione e la cultura millenaria dell’ulivo che, da eredi dei magnogreci avremmo dovuto e dovremmo invece venerare e trattare come pianta sacra, per inseguire il posto da bidello, usciere, dipendente comunale o in altre istruzioni nazionali e comunitarie, quando le casse pubbliche erano usate anche per questa che si è dimostrata essere una distorsione. Ma lo facciamo ancora oggi quando ad esempio non ci poniamo la qualità come obiettivo da perseguire per creare reddito e sviluppo con le nostre risorse. Il problema dei problemi della nostra terra non è materiale, non è solo il gap di infrastrutture che c’è e va sanato ma che non può risolvere tutto; il problema dei problemi della Calabria è immateriale, di consapevolezza e di mentalità.
La vera vergogna di noi stessi, ripudiare la nostra personalità, i nostri legami. Questo universalismo di ritorno – ha commentato Spartaco Pupo definendo l’oicofobia una patologia nazionale – che ha prodotto individui sradicati, alienati, per molti versi drogati e malati dovrebbe far riflettere tutte quelle culture, ideologie, narrazioni che hanno sradicato gli uomini dalla propria appartenenza. La Calabria è uno di quei territori maggiormente a rischio per tante ragioni, perché le istituzioni culturali fanno poco per la valorizzazione del patrimonio di appartenenza e sono affetti da questo complesso di inferiorità nei riguardi delle culture altre”.