“Piuttosto che di autonomia regionale, occorre discutere di revisione totale del federalismo fiscale, legge 42/09”.
E’ la posizione espressa dal segretario generale della Uil Calabria, Santo Biondo.
“Sul Mezzogiorno – dice – si continua a rimanere in silenzio. Addirittura si sta per aprire nel Paese, una forte contraddizione tra gli obiettivi, che l’Europa assegna all’Italia attraverso il Pnrr e la volonta’ di questa compagine di Governo, di realizzare una autonomia differenziata che contrasta fortemente con la visione solidarista dell’Europa post pandemia. Infatti, se da una parte Bruxelles chiede al nostro Paese di porre la massima attenzione sui temi della convergenza territoriale e della coesione sociale e invita la politica ed le Istituzioni ad intervenire, per risolversi, sulle problematiche ancora aperte del divario territoriale tra il Sud e il Nord del Paese – divari nelle infrastrutture, sanita’, trasporti e scuola solo per fare alcuni esempi- che ogni anno contribuiscono a determinare l’uscita dal Mezzogiorno di circa 130 mila abitanti; dall’altra parte c’e’, invece, l’idea di una certa politica e la pretesa incostituzionale di alcune regioni di disporre in autonomia di piu’ competenze e piu’ risorse, andando ad indebolire le regioni piu’ fragili del Paese. In questo progetto di autonomia differenziata, su cui punta in modo particolare la Lega, si continua- secondo Biondo – a non voler discutere della parte della Carta costituzionale, che e’ di piu’ interesse per le regioni del Sud: perequazione, tassazione locale, definizione, appunto, dei Livelli essenziali delle prestazioni”.
Per la Uil calabrese, “mentre si prova a spingere la discussione sugli aspetti della riforma costituzionale che stanno piu’ a cuore alle aree economicamente piu’ forti del Paese: calcolo dei costi standard, autonomia fiscale, che ha prodotto quest’ultima una progressiva riduzione delle rimesse statali in favore dei territori del Sud.Di recente sul Mezzogiorno – ricorda – la Banca d’Italia e non un incallito meridionalista, nel suo rapporto annuale ha sottolineato che, soprattutto nel periodo compreso tra il 2010 e 2020, nel nostro paese si e’ realizzata una sperequazione nella distribuzione della spesa pubblica nazionale che ha penalizzato i comuni del Sud. La Banca d’Italia chiarisce in modo inequivocabile, come ormai la ingiusta distribuzione delle risorse statali tra Nord e Sud non appartiene al libro delle leggende metropolitane, ma e’ invece una reale condizione del nostro paese che rischia di ottenere un definitivo riconoscimento istituzionale”.