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“Il risveglio del drago. Cavallerizzo: un paese-mondo, tra abbandono e ricostruzione”, di Vito Teti

di Domenico Minuto – Ho letto il meraviglioso libro-universo su Cavallerizzo a grandi tappe, perché desideravo dare veloce riscontro a questo caro dono dell’Autore, manifestandogli le mie impressioni. Consiglio al lettore di assaporare a fondo tutte le delizie che Vito Teti offre nel libro, anche perché talune sono rese ardue dalla profondità del pensiero, e di camminare perciò con più saggia lentezza. Dei libri di Vito Teti che ho letto, e sono tanti (anche se non tutti), questo mi sembra di gran lunga il più ricco. C’è il racconto veloce e avvincente, ci sono i colloqui appassionati, c’è la disamina professionale, c’è la meditazione intima, c’è la descrizione sempre contemplativa, spesso malinconica, talvolta triste e anche desolata, c’è sempre un immenso affetto. Uno scrigno di meditazioni, forse infinito, offerto al lettore. In particolare, per due aspetti mi ha commosso con grande ammirazione e riconoscenza; per un terzo aspetto, gli sono assai grato, perché ha confermato la mia convinzione. Per il suo modo di pensare, schivo, rispettoso, attento a non trasformare le sue opinioni in giudizi, non ha definito nessuno di questi tre aspetti, anche se li ha presentati operanti dall’inizio alla fine.

Il primo è la sua meravigliosa incarnazione, e l’Autore sa quali considerazioni senza fine mi suscita questa parola. Per amore, denso di affetto e compartecipazione, è divenuto una persona di Cavallerizzo con tutta la passione, l’emozione, la fantasia e le opinioni che ha suscitato la frana. È stato con loro, ha ascoltato tutti i loro racconti in ogni minimo particolare, spesso ha condiviso, sempre ha cercato di comprendere ed ha rispettato tutti i loro pareri e tutte le loro scelte; ha preso parte al loro sgomento, alle loro feste, alle celebrazioni anche religiose; si è seduto a mangiare con loro (quanti pranzi nei vangeli!).

Il secondo aspetto, che culmina nelle umanissime, stupefacenti aporie dell’ultimo paragrafo del libro, di cui addirittura si chiede la consistenza, è il costante, saggio, smarrimento di fronte al reale, che gli si manifesta come un infinito di possibilità oscillanti, simili alle sue amate nuvole, fra una credibile certezza ed una personale opinione. Madre Mirella Muià, l’eremita di Gerace, dice che Mosé è “colui che non sa cosa dire di sé stesso e che non saprebbe cosa rispondere alla domanda: «Chi sei?»” (in Il silenzio e i suoi sentieri. L’esperienza dell’eremo nel nostro tempo, Effatà editrice, Cantalupa, Torino, 2024, p. 113. Questo libro contiene concentratissime, vertiginose esperienze di quattro eremite e tre eremiti).

Il terzo aspetto è la sua consapevolezza, che conferma la mia, della mirabile consistenza del popolo albanese residente in Calabria. Sono calabresi per adozione, ma hanno una ben diversa coesione sociale, perché, fra loro, tutti contano alla stessa maniera ed i professionisti non sono distinti dalle persone di diversa cultura; questo comporta una fondamentale unità, che non esclude aspre divergenze di opinioni, ma sempre da pari a pari. Invece nel popolo calabrese, forse specialmente in quello della Calabria meridionale, le classi dirigenti, soffocate dalla corruzione, dominano quelle dei semplici lavoratori e dei disoccupati, a cui convincentemente, ma con grande distacco, trasmettono la loro stessa malattia. Perciò di solito gli abbandoni ed i trasferimenti degli abitati portano in Calabria alla dispersione della loro società, già fin da prima disgregata, non creano e forse non ricercano il miracolo di Cavallerizzo Nuova, che è abitabile e coesa, nonostante la disonestà o la superficialità di persone che operano per mandato dello Stato. Grazie, Vito Teti, maestro e fonte di pensieri umanissimi e profondi.

Vito Teti, Il risveglio del drago. Cavallerizzo: un paese-mondo, tra abbandono e ricostruzione, Donzelli Editore, Roma 2024, pp. 327, € 32.

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