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Restare: un tradimento. Atto d’amore: dimettersi ed evitare l’arrivo della commissione d’accesso a Reggio Calabria. Falcomatà al bivio

di Claudio Cordova – Un sindaco, un assessore comunale in carica, due consiglieri comunali indagati per voto di scambio politico-mafioso. Solo dinamiche che sfuggono alla logica (e, forse, anche alla legalità) possono far pensare che al Comune di Reggio Calabria non arrivi – presto o tardi – la commissione d’accesso per verificare eventuali condizionamenti della ‘ndrangheta sull’operato dell’Ente.

L’inchiesta “Ducale” raccontava e racconta molto di più rispetto al già degradante quadro emerso, alcune settimane fa, con gli arresti operati dal Ros dei Carabinieri. La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati dell’assessore comunale Mimmetto Battaglia e del consigliere comunale di opposizione, Mario Cardia, si aggiunge ora all’indagine a carico del sindaco Giuseppe Falcomatà e del consigliere comunale del Partito Democratico, Peppe Sera, per il quale la Dda di Reggio Calabria aveva anche richiesto la misura cautelare.

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Un’inchiesta trasversale, quella sulla cosca Araniti di Sambatello, che vede indagati anche il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Peppe Neri, e, oggi, l’ex senatore, nonché ex esponente del centrodestra, reggino e regionale, Gianni Bilardi.

Per questo, in maniera poco coraggiosa e poco dignitosa, il centrodestra reggino, che è all’opposizione, salvo rare eccezioni, tace.

Ma se per i vari Neri e Bilardi, la giustizia che farà il proprio corso avrà, per lo più, conseguenze sugli stessi, il destino di Falcomatà & Co. avrà inevitabili ripercussioni su quello che vivremo tutti noi. Per questo, se amano davvero la città (e su questo potrebbero esserci seri dubbi) dovrebbero fare un passo indietro ora che sono ancora in tempo, mettendo da parte i propri interessi e le proprie ambizioni personali.

Pensando, invece, a Reggio Calabria.

L’invio della commissione d’accesso, infatti, potrebbe portare a uno scioglimento del consiglio comunale, con un periodo di commissariamento non inferiore ai diciotto mesi. La città ci è già passata una dozzina di anni fa e conosce bene quanto possa essere esiziale uno scenario del genere.

Allora, con Demetrio Arena sindaco, i commissari furono inviati a Palazzo San Giorgio senza che il sindaco sia mai stato sfiorato – prima, durante e dopo – da alcuna indagine riguardante la criminalità organizzata. Oggi, invece, siamo di fronte a un primo cittadino indagato, con intercettazioni piuttosto imbarazzanti anche sotto il profilo politico, a un esponente di spicco del Pd in consiglio comunale, Sera, che sarebbe anche andato a casa degli Araniti. E oggi si aggiungono anche le posizioni dell’eterno Mimmetto Battaglia, l’unico in grado di resistere al rimpasto di Giunta di Falcomatà, dopo il suo rientro a Palazzo San Giorgio, in seguito all’assoluzione per il caso Miramare. E anche il prezzemolino Cardia, oggi censore di Falcomatà nei ranghi della Lega, è stato eletto proprio con la maggioranza comunale.

Tacendo, peraltro, anche lo spettro dei brogli comunali che, nonostante il silenziatore imposto, pesa come un macigno, sia con l’indagine a carico del consigliere comunale del Pd, Nino Castorina, sia con le risultanze proprio dell’inchiesta “Ducale”, e le presunte ingerenze degli Araniti nel seggio di Sambatello.

Una commissione d’accesso inviata dal Ministero degli Interni non potrebbe non partire da tutto questo.

E chiunque abbia letto la relazione di scioglimento dell’ottobre 2012, sa bene quanto la Commissione – in maniera forse anche esagerata – abbia considerato elementi aggravanti sul presunto condizionamento della ‘ndrangheta, anche lontane parentele equivoche da parte dei consiglieri comunali, sia di maggioranza, che di opposizione.

E, allora, qualora, come pare probabile, la commissione d’accesso dovesse entrare a Palazzo San Giorgio, sarebbe difficile salvarsi dal secondo scioglimento per ‘ndrangheta nell’arco di dodici anni. La città ha già vissuto quella vergogna. Ma, soprattutto, ha già vissuto cosa significhi in termini economici, in termini di crescita della città e di coesione sociale, l’amministrazione da parte di prefetti, funzionari e burocrati inviati dal Viminale.

Per questo, nonostante i lauti stipendi incassati dopo la riforma da sindaco, assessori e consiglieri, tutti, da sinistra a destra, oggi devono decidere se scegliere il portafogli e il mantenimento (almeno per un po’) della poltrona, oppure se salvare sé stessi dalla incandidabilità che deriverebbe dallo scioglimento e, soprattutto, la città da una prospettiva nefasta.

In questi anni, si sono tollerate, forse troppo, l’insipienza e l’inadeguatezza di Falcomatà e delle sue squadre di governo. Quell’insipienza e quella inadeguatezza che hanno portato la città ad arretrare costantemente e a perdere popolazione giovanile. Quell’insipienza e quella inadeguatezza che, solo per citare l’ultimo caso, fanno sì che i chioschi sul lungomare, al 5 luglio, siano ancora lontani dall’apertura.

Ma questa volta, nessuno potrà dire non sapere a cosa condannerà la città se non agirà per il bene della stessa. E la storia lo giudicherà per quello che è: un traditore.

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