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Traffico di droga tra l’Albania e il Vibonese: tra gli indagati c’è imputato per l’omicidio di Maria Chindamo

L’uomo accusato di concorso nell’omicidio di Maria Chindamo, l’imprenditrice 44enne di Laureana di Borrello scomparsa la mattina del 6 maggio 2016 davanti alla sua azienda a Limbadi ed il cui corpo sarebbe stato dato in pasto ai maiali e i resti triturati con un trattore, figura tra le 11 persone arrestate nell’operazione antidroga condotta stamani dai carabinieri di Vibo Valentia con il coordinamento della Dda di Catanzaro.

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Si tratta di Salvatore Ascone, alias “Pinnularo”. L’uomo è attualmente imputato davanti ai giudici della Corte d’assise di Catanzaro.

Nell’inchiesta sulla droga, Ascone è accusato di avere svolto il triplice ruolo di finanziatore, promotore e organizzatore delle presunte attività illecite, ma non quello di partecipe del sodalizio, gestendo una specifica articolazione del gruppo che si occupava della fornitura dello stupefacente, vantando canali autonomi di approvvigionamento.

L’uomo avrebbe rifornito stabilmente il sodalizio di ingenti quantitativi di droga, avvalendosi per tale attività dell’opera di intermediazione del figlio Rocco, del loro operaio Laurentiu Gheorghe Nicolae e del pentito Emanuele Mancuso il quale, a sua volta, in qualità di partecipe della specifica articolazione del gruppo, avrebbe fatto da intermediatore tra Giuseppe Antonio Accorinti, boss di Zungri, Michele Galati, ritenuto a capo della Locale di ‘ndrangheta di Mileto e lo stesso Ascone.

Oltre a Salvatore Ascone sono indagati il figlio Rocco, che secondo il gip svolgeva unicamente attività esecutiva delle direttive fornitegli dal padre, e Laurentiu Gheorghe Nicolae, il quale agiva alle dirette dipendenze del datore di lavoro anche per la cura degli animali. Entrambi i nomi emergono anche nell’inchiesta per l’omicidio di Maria Chindamo ma l’azione penale è stata esercitata solo per Salvatore Ascone, i cui terreni hanno l’ingresso di fronte a quello dell’azienda della donna, luogo in cui quest’ultima è stata sequestrata. Le telecamere poste proprio di fronte, nella proprietà dell’imputato, non hanno ripreso alcunché per via di un guasto che, secondo la Dda, è stato provocato poche ore prima proprio per nascondere i rapitori e assassini della 44enne.

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