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In Calabria don Mimmo Dicarlo e la comunità dell’associazione “Maranathà” aiutano i giovani a superare le dipendenze e a rifarsi una vita

Mileto, piccolo comune calabrese da poco più di 6mila abitanti, nella provincia di Vibo Valentia, è stato un centro medievale di grande rilievo per aver ospitato la corte di Ruggero I d’Altavilla e ancora oggi mantiene un’eco del prestigioso passato. Nella Basilica Cattedrale, intitolata a San Nicola di Bari, esercita il suo ministero sacerdotale don Mimmo Dicarlo, fondatore dell’Associazione Maranathà e presidente del centro di recupero omonimo, che assiste chi ha problemi di dipendenza da alcool, stupefacenti o psicofarmaci.
“Chi è in comunità partecipa alla messa domenicale e agli appuntamenti liturgici liberamente, senza alcuna coercizione – spiega don Mimmo a Sabina Leonetti nell’articolo “A scuola di accoglienza per uscire dalle dipendenze” che si può leggere su “http://unitineldono.it”. Hanno la possibilità di vivere la direzione spirituale e di riscoprire il sacramento della riconciliazione. Il segreto? L’autenticità, la schiettezza, il contatto con la natura. Qui arrivano anche da famiglie mafiose e a me è successo di essere stato minacciato”.

La storia di don Mimmo, 64 anni, è strettamente legata al suo territorio. Nato a Vibo Valentia nel 1959, viene ordinato nel 1986 e sin dall’inizio del suo mandato si manifesta in lui una propensione naturale a seguire i giovani e il loro mondo. Diventa Pro-rettore ad Omnia del seminario vescovile dove sperimenta le modalità dell’incontro con tantissimi giovani e famiglie, facendo emergere le grandi problematiche delle dipendenze da sostanze stupefacenti e da alcolici. Una presenza che verso la fine degli anni Ottanta si istradava tragicamente anche nella città, con Mileto che era diventata un centro di microcriminalità e di spaccio.
A fronte di queste problematiche, don Mimmo e tanti volontari, dietro consiglio del compianto Vescovo, Mons. Domenico Cortese, decisero di creare l’Associazione Maranathà, un’invocazione in lingua aramaica che significa “Signore, vieni”. Da questo primo passo nasceva il centro di recupero, ormai più di trent’anni fa, che ha visto passare e che ha aiutato moltissimi giovani a tirarsi fuori dal circuito della dipendenza, diventando una realtà connessa con la comunità cittadina e modello per altre comunità nate in tutta Italia.

“Nel nostro centro – spiega Antonella Rotella, vicepresidente dell’associazione – la fede ha un ruolo fondamentale. Per alcuni segna una nuova ripartenza, per altri il recupero della purezza perduta. La nostra comunità è una realtà aperta, che contamina e si lascia contaminare. Molti giovani e adulti si sono progressivamente integrati e hanno messo su famiglia”. Maranathà, che oggi accoglie 21 persone seguite da 10 volontari e da un’équipe psico-socio-pedagogica, è un punto di ripartenza per molti, come Alberto, 72 anni, che qui si è ricostruito una vita diventando anche il custode della struttura dopo i disastri della dipendenza da eroina.

Dal progetto associativo è germogliato anche il “Centro per la Famiglia” che ascolta le persone per dipanare problematiche relazionali, curando quell’unica cellula da cui poi si costruisce la società: la famiglia. E verso la famiglia tendono tutti, anche coloro che si rivolgono al centro in condizioni di estrema difficoltà, come Gennaro, 13 anni di carcere in 7 strutture, e un impegno di recupero nato da una promessa fatta alla figlia. Pensieri e parole che don Mimmo conosce bene: “Mi sono trovato tra risse e in situazioni difficili ma poi vedi persone lasciare una vita orribile e riscoprire la bellezza della famiglia, quella che magari avevano lasciato per spacciare e delinquere. La mia gioia più grande e il ricordo per me più caro rimane proprio quello di un narcotrafficante che ha cambiato vita”.

E l’azione di don Mimmo e della sua comunità non si ferma. Sta prendendo corpo, intorno alla Cappella dei Miracoli consacrata lo scorso 7 dicembre da S.E. Mons. Attilio Nostro, “Il Villaggio di Maria”, una risposta concreta all’emergenza abitativa del territorio, destinato a uomini e donne che vorranno affrancarsi dalla solitudine ed emanciparsi dai beni materiali, vivendo nella condivisione degli spazi e della messa a disposizione del mutuo servizio. Sarà costituito da tante casette autonome di legno, prefabbricate, per accogliere 2/3 persone in grado di garantire spazi di vita intima, mentre saranno collettivi i luoghi di relazione e socialità, con una struttura più grande adibita a cucina. Previsti, inoltre, anche un orto solidale, una pista ciclabile, una palestra, un teatro, una piscina. Gli uomini e le donne di buona volontà che vorranno abitare il Villaggio di Maria metteranno a disposizione della comunità i loro beni personali, i loro talenti, le loro risorse individuali, il loro lavoro, il loro servizio.

Questa è solo una delle tantissime storie di salvezza e aiuto portate avanti sul territorio da sacerdoti, impegnati in prima linea, e dalle loro comunità.
“Ogni offerta destinata al sostentamento dei sacerdoti è il segno tangibile della vicinanza dei fedeli, un mezzo per ringraziarli tutti, dal più lontano al nostro – sottolinea il responsabile del Servizio Promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni –. Basta una piccola offerta ma donata in tanti”.
Nonostante siano state istituite, a seguito della revisione concordataria del 1984, le offerte deducibili sono ancora poco comprese e utilizzate dai fedeli che ritengono sufficiente l’obolo domenicale che però solo in minima parte può essere usato dal parroco per il proprio fabbisogno. Da qui l’importanza di un sistema che permette a ogni persona di contribuire, secondo un principio di corresponsabilità, al sostentamento di tutti i sacerdoti diocesani.
Diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica, le offerte per i sacerdoti sono espressamente destinate al sostentamento dei preti al servizio delle 226 diocesi italiane; tra questi figurano anche 300 sacerdoti diocesani impegnati in missioni nei Paesi più poveri del mondo e 2.500 sacerdoti ormai anziani o malati, dopo una vita spesa al servizio degli altri e del Vangelo. L’importo complessivo delle offerte nel 2022 si è attestato appena sopra gli 8,4 milioni di euro in linea con il 2021. È una cifra ancora lontana dal fabbisogno complessivo annuo, che ammonta a 514,7 milioni di euro lordi, necessario a garantire a tutti i sacerdoti una remunerazione pari a circa mille euro mensili per 12 mesi.

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