di Claudio Cordova – Il ritorno di Giuseppe Falcomatà alla guida (?) di Palazzo San Giorgio come sindaco di Reggio Calabria somiglia più a una minaccia, con un conto alla rovescia in stile film “Armageddon”, che non a una prospettiva politica che possa risollevare la città da uno dei momenti più tristi e depressi della sua storia.
Tristi e depressi. Le parole non sono usate a caso.
Perché sicuramente le condotte per le quali è stato condannato in Appello il sindaco del Partito Democratico sono gravi politicamente un po’ squallide per come sembrerebbe si intenda la Cosa Pubblica. Ma di certo la città ha vissuto momenti ben più drammatici, con una illegalità ulteriormente diffusa.
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Anche in quei momenti, però, non è stata mai così triste come invece lo è da quando, ormai quasi dieci anni fa, Giuseppe Falcomatà si è insediato per la prima volta a Palazzo San Giorgio. Non una visione di futuro, non una idea di città. Anche l’estate è scivolata via così, in un modo che, se non avessimo registrato temperature africane, sarebbe stato anche difficile accorgersi che ci trovavamo in estate, appunto. Quella che dovrebbe essere la stagione della gioia e del divertimento.
L’estate si è portata via anche l’unica cosa di serie B (sarebbe già un successo) che la città aveva: la Reggina. Relegando anche il calcio a quella che è la categoria più consona di un po’ tutti gli ambiti e i settori di una città con grandi potenzialità, ma scarsa e senza particolari qualità messe in atto: il dilettantismo.
Il Partito Democratico, in tutti questi anni, è cambiato più volte. Da Matteo Renzi a Nicola Zingaretti, passando per Enrico Letta ed Elly Schlein. Ma mai, in tutti questi anni, ha avviato un’analisi politica sulla stagione di Falcomatà jr. che, sicuramente, non può essere affatto ricordata per chissà quali successi.
E non lo ha fatto nemmeno con la condanna di primo grado per il caso Miramare e neanche dopo quella di Appello. Dopo anni di cantilena sulle note vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi all’unisono con “la prescrizione non è un’assoluzione” la città si prepara a riaccogliere (?) il sindaco sospeso, anche qualora la pronuncia della Cassazione, prevista tra qualche settimana, dovesse dichiarare la prescrizione dei reati per i quali, nel merito, Giuseppe Falcomatà è stato condannato e quindi ritenuto colpevole in primo e in secondo grado.
Un lungo interregno, quello che sembra volgere al termine per Paolo Brunetti e Carmelo Versace, in cui Reggio Calabria e la sua provincia sono rimaste, di fatto, in ostaggio di un sol uomo, nell’attesa del suo ritorno, per sbloccare un po’ di cose, magari qualche concorso. In una città povera come Reggio Calabria i posti di lavoro (anche se pochi) sono sempre un buon modo di creare consenso. Ma non è questa la politica che un territorio degno dovrebbe avere.
C’era una volta la “questione morale” per il centrosinistra. C’era una volta, perché per il Partito Democratico calabrese e nazionale (ricordiamo che, sebbene la politica locale sia al livello di quella di un paese di poche centinaia di abitanti, Reggio Calabria è una delle città metropolitane d’Italia) Falcomatà non è diventato un caso politico da trattare nemmeno con il recente rinvio a giudizio proprio nell’inchiesta Miramare-bis.
Se nel troncone principale, infatti, una delle difese politiche dei fedelissimi di Falcomatà è sempre stata quella che l’assegnazione di una parte dell’edificio di pregio all’amico discotecaro Paolo Zagarella non avesse comportato alcun danno economico al Comune, nell’inchiesta bis, di fatto, si parla di soldi. Già perché, secondo l’accusa, il Comune di Reggio si sarebbe dovuto costituire parte civile per poter chiedere poi un risarcimento danni allo stesso Falcomatà. Ciò non è avvenuto perché, si afferma nel capo di imputazione, “in qualità di sindaco ed insieme di imputato”, Falcomatà avrebbe omesso “di astenersi dalla decisione inerente la costituzione”.
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Tutto questo non è un problema per il Pd della legalità, per il Pd delle marce, delle fiaccolate, delle “Giornate in ricordo di…” o delle “Giornate contro qualcosa…”.
Così come non è un problema il caso del consigliere comunale Nino Castorina, proprio nelle scorse ore rinviato a giudizio per i presunti brogli elettorali nel corso della tornata che incoronò per la seconda volta Falcomatà sindaco di Reggio Calabria: per via di un raggiro che sarebbe stato architettato da Castorina, alle urne sarebbe risultato il voto anche di un centinaio di anziani che in realtà non si erano mai recati al seggio. In alcuni casi si trattava di persone addirittura decedute. Vicende che, se provate, farebbero il paio, in quanto a squallore politico, al caso Miramare e a tutti rivoli a esso collegati. Un caso giudiziario in cui il giudice ha disposto la trasmissione degli atti in Procura per il sindaco Giuseppe Falcomatà.
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Tutto questo, per il Pd della legalità e dei diritti non è un problema. Non è un problema che la città sia ferma, immobile, senza alcun fermento culturale, dove i cantieri più importanti attualmente attivi sono quelli per una piazza e per il rifacimento (?) delle strade, con un traffico ormai congestionato a ogni ora del giorno. Non è un problema tutto questo per quello che, da sempre, è uno dei Pd più scarsi e corrotti d’Italia. Andate voi stessi a ritroso nelle cronache per scovare i consiglieri regionali coinvolti in indagini molto gravi, i politici di ogni ordine e grado in rapporti quantomeno ambigui con i mondi criminali.
No, Falcomatà e Castorina non imbarazzano il Pd. Forse perché il Pd è esso stesso imbarazzante.