La nuova stagione del Teatro Incanto è iniziata nel segno dell’emozione e della grande interpretazione, ma anche della celebrazione, perché la compagnia diretta da Francesco Passafaro entra con orgoglio e vigore – senza perdere mai entusiasmo e passione – nel ventesimo anno di attività.
Sul palco del Cinema Teatro Comunale di Catanzaro, a tenere a battesimo il cartellone della “Domenica d’Incanto” è stato un atteso e sempre amato ritorno: quello de Le vacanze dei signori Lagonìa, testo scritto da Francesco Lagi e Francesco Colella, con la regia di Lagi e l’interpretazione intensa e poetica di Francesco Colella e Giovanni Ludeno.
Un ritorno a casa per l’attore catanzarese, sempre più bravo e stimato: Colella è capace di riproporsi ai suoi concittadini, amici ed estimatori con l’emozione dovuta al rispetto per quell’immenso affetto che il pubblico gli tributa, riconoscendone grandi qualità attoriali sì, ma prima di tutto umane.
A introdurre la serata è stato Francesco Passafaro, direttore artistico e anima del Teatro Incanto, che ha ricordato con gratitudine il lungo cammino della compagnia, nata nel quartiere Parco dei Principi e oggi protagonista in uno dei luoghi simbolo della cultura cittadina.
«Ogni anno – ha detto Passafaro – cerchiamo di portare storie che facciano riflettere e che tengano insieme le persone. Il teatro è la forma più autentica di socialità: ci fa ridere, emozionare e pensare, uno accanto all’altro. È la cosa più “social” che ci sia».
Passafaro ha ringraziato tutte le scuole di teatro presenti in sala e ha annunciato il prossimo appuntamento della stagione “Domenica d’Incanto”: Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello, in scena domenica 16 novembre.
Ma la serata è stata tutta per i signori Lagonìa, protagonisti di uno spettacolo di rara delicatezza e profondità.
Imponente e ieratica, la signora Lagonìa – interpretata da Francesco Colella – siede sotto un ombrellone, avvolta in un grande prendisole arancione, le crocs bianche ai piedi, come una matres meridionale che porta addosso tutto il peso e la dolcezza della vita trascorsa. Accanto a lei, ma distante, il marito Ferdinando, interpretato da Giovanni Ludeno, costruisce in silenzio il suo castello di sabbia.
Tra i due, una distanza fisica e affettiva che solo nel finale si scioglie. Lei parla senza sosta, con un eloquio colorito e ironico, mentre lui risponde con silenzi, monosillabi, sguardi. In questo scarto nasce un equilibrio fragile e comico: la loro interazione diventa una sequenza di piccoli numeri clowneschi – il ventaglio, il panino con la ricotta, il cruciverba, l’imitazione di Gianni Morandi – che svelano la tenerezza di un amore consumato ma ancora vivo.
La vita dei signori Lagonìa si scompone in frammenti: il ricordo della figlia Natasha, la nostalgia dei giorni lontani, l’eco delle parole che si ripetono come un mantra. L’assenza di tempo e spazio definito, l’essenzialità della scena, la leggerezza dei gesti e dei silenzi rendono lo spettacolo sospeso tra poesia e realismo, tra ironia e struggimento.
L’interpretazione di Colella è intensa e trasformativa: con il suo corpo restituisce la femminilità e la fragilità di Marisa Lagonìa, alternando comicità e commozione. Ludeno – sì, proprio lui, l’ispettore Antonio Forte della fiction incentrata sul vicequestore Lolita Lobosco – con la sua presenza muta ma vigorosa, ne è il contrappunto perfetto, incarnando la malinconia di chi ha smesso di parlare ma non di amare.
Il risultato è un piccolo capolavoro di teatro contemporaneo, capace di restituire – con leggerezza e profondità – l’essenza dell’esistenza e dell’amore coniugale.
Le vacanze dei signori Lagonìa non è soltanto uno spettacolo, ma una cartolina malinconica e poetica che resta nella memoria dello spettatore come il ricordo di un’estate lontana, un sorriso ingiallito dal tempo, un ultimo sguardo condiviso prima di prendere il largo.
