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Napoli, calci a una donna per un rimprovero da baby gang. CNDDU: “Un segnale allarmante, non un semplice fatto di cronaca, è un’emergenza educativa”

La recente aggressione ai danni di una donna di 59 anni, picchiata brutalmente in un supermercato nel quartiere Fuorigrotta di Napoli da una baby gang composta da sei minorenni, non è solo una notizia di cronaca nera: è uno specchio inquietante di un vuoto educativo, culturale e valoriale che interroga profondamente la società tutta.
La sequenza dei fatti – il rimprovero per un gesto incivile, la violenza feroce in risposta, l’indifferenza ostentata nella successiva “merenda” – è l’emblema di una generazione che rischia di crescere senza riferimenti etici, senza senso dell’altro, senza la minima consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime innanzitutto profonda solidarietà alla vittima e vicinanza alla comunità ferita. Ma non si limiterà a questo. Occorre chiamare le cose con il loro nome: questa violenza non nasce dal nulla. È frutto di un’educazione latitante, di famiglie spesso lasciate sole o disorientate, di contesti urbani dove la marginalità non è solo economica ma anche affettiva, culturale e sociale.
Non possiamo ignorare l’età dei responsabili: dodici, tredici, sedici anni. Età in cui la scuola e la famiglia dovrebbero essere fari, non spettatori. Età in cui ogni gesto, ogni parola, ogni valore trasmesso può segnare un percorso di vita. Età in cui l’assenza di regole è spesso colmata da modelli devianti, da contenuti tossici sui social, da una pericolosa estetica della sopraffazione.
Per questo, il CNDDU:
⦁ Chiede con urgenza un potenziamento dell’educazione civica, alla legalità e ai diritti civili in tutte le scuole, a partire dalla primaria, come strumento strutturale di prevenzione e crescita umana, non come iniziativa estemporanea o marginale nel piano dell’offerta formativa;
⦁ Propone l’attivazione di laboratori permanenti di consapevolezza emotiva, gestione dei conflitti e contrasto alla cultura della violenza, coinvolgendo anche le famiglie;
⦁ Invita le istituzioni locali e nazionali ad aprire tavoli intersettoriali tra scuola, servizi sociali, psicologi, educatori, associazioni e forze dell’ordine per monitorare, prevenire e intervenire sui fenomeni di disagio giovanile e criminalità minorile;
⦁ Sollecita i media a un racconto responsabile: fermiamoci alla notizia, ma andiamo oltre il sensazionalismo. Raccontiamo le radici del problema, non solo le sue manifestazioni più scioccanti.
La violenza dei più giovani non è mai solo responsabilità “loro”. È responsabilità nostra, se non agiamo, se non educhiamo, se non creiamo reti solide.
Insegnare diritti umani non è un lusso, è una necessità civile. E oggi lo è più che mai.

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