Klaus Davi dovrà affrontare un processo per aver “vestito” il boss Rocco Papalia con indumenti femminili in alcuni manifesti pubblicitari affissi tra Milano e Buccinasco nel 2017. Lo ha comunicato – fa sapere il massmediologo – la Procura di Milano con un decreto di citazione in giudizio, in cui risulta che la prima udienza è fissata per il 5 ottobre 2022. Secondo la Procura, il giornalista (difeso dall’avvocato Eugenio Minniti del foro di Locri) avrebbe provocato un grave danno alla reputazione del boss della ‘Ndrangheta, travestendolo in versione drag queen.
Il giornalista, inoltre, viene anche accusato di essere stato recidivo, in quanto già in passato aveva affisso manifesti molto simili su altri “mammasantissima”: sempre nel 2017, i suoi manifesti affollarono i muri di Milano con protagonisti i boss della malavita milanese, ne dedicò altri in varie città italiane a Matteo Messina Denaro, Totò Riina, Rocco Morabito, Nicola Assisi e Giuseppe Giorgi; a fine 2017, poi, prese di mira Gino “La Belva” Molinetti, tappezzando spazi di Reggio Calabria, mentre a Sant’Onofrio – provincia di Vibo Valentia – ne appese altri con protagonista Domenico Bonavota.
Rocco Papalia è considerato il “Capo dei capi” della ‘Ndrangheta nel Nord Italia, ed è stato scarcerato il 6 maggio del 2017 dopo 25 anni di reclusione, a seguito di uno “sconto” sulla pena iniziale di 124 anni scaturita da diversi reati, quali il traffico di droga e i sequestri di persona, fino all’omicidio. Il massmediologo si dice pronto ad affrontare il processo: «Non capisco in cosa avrei leso la reputazione di Rocco Papalia. Avrei inciso sul suo percepito di maschio alfa della ‘Ndrangheta? Avrei danneggiato la sua reputazione di eterosessuale? Proprio non riesco a capire cosa ci sia di dannoso in un poster di denuncia che riprendeva le frasi di noti inquirenti: “spesso i boss si vestono anche da donna per fuggire alla cattura”. Porterò a testimoniare Vittorio Sgarbi, Vladimir Luxuria e Platinette».