Sei storie come tante, sei giornate lavorative iniziate con gli orari, i ritmi e la routine quotidiana di sempre e concluse senza timbrare il cartellino in uscita. Sei “morti bianche” per citare quell’espressione un po’ ipocrita e melliflua con la quale vengono definitivi gli incidenti mortali sul lavoro.
Nel suo ultimo libro “Nello stesso giorno” (Laruffa editore Reggio Calabria, 2022) lo scrittore geracese Mimmo Femia racconta sei storie diverse ma con un finale simile, accadute in un tragico giorno di metà dicembre. Lo fa con la stessa naturalezza, sensibilità e profondità con cui aveva raccontato la battaglia di sua moglie contro una malattia sconfitta con la forza dell’amore e altre tematiche spinose come la violenza di genere.
Lo fa con cognizione di causa e dovizia di particolari, lanciando un messaggio dal grande impatto sociale, amplificato dalla bella prefazione del segretario generale del sindacato degli edili Filca Cisl Enzo Pelle, suo concittadino.
Un libro, quello di Femia, da leggere e rileggere perché fissa nella memoria (e soprattutto nell’anima) un dramma – ahinoi – quasi giornaliero e che spesso finisce per occupare le parti marginali di quotidiani e telegiornali come se morire sul lavoro, nell’Italia di oggi, non facesse più notizia.