di Alfredo Muscatello – Di una città così legata geograficamente al mare non diresti mai che i suoi racconti siano interni patinati, vite costruite allo specchio e sogni stanchi, di seconda mano di un mondo che, ad averlo, cazzo, il mare.
Locali performanti con l’ansia di stupire non regalano sapore, troppo ambiziosi i pesci squamati per un’esperienza da mille e una stella, vorrei vedere più pescatori in via marina e un porto che non si stanca mai, le luci dell’alba e la sua popolazione di lavoratori umili, non me ne voglia il 90% delle attività che punta al turismo con la stessa aspettativa che ha un messicano davanti alla pignatta, mi piacerebbe ascoltare racconti di vite che dimenticano la forma per il sentimento.
Da quando son rientrato in city, ormai 10 anni fa, ho sempre voluto iniziare un racconto fotografico collettivo, che raccogliesse visioni personali sul territorio. I cortili di tre mulini, le traverse che puntano dal monte a mare, i portoni dei palazzi liberty, oggi vorrei intraprendere questo progetto, puntando sulla bellezza della città, una presa di coscienza da parte dei cittadini, che a volte in maniera troppo superficiale si riempiono la bocca di qualcosa di cui hanno perso dimensione, un po’ come alle medie su pensava di essere preparati ripetendo velocemente a mente mentre si scorreva l’indice degli argomenti.
Mi sarebbe piaciuto lanciare una call, aprire un cassetto che ricevesse le vostre foto, organizzare un archivio tematico e territoriale di punti che appartengono a Reggio e la identificano tanto quanto la via marina.
“Da oggi, grazie a Il Dispaccio, questo progetto prende vita. L’altra parte dello Stretto è uno spazio aperto a tutti, un archivio collettivo che aspetta i vostri scatti. Ogni settimana sceglieremo una foto per raccontare insieme una Reggio più vera. Uno sguardo controtendenza, coscienzioso e innamorato. Da consumare con lentezza, come il mare che ci appartiene.”