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[FOTOGALLERY] “I tre moschettieri” di Carlo Boso: la Compagnia Aller-Retour Théâtre Paris riempie il Teatro Rendano di Cosenza al grido di “Uno per tutti, tutti per uno!”

I TRE MOSCHETTIERI 3di Roberta Mazzuca – Di “Commedia dell’Arte” parlava Carlo Goldoni nell’opera del 1750 “Il teatro comico”, riferendosi a quegli attori professionisti che recitavano usando maschere e improvvisavano le proprie parti. Arte nell’accezione di mestiere, professione, dunque, una commedia che affonda le proprie radici nella tradizione dei giullari e dei saltimbanchi medievali che, in occasione di ricorrenze festive o del carnevale, allietavano corti e piazze con farse, “mariazzi”, “barcellette”, raccontate e mimate da attori solisti, con il loro “macchiettistico” modo di parlare, muoversi e vestirsi. Una commedia che si è proposta in tutta la sua eleganza, comicità e profondità di contenuti proprio a Cosenza dove, presso lo storico Teatro Rendano, ha preso corpo lo spettacolo “I tre moschettieri” scritto e diretto da Carlo Boso, già in cartellone nel 2020/2021 nell’ambito della rassegna “L’Altro Teatro”, e sospeso a causa del lockdown. In scena a rappresentare la narrazione liberamente ispirata al romanzo di Alexandre Dumas, la Compagnia Aller-Retour Théâtre Paris, che ha portato sul palco un’opera divertente, coinvolgente, capace di far sorridere utilizzando cultura, ironia, e trascinante passione, trasportando il pubblico calabrese in un immaginario antico ma estremamente attuale, in cui il potere della satira ripropone tematiche sempre attuali in una chiave inedita e avvincente. Una farsa che, non a caso, è stata definita dalla stampa francese “la più comica d’Europa”.

“PARIGI O COSENZA? QUESTO È IL PROBLEMA”

Dopo 150 repliche in tutta Francia, questo esilarante spettacolo arriva in Calabria, con una compagnia internazionale di giovani commedianti diplomati all’Accademia Internazionale delle Arti dello Spettacolo di Versailles di cui fa parte anche Stefano Mauro, attore cosentino che vive a Parigi ma che ha famiglia nella sua città di origine, oggi anche compositore di musica Folk con lo pseudonimo “Pepemauro”. Otto gli attori, francesi, italiani e spagnoli, che hanno saputo regalare con la propria professionalità e il proprio amore per l’arte, il teatro, e il pubblico dinanzi a loro, la magia di un mondo fuori dagli schemi, in cui “energia e satira si mescolano per farci scoprire delle realtà sommerse, forse nascoste, nell’immaginario del romanzo più letto al mondo”. Una narrazione che, con grande maestria, si muove tra mondi apparentemente lontani, Italia, Cosenza, Parigi, Inghilterra, con musiche che spaziano anch’esse tra la Francia e l’Italia, come “Sapore di sale” di Gino Paoli o “Papaveri e papere” di Nilla Pizzi, e un linguaggio che fa uso del dialetto cosentino, che parla direttamente al proprio pubblico, con semplicità e immediatezza, e con riferimenti a temi attuali e a chicche del luogo. A fare tutto questo i tre moschettieri, Athos, Porthos e Aramis, a cui si aggiunge il protagonista D’Artagnan, che lascia la Guarascogna natia per realizzare il suo sogno: far parte della guardia speciale del Re Luigi XIII. L’avventura comincia tra speranze, sogni e incidenti di percorso, regalando, passo dopo passo, una storia d’amore, amicizia e potere che, con il coinvolgimento degli altri personaggi, come il cardinale Richelieu o il Duca di Buckingham, coinvolge il pubblico non solo nell’animo, ma nello spettacolo stesso, portandolo a imitare il suono degli zoccoli dei cavalli per permettere ai Moschettieri di raggiungere le diverse sedi del racconto o, ancora, trasformando per un attimo tutti gli spettatori in guardie del cardinale.

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“Cosenza o Parigi, Parigi o Cosenza?” – grida il caratteristico personaggio che interpreta Porthos. E proprio la Commedia dell’Arte, detta anche “Commedia all’italiana”, tra Cosenza, o meglio l’Italia, e Parigi, o meglio la Francia, dove ha riscontrato alla sua nascita un enorme successo, si muove, così come l’esilarante spettacolo portato in scena. Uno stile teatrale, nato in Italia agli inizi del Cinquecento, che non si regge su un copione predefinito e imparato a memoria, per l’appunto, ma che si costruisce grazie alla bravura e alla capacità di improvvisazione degli attori, ai quali è lasciata la possibilità di esprimere al meglio il loro legame con la storia e con il pubblico. Ed è quello che sono riusciti a fare i ragazzi della Compagnia Aller-Retour Théâtre Paris, dando vita a un concatenarsi di eventi tra personaggi realmente esistiti e di fantasia, e tra canti, balli, e combattimenti di scherma, dal quale il pubblico di ogni età si è lasciato coinvolgere. Un gioco teatrale al quale non ci si pente di partecipare, e che porta sul palco valori come la pace, la solidarietà e l’onore, al famoso grido di “Uno per tutti, tutti per uno!”.

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DIVERTIMENTO, CULTURA, ATTUALITÀ: UNO SPETTACOLO CHE NON DELUDE. A DELUDERE È, FORSE, LA CITTÀ DEI BRUZI

“Avete ritrovato la mia collana?” – Si, nella camera di Silvio Berlusconi” – recitano gli attori. “E i due diamanti mancanti?” – “Si, erano nella camera di Franz Caruso”. Il pubblico ride, applaude, si mostra entusiasta dei commedianti e della loro professionalità, del modo ironico ma estremamente semplice e immediato di arrivare al cuore e alle menti di chi li ascolta. Una professionalità evidente, una comicità studiata, pensata, faticata. Una scenografia essenziale ma diretta, che lascia spazio all’inventiva e alla creatività degli attori, certo non intese come una recitazione a braccio ma, com’è da tradizione della “Commedia dell’Arte”, a una rappresentazione di tipo attoriale e non autoriale, in cui è l’attore, che interpreta personaggi fissi cristallizzati in maschere, ad avere il ruolo predominante nella costruzione dei dialoghi, anche in relazione, come si è visto, al proprio pubblico di riferimento.

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Un pubblico che paga per per ricevere spettacolo, intrattenimento, e cultura. Un pubblico che, c’è da dirlo, si presentava in numero abbastanza esiguo rispetto alla capienza e alla capacità di un teatro come quello del Rendano, simbolo di una cultura che, nella città di Cosenza, fatica a tornare ai suoi vecchi e splendenti albori. Una cultura che esiste ancora, alla quale una fetta della popolazione partecipa attivamente, ma che, evidentemente, non è più valorizzata e tenuta in giusta considerazione come un tempo. Risultato più devastante di tutto questo, non soltanto la perdita della storia che appartiene alla nostra comunità, ma anche la triste perdita della possibilità di usufruire di spettacoli come quello di ieri, in cui la bravura degli artisti e la loro professionalità hanno permesso di creare un’atmosfera in cui un forse troppo esiguo pubblico diventasse, astrattamente, quasi il doppio. Animato dalla passione degli stessi attori, il palco si è colorato di sorrisi e il Teatro Rendano è diventato pieno nella sua mancanza. E, allora, ancora una volta, “Uno per tutti, tutti per uno!”.

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