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Cari catanzaresi, è questa la sensazione che si prova quando si crede di subire uno scippo: firmato Reggio 1970

di Claudio Cordova – C’era un vecchio film americano, ambientato in ambienti militari durante la Guerra Fredda, che, parlando del kalashnikov, l’arma preferita dal nemico, diceva “fa un rumore caratteristico quando te lo scaricano addosso”. Ecco, gli “scippi” (o presunti tali) sono così. Che sia l’estate del 1970 o che sia l’inverno tra il 2022 e il 2023, la sensazione che si prova è sempre quella lì. Gli “scippi” (o presunti tali) fanno un rumore caratteristico. Hanno un sapore caratteristico.

Staranno provando questo i cittadini di Catanzaro, convinti di subire una ingiustizia per l’istituzione della Facoltà di Medicina presso l’Università della Calabria. Staranno provando, forse, sensazioni simili a quelle provate, nel 1970, dai cittadini reggini, convinti di essere stati defraudati dell’assegnazione del capoluogo di regione in favore proprio di Catanzaro.

Ora, chi scrive non è di certo un fan tout court della rivolta del “Boia chi molla”. Non perché non sia acclarato il disegno politico che portò a quei fatti. E nemmeno perché non sia pacifico che una città come Reggio Calabria, per storia, per collocazione, per caratteristiche, finanche per accento fosse maggiormente degna di essere capoluogo di regione rispetto a Catanzaro. Ma perché sono ormai consolidati sotto il profilo storico gli elementi e le ingerenze criminali attorno a quei fatti, attorno a quella ribellione nata collettivamente e che rimane ancora oggi, forse, l’ultimo scatto di reni di una città ormai rassegnata e assuefatta al brutto, allo sciatto, all’illecito.

Lo stesso sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, che oggi (giustamente, dal suo punto di vista) parla quasi di barricate di fronte alla decisione della Regione, annunciando azioni legali, sulla natura e l’andamento dei fatti del 1970 ha un’idea tutta sua, che ha esplicitato anche in una presentazione del libro di chi scrive. E che forse, è anche la causa dell’evoluzione avuta dal Collettivo Lou Palanca, di cui ha fatto parte per anni.

Dopo l’istituzione della Facoltà di Medicina all’Unical, a distanza di 52 anni, risuonano molte delle parole che tutti noi abbiamo letto riferite ai giorni della rivolta di Reggio: “scippo”, “mobilitazione”, “barricate”. Ora, sebbene non si capisca bene in che modo l’istituzione di una seconda facoltà di Medicina possa uccidere quella già esistente, è chiaro che oggi come allora, la decisione sia politica. E sia frutto di un regolamento di conti interno ai gruppi di potere regionali.

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E’ evidente, infatti, che, nella infinita lotta/alternanza tra Cosenza e Catanzaro (con Reggio protagonista solo nei pochi danni di Giuseppe Scopelliti) l’ago della bilancia in questa fase penda decisamente verso Cosenza con Roberto Occhiuto, che ha avuto, per adesso, maggiore coraggio rispetto a suoi predecessori quali Mario Oliverio. Ecco, quindi, la campanilistica lotta di questi giorni: Germaneto contro Arcavacata.

E’ la storia a parlare delle baronie universitarie. Un po’ in tutta Italia, ovviamente. Con la Calabria che non fa eccezione. In particolare, le lotte tra le baronie cosentine e catanzaresi sono ultratrentennali. Equilibri di potere universitario che si sono quasi sempre intrecciati con quelli del potere politico, dato che, notoriamente, chi si proponeva di governare la Calabria doveva (e deve) saper vincere le elezioni a Cosenza (provincia più vasta e popolosa), ma poi saper amministrare a Catanzaro, dove risiede il fulcro della burocrazia regionale.

Gli atenei calabresi sono stati, spesso e volentieri, luoghi di contatto con la politica. Lo stesso sindaco Fiorita, che oggi difende la sua città è, paradossalmente, un docente dell’Unical. Ma se si vuole fare un ragionamento serio, quasi matematico, non si può non ammettere la cronica carenza di medici di cui soffre la regione, con le polemiche, proprio di questi giorni, circa la scelta di Occhiuto di coinvolgere i medici cubani per colmare una parte delle carenze. Una facoltà di Medicina in più, in tal senso, almeno sulla carta, potrebbe aiutare a formare maggiori professionisti, a fornire una scelta rispetto alla decisione, spesso obbligata di andare a studiare altrove, fuori regione.

E, allora, appare davvero poco comprensibile (se si esclude la banale logica campanilistica) la levata di scudi catanzarese. Una seconda facoltà di Medicina non potrebbe che innalzare gli standard anche della Magna Graecia, che fin qui non aveva alcun concorrente nella raccolta degli iscritti. E, quindi, si dovrà sgomitare. La concorrenza, se leale, è sempre qualcosa di positivo. Così come anche il migliore dei monopoli non è mai da preferire.

E, allora, anche a volersi impegnare, non è paragonabile lo scippo subito da Reggio Calabria con lo “scippo” che Catanzaro sostiene di essere pronta a subire. Anche se quella sensazione caratteristica può sembrare apparentemente la stessa.

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