«La legge soddisfa il principio di legalità, non quello di giustizia che è un valore assoluto distinto dalla legge». Con questa affermazione dell’avvocato Aldo De Caridi, presidente del Lions Club Host di Reggio Calabria, si è aperto, di fatto, il convegno “Giustizia giusta – Ulisse è invecchiato, ma purtroppo la sua nave non è ancora approdata a Itaca”, organizzato dal Lions Club Host di Reggio Calabria e svoltosi nella sala convegni di Confindustria. È stata un’occasione per sviscerare i temi relativi a una giustizia spesso tutt’altro che giusta e al perché di certi squilibri.
A relazionare, il prof Luciano Maria Delfino, Componente del Comitato Scientifico di “Filodiritto”, il quale ha affrontato il tema sottolineando che l’insieme dell’attuale sistema giustizia presenta lacune non di poco conto. Una situazione drammatica che in Italia si trascina dagli anni 1992- 1993, a far tempo dal terremoto di Tangentopoli, e rappresenta un unicum in negativo.
In tema di analisi del fenomeno l’illustre relatore ha evidenziato che nessuno può pretendere di avere la verità in tasca, ma è necessario osservare il tema nella sua complessità.
Il prof. Delfino ha affermato la necessità assoluta per l’ordinamento di assicurare la tutela delle sfere giuridiche soggettive che interagiscono nella società e ribadito che la Giustizia non è giusta per definizione, ma deve provare di esserlo. Essa “è il valore per eccellenza, il farmaco misericordie di non facile applicazione”. La ricerca della Giustizia giusta – ha aggiunto – contribuisce a dipanare anche problemi sorti in ambito politico, sociale e culturale di questa epoca».
D’altra parte, una legge non per forza deve essere giusta. Il principio di legalità non è un valore, ma un metodo. Infatti, «se Hitler avesse vinto la Seconda Guerra Mondiale – ha spiegato il prof. Delfino –, anche i campi di sterminio sarebbero stati espressione di legalità».
La Giustizia giusta può essere raggiunta attraverso la predisposizione di un sistema di pesi e contrappesi tra i poteri, previsti dalla costituzione. Un qualcosa che ha funzionato con buon equilibrio fino al 1993, ossia sino al momento della modifica dell’art. 68 della Costituzione, che ha abolito l’autorizzazione a procedere per i parlamentari per l’avvio delle indagini limitandola solo alla richiesta di arresto. Da quel momento in avanti, il potere politico si è progressivamente indebolito e al quale l’ordine giudiziario si è spesso sostituito, ma senza il necessario controllo, creando così una anomalia, con la politica incapace di riequilibrare nuovamente il tutto.
Attualmente, tra i tre poteri dello Stato, il sistema giudiziario sembra aver raggiunto una posizione di preminenza, ponendosi quasi come garante etico dei valori della collettività. «Questo è un qualcosa di pernicioso – ha commentato Delfino – perché il magistrato deve limitarsi ad applicare le leggi in maniera equa, corretta e senza acrimonia».
Durante l’incontro, è stato affrontato anche uno dei temi più scottanti del momento, ovvero la separazione delle carriere (tra magistrati requirenti, cioè i Pubblici ministeri che fanno le indagini, e i magistrati giudicanti, ossia i giudici delle Corti di merito e di legittimità); separazione che, secondo il professor Delfino «è necessaria. giacché In alcun Paese del mondo occidentale, accusa e organo giudicante appartengono allo stesso ordine».
Un altro evidente problema del sistema è la presenza dell’obbligatorietà dell’azione penale che però lascia in capo al magistrato dell’accusa la libertà di scegliere cosa perseguire con tempestività e cosa abbandonare alla prescrizione. Una possibilità che non prevede controlli superiori e sanzioni per eventuali anomalie e ritardi non fisiologici. Nel corso del convengo, il prof. Delfino ha sottolineato anche l’assoluta correlazione tra giustizia ed economia.
A concludere il convegno, le considerazioni dell’avvocato Aldo De Caridi, presidente del Lions Club Host di Reggio Calabria.
«Ricordo sempre quella magistratura che ha creato il diritto di famiglia, una giurisprudenza che è un esempio perché ha servito sì lo Stato, ma ha dato il proprio contributo illuminante – ha esordito -. L’intervento del professor Delfino è stato importante per aiutarci a comprendere meglio un tema affrontato in modo sbagliato o superficiale dai media e che relega spesso il cittadino nell’ignoranza. Penso ai processi mediatici che – ha proseguito l’avvocato De Caridi – sentenziano forse ancor prima che si concludano i tre gradi di giudizio e che spesso rovinano l’immagine e la vita di qualcuno che poi risulta innocente. Passa anche da qui lo scetticismo nei confronti della Giustizia. Una volta c’era fiducia perché i magistrati erano uomini che servivano davvero lo Stato», ha poi concluso.