Una forte esperienza formativa, quella vissuta dai ragazzi del Liceo Scientifico Zaleuco di Locri, guidato dalla Dirigente Carmela Rita Serafino, che sabato 23 Marzo, nell’Aula Magna della scuola, hanno incontrato l’autore Giovanni di Marco, per parlare della sua opera prima “L’avversione di Tonino per i ceci e i polacchi”, vincitore del “Premio Cultura Mediterranea – Fondazione Carical”, nella sezione “Sezione Narrativa Giovani”. Una storia molto forte, dalle tinte sociali accese, che punta sul fenomeno della pedofilia, e fin qui niente da eccepire, se non che il contesto, in cui si consuma il tutto, è all’interno delle mura della Chiesa. Dopo l’apertura del convegno con la prof.ssa Rossella Fontana, organizzatrice dell’incontro, che ha sottolineato l’eccellente levatura del romanzo; e l’intervento dell’Assessore alla Cultura e alle Politiche Sociali, Domenica Bumbaca, che ha messo in evidenza la singolarità di trattare in una scuola una tematica così forte come il maltrattamento sui minori, perpetrato in ambito ecclesiastico, si è passati all’intervento dello scrittore. La sua decisione, da giornalista sportivo, di iniziare un’opera, come romanziere, partendo proprio dagli abusi minorili da parte di sacerdoti, rappresentanti un’istituzione, che da sempre, si è innalzata a campione di moralità, “perché non affrontare un problema significa esserne complici, e questo non è ammissibile” ha sottolineato Di Marco L’ambientazione del romanzo rimanda alla Sicilia degli anni Ottanta, periodo della giovinezza dello scrittore, e nello specifico al pontificato di Giovanni Paolo II, perché in quel periodo l’atteggiamento della Chiesa verso i preti – pedofili fu quello di evitare lo scalpore, a discapito delle vittime.
“Ho sentito il bisogno di mettermi dalla parte delle vittime e dar loro voce, contro i soprusi della Chiesa” sono state le parole di Di Marco. La società, rappresentata nel romanzo, in cui si muove la storia di Tonino, che riceve abusi dal parroco del paese, è una società in cui nascondere crimini e sofferenze è un comportamento da veri uomini d’onore. Una società già addomesticata da una tradizione cattolica, che fa un abuso sistematico dei concetti di punizione, colpa, vergogna, giustizia divina imperscrutabile: i bambini violentati sono prescelti dal Signore, e ciò che per un altro sarebbe peccato, per un prete non lo è. “Arrivai ad immaginare che Dio ce l’avesse con me….e che mi puniva attraverso le grinfie di Padre Alfio” spiega Tonino. “Avevo paura di fare la cosa sbagliata respingendolo, come se rifiutando le sue attenzioni avessi rifiutato pure l’amore di Gesù Cristo”.
La narrazione, fatta sempre dal protagonista in prima persona, si svolge su due piani: quella di lui bambino, che vive i fatti raccontati, e quella di lui uomo, ormai cresciuto, che può interpretare criticamente i propri ricordi. Questa dualità si riscontra anche nella struttura del libro: c’è una prima parte, più rispondente al romanzo di formazione, incentrata sugli abusi subiti da Tonino, e c’è una seconda parte, che narra le conseguenze degli abusi. Di Marco sottolinea bene tali conseguenze, sintetizzandole in una tragica e semplice verità: la violenza genera altra violenza. E se, a questa, si aggiungono omertà e impunità, l’inferno diventa inevitabile. Alla fine del libro, infatti, si salvano solo i carnefici: i preti – pedofili continuano ad indossare la tonaca, e al massimo vengono trasferiti, senza alcun tipo di punizione. Per la vittima, secondo Di Marco, non c’è salvezza. Solo infinito dolore, da patire dentro di sé o infliggere al prossimo suo come se stessa. Al termine dell’incontro le molteplici domande da parte dei ragazzi, sono state il segno di un’altra iniziativa di successo, messa in campo dal Liceo Zaleuco, nell’ottica di una formazione in prospettiva futura, che sviluppi un adeguato senso critico su ciò che accade nel contesto sociale.
“Io credo che nella letteratura non ci si possa nascondere, ma soltanto rivelare” (Vinicio Capossela)