Riceviamo e pubblichiamo:
Finalmente, anche quest’anno, è arrivato l’ambito riconoscimento della Bandiera Blu. Fra i 246 Comuni che in Italia vengono insigniti del prestigioso stendardo, ben 23 appartengono alla Calabria. Un risultato lusinghiero che rilancia la Regione al terzo posto in Italia dopo Liguria (33) e Puglia (27).
Nello specifico, l’Arco Jonico sibarita e crotoniate, in soli 200km di costa, attiva 9 vessilli. Ai 7 dello scorso anno (Rocca Imperiale, Roseto C.S., Trebisacce, Villapiana, Cirò M., Melissa e Isola C.R.) si aggiungono gli ingressi di Corigliano-Rossano e Cariati. Un suffragio che palesa la qualità di buona parte delle spiagge del nord-est regionale. Si pensi che quasi la metà del bottino è localizzato nell’estrema porzione di levante della riviera calabra. Un dato importante, quindi, da non sottovalutare e da rilanciare in chiave di offerta ricettiva. Vieppiù, la particolare condizione, si inquadra in un contesto territoriale che già oggi materializza la più grande offerta turistica della Regione e fra le più cospicue del Mezzogiorno d’Italia. Quanto detto amplifica le prospettive di crescita e le aspettative attese dall’area in questione sotto una nuova luce, aprendo ad una serie di opportunità.
Parola d’ordine: Sistema Jonico del golfo di Taranto
Già in passato ho avuto modo di esprimermi sull’argomento, esternando la mia soddisfazione per i successi annualmente conseguiti dalle Comunità calabresi. Risultati significativi che comprovano il lavoro fatto dalle locali Amministrazioni comunali e che certificano l’indiscussa qualità territoriale dell’esterno levante calabrese. Purtuttavia, manca ancora una visione d’insieme, più ampia e articolata. Latita una prospettiva, coerente e funzionale, che certifichi questo lembo di Calabria come uno dei principali poli attrattivi a livello turistico e implementi detto settore su standard elevati. Al contrario, continuiamo ad avviare sterili battaglie di campanile sul perché del riconoscimento a una Comunità piuttosto che a un’altra. Inoltre, disconosciamo che le spiagge celebrate rappresentano oltre il 60% del totale di costa compresa tra Capo Rizzuto e il confine lucano. Senza l’adeguata consapevolezza, poi, a una innata inclinazione turistica a cui l’ambito jonico risulta naturalmente vocato, contrapponiamo scriteriate scelte relative a nuovi impianti di termovalorizzazione, rigassificazione e dissennate politiche di abbanco rifiuti e scorie industriali in area già all’uopo altamente sfruttate. Dovremmo darci una regolata e capire verso quale direzione abbiamo intenzione di spingerci. Sarebbe opportuno comprendere che turismo e sfruttamento invasivo e intensivo del territorio, raramente vanno a braccetto. È giunto il momento per consapevolizzare quanto il rispetto dell’ambiente sia alla base di un ecosistema sano. D’altronde, non voglio asserire una mia contrarietà al settore industriale o più precisamente all’industria green. Piuttosto, sarebbe opportuno comprendere che un ambito non può essere sottoposto a scelte politiche satrapiche e non rispettose delle sue vocazioni attitudinali. È giunto il momento di trasformare i risultati dei singoli Comuni in opportunità per la costituzione di un plafond dell’offerta da declinare come Sistema Jonico del golfo di Taranto.
Turismo, agroalimentare e rilancio green dei siti industriali dismessi per rilanciare tutto il contesto della baia calabro-appulo-lucana
Tre sono i fondamenti che consentirebbero al nostro territorio di viaggiare spedito verso lo sviluppo sostenibile: agricoltura, turismo e rigenerazione industriale. Il primo non potrà mai essere ritenuto settore realmente trainante se si persevererà in una gestione familistica e concentrata nelle mani di succinte oligarchie. Bisogna guardare al modello emiliano, dove le cooperative e la nascita dell’industria trasformativa collegata al settore primario hanno reso la richiamata Regione una delle più efficienti d’Europa.
Il turismo non può essere un mero pennacchio da esibire per promuovere i risultati di una Comunità a scapito di un’altra. Il turismo è sistema! Necessita l’avviamento di processi politici volti alla creazione di consorzi inglobanti le Comunità rivierasche che si affacciano sul golfo di Taranto. Quanto detto, per rassettare la grande offerta ricettiva, diportistica e naturalistica, creando una destinazione che rappresenti un brand di rilancio per tutta la porzione d’affaccio territoriale sulla baia jonica.
Rigenerare i siti industriali non significa togliere polvere dal pavimento per nasconderla sotto un tappeto. Le bonifiche delle aree contaminate – l’allusione alla condizione delle ex aree industriali dismesse e al SIN Crotone-Cassano-Cerchiara – non possono essere fatte sul suolo calabrese. Esistono aree specifiche e dedicate nel territorio nazionale che si prestano allo scopo. La politica deve pretendere il trasferimento, da parte dei Players nazionali, dei rifiuti pericolosi in aree esterne al contesto regionale. Non possiamo trasformare un’area che avrebbe tutte le carte in regola per candidarsi a diventare la più grande “Destinazione turistica” del Mediterraneo (Arco Jonico calabro-appulo-lucano) a ricettacolo di nuove e ulteriori discariche pericolose. Tantomeno, possiamo immaginare di creare una insensata commistione tra i richiamati settori: non collimerebbero e condurrebbero il territorio jonico verso un’implosione sociale.