“Amo la libertà della stampa più in considerazione dei mali che previene che per il bene che essa fa” - Alexis de Tocqueville
HomeCalabriaCosenza"Cosa sarebbe stata la Calabria senza l'Unical?". 50 anni fa nasceva il...

“Cosa sarebbe stata la Calabria senza l’Unical?”. 50 anni fa nasceva il sogno di Beniamino Andreatta

di Roberta Mazzuca – Giornata ricca di appuntamenti e densa di personalità quella vissuta ieri dall’Università della Calabria che, nell’aula magna intitolata al suo fondatore Beniamino Andreatta, ha aperto l’anno accademico celebrando il cinquantesimo anniversario della sua nascita. Era il 1972 quando l’ateneo avviava i suoi primi corsi: il Polifunzionale era ancora un cantiere e le attività didattiche, per le prime 600 matricole, erano ospitate presso l’Inapli e l’istituto industriale “Monaco” di Cosenza e divise in tre corsi di laurea. A distanza di 50 anni, l’Università della Calabria è il campus più grande d’Italia e tra i primi per qualità della ricerca. Sono circa 25.000 gli studenti, che frequentano oggi 78 corsi di laurea, con un numero di immatricolati di circa 5.000 ogni anno.

“Un ateneo inserito nel flusso del mondo” propugnava Andreatta. E oggi, con la sua forte propensione internazionale, l’Unical rappresenta certamente “un robusto presidio di frontiera da cui partire per esplorare i territori noti e ignoti della conoscenza. Una frontiera che non separa, ma unisce, in nome della cultura e del sapere”. Con queste parole e con un minuto di silenzio osservato in memoria dell’arcivescovo di Cosenza-Bisignano Monsignor Francesco Nolè, si è aperta la cerimonia, conlusasi con l’attesa lectio magistralis del premio Nobel della Fisica Giorgio Parisi, e ripresa in serata con il concerto del musicista Goran Bregovic e della sua band.

“Una visione chiamata Unical”

In un’aula magna gremita di autorità politiche e religiose, ma anche di docenti, studenti, e rappresentanti accademici, il rettore Nicola Leone prende la parola: “Sento il dovere di dare conto alla comunità accademica di ciò che abbiamo fatto, di ciò che stiamo facendo, e di ciò che vorremmo fare. Per la prima volta indosso l’ermellino da rettore, nel primo anno accademico che, dopo la pandemia, finalmente inauguro”. Dopo la visione di un video storico dei primi momenti che hanno caratterizzato la nascita dell’Unical, il Rettore presenta la sua “visione chiamata Unical”, costituita da cinque parti fondamentali: il sogno, le criticità, il metodo, Unical oggi, e le sfide del futuro.

“A Cosenza sorgerà una società di giovani liberi”, diceva Andreatta. Leone richiama in più occasioni il sogno del primo rettore Unical, che immaginava l’ateneo come fucina di formazione della futura classe dirigente calabrese, con una funzione civile oltre che scientifica. “Una scommessa che oserei dire vinta” – spiega soddisfatto. “Più di 100.000 giovani hanno conseguito il titolo di studio presso l’Università della Calabria: tra di loro ci sono gran parte degli insegnanti e dei dirigenti di oggi, nonché i vertici di diverse istituzioni calabresi. Essi hanno positivamente contribuito all’innovazione e alla crescita socio-culturale della Calabria”.

Un’università imponente, inserita però in un contesto difficile ancora oggi: alta la percentuale di carenze formative degli studenti che si apprestano ad intraprendere il percorso universitario, e tanti i problemi sociali ed economici del territorio. Il Rettore si dice comunque soddisfatto dei risultati raggiunti, anche se molto resta da fare. Negli anni, grande l’apertura nei confronti della comunità internazionale che ha mostrato grande interesse, tanto da superare quest’anno le 5.000 domande di ammissione da parte di studenti stranieri, attratti dai 10 corsi internazionali e dai 21 dual degree.

L’Unical non è cresciuta, però, solo nella didattica. Grandi passi sono stati fatti nel campo della ricerca grazie all’impegno di tanti giovani che qui hanno deciso di fermarsi, sentendosi parte di una missione culturale più alta e offrendo il loro talento al servizio del territorio. Accanto al genio delle menti, la ricerca viene sostenuta da più di 130 laboratori scientifici e da grandi infrastrutture tra le quali Sila, Agrinfra e Star, sorgente a raggi X ad alta energia, infrastruttura di ricerca di interesse strategico nazionale.

Il rettore dell’Unical Nicola Leone

Ricerca e infrastrutture ottenute grazie anche alla grande capacità di intercettare finanziamenti, linfa vitale per un’università nata e cresciuta in un tessuto economico modesto. Solo quest’anno, ad esempio, l’ateneo è riuscito ad ottenere 101 milioni di finanziamento: 75 milioni di euro sul PNRR, 5 milioni sul Piano Operativo Salute, 4 milioni dal Ministero dell’Economia e 17 sui bandi per l’edilizia universitaria.

Il rettore Leone si sofferma poi sulla terza missione e sul trasferimento tecnologico che ha dato vita a moltissimi spin-off: oggi sono 48, e danno lavoro a centinaia di giovani laureati.

Molteplici, inoltre, le sfide che propone per il futuro: tra queste, garantire il diritto allo studio, migliorare le strutture, con il raggiungimento di 3.000 posti letto, animare il campus tramite, ad esempio, il progetto della Cittadella dello Sport che vedrà la realizzazione di una pista olimpica, e l’apertura di due cinema e del Caffè del Teatro. Ancora, la sostenibilità, evidente anche nella scelta di non stampare in forma cartacea il programma della manifestazione in rispetto dell’ambiente.

“L’Unical ha compiuto l’ambiziosa missione per cui à nata?” – si chiede in conclusione il rettore Leone. “Certamente ha avuto un enorme impatto sulla formazione e sullo sviluppo socio-culturale, ha favorito l’innovazione e la crescita del territorio. Ma per lo sviluppo economico l’università da sola non basta. La politica deve fare la sua parte in ambito di infrastrutture, trasporti e sicurezza. Il PNRR in questo senso offre una grande opportunità e l’Unical mette a disposizione le proprie competenze per realizzare progetti in sinergia con l’istituzione regionale. Quindi più che rispondere alla prima domanda, a chi nutre dubbi sul positivo impatto dell’Unical sul territorio, ne propongo io un’altra. Cosa sarebbe stata la Calabria oggi senza l’Unical?”.

Subito dopo il Rettore, prendono la parola Marilena Lovoi, la più giovane dipendente Unical, per il personale tecnico amministrativo, ed Elizabeth Doria Rosales, studentessa cubana, per gli studenti. Ancora, gli interventi della presidente del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), Maria Chiara Carrozza e del presidente dell’ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca), Antonio Uricchio.

“Questo mezzo secolo di vita è il frutto di un progetto, al tempo stesso visionario ed estremamente concreto, di una classe dirigente politica e accademica estremamente lungimirante, che puntò sullo sviluppo e il riscatto del Mezzogiorno d’Italia investendo sull’Università e la ricerca, per formare e creare le nuove classi dirigenti del Mezzogiorno” – afferma la presidente del CNR Maria Chiara Carrozza. “Fin dall’inizio di questa storia il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha incrociato e condiviso la strada dell’Università della Calabria, con solide collaborazioni scientifiche e grandi progettualità. Un esempio attuale e particolarmente virtuoso di questa storia di collaborazione consiste nel coinvolgimento nel progetto di Ecosistema dell’innovazione calabro-lucano, Tech4you, coordinato dall’Unical e finanziato dal Ministero con fondi PNRR”.

Anche Antonio Uricchio, presidente dell’ANVUR, ripercorre nel suo intervento il valore della storia dell’Unical e della sua fondazione, un campus moderno che nasceva in un’area svantaggiata e debole del profondo Sud come la Calabria. “Una vera e propria sfida epocale che, pur tra i tanti ostacoli, può dirsi in larga parte vinta. Una comunità pulsante, aperta al mondo e capace di generare valore nella scienza ed allo stesso tempo valore sociale. Una sfida che non si esaurisce, pur con i successi e meriti riconosciuti anche attraverso le attività valutative dell’Agenzia che ho l’onore di presiedere. Come è purtroppo noto, i dati educativi come quelli occupazionali, già negativi del Mezzogiorno, toccano punte ancora più alte proprio in Calabria. Occorre quindi che l’Università interpreti come e ancor più del passato il proprio ruolo di attrazione per i giovani e per le imprese, adeguatamente sostenuta dalle istituzioni nel puntare su produttività e innovazione”.

Negli interventi, poi, che hanno dato voce agli studenti e al personale tecnico-amministrativo dell’Unical la testimonianza di un ateneo nato come opportunità di riscatto per i giovani della Calabria, ma proiettato in uno scenario internazionale. Un ambiente di studio unico.
A prendere la parola per gli studenti, quindi, Elizabeth Doria Rosales, arrivata da Cuba all’Unical per completare gli studi in Fisica, e che dopo la laurea magistrale in Astrofisica e Geofisica tra qualche giorno conseguirà anche quella in Informatica.

“In Calabria”, – ha detto Elizabeth – “in questo ateneo, ho trovato un luogo d’adozione che mi ha accolto con calore. Negli anni vissuti nel Campus ho avuto modo di frequentare e convivere con persone provenienti da Asia, Africa, America, Oceania e, ovviamente, da varie parti d’Europa, e da tutti ho avuto modo di apprendere qualcosa, e spero di essere riuscita a ricambiare a mia volta. In Calabria ho sentito il senso della casa, dell’ospitalità, che mi ha consentito di realizzare compiutamente il mio progetto di formazione”.

Messaggio confermato anche da Marilena Lovoi, la più giovane dipendente Unical, intervenuta per il personale tecnico amministrativo. Prima di essere assunta (è stata stabilizzata lo scorso dicembre), è stata anche una studentessa. “All’Unical ho appreso che non sempre è necessario andare lontano per fare esperienze nuove. Praticare il campus mi ha dato la possibilità di vivere in un mondo plurale, ricco di stimoli e possibilità. Queste esperienze mi hanno fatto capire che non potevo, non volevo, lasciare questo posto che mi aveva dato tanto”. Nel suo intervento Lovoi ricorda gli ottimi posizionamenti dell’Unical nel ranking elaborato ogni anno dal Censis e che vedono l’ateneo primeggiare per i servizi. “In questo, noi personale tecnico amministrativo agiamo in modo decisivo”, – spiega. “È un risultato che deve spronarci a fare ancora meglio, per rispondere alle richieste crescenti del corpo studentesco. Per fare ciò, è necessario investire in formazione e aggiornamento continuo, elementi oramai imprescindibili in una società fluida e in perenne mutamento”.

Il valore della scienza

Infine, l’attesa lectio magistralis denominata “Il valore della scienza” del professor Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica (intervenuto in diretta streaming per un problema dell’ultima ora), introdotta da un saluto del professore emerito Roberto Bartolino, suo collega e amico personale.

“Stiamo affrontando un periodo di pessimismo sul futuro”, – esordisce Parisi – “originato da crisi di diversa natura: crisi economica, riscaldamento globale, esaurimento delle risorse e inquinamento. In molti Paesi, sono in aumento anche le disuguaglianze, l’insicurezza, la disoccupazione e la guerra. Mentre un tempo si pensava che il futuro sarebbe stato inevitabilmente migliore del presente, la fede nel progresso, nelle magnifiche sorti e progressive degli esseri umani si è erosa: molti temono che le generazioni future staranno peggio di quelle attuali. E così come la scienza ha ricevuto il merito del progresso, ora riceve la colpa del suo declino”. Ma il futuro dell’umanità dipende in larga parte proprio dai progressi scientifici.

Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica

“In questi giorni”, – continua il professore – “l’umanità deve fare delle scelte essenziali: deve contrastare il cambiamento climatico. Per decenni, la scienza ci ha avvertito che il comportamento umano stava gettando le basi per un drammatico aumento della temperatura del nostro pianeta. Ma la scienza da sola non è sufficiente. Uomo avvisato mezzo salvato, dice il proverbio, ma solo mezzo. Sono necessarie decisioni politiche, soprattutto da parte dei Paesi ricchi. Dobbiamo andare oltre il miope interesse nazionale per risolvere i problemi globali con lo spirito di ‘whatever it takes’. Il Covid ci ha insegnato che siamo tutti collegati e ciò che accade nei mercati dei giochi o nella foresta amazzonica riguarda profondamente tutti noi”.

“Bloccare con successo il cambiamento climatico richiede uno sforzo mostruoso da parte di tutti: si tratta di un’operazione con un costo colossale, non solo finanziario ma anche sociale, con cambiamenti che influiscono sulla nostra vita. La politica deve garantire che questi costi siano accettati da tutti: coloro che hanno utilizzato più risorse devono contribuire di più, per incidere il meno possibile sulla maggior parte della popolazione. I costi devono essere distribuiti in modo giusto ed equo tra tutti i Paesi”.

La lectio affronta, in chiusura, il tema di scienza e pace: “Purtroppo non sempre la scienza viene usata per la pace: potrebbe essere usata per la guerra, come abbiamo visto in passato”. Ma sono state molte le iniziative in cui la scienza ha invece avuto un ruolo diretto nella costruzione della pace, e per questo Parisi conclude: “Sono molto fiducioso che discussioni fra scienziati, politici, militari e diplomatici sono estremamente utili per costruire una comprensione reciproca senza la quale non possiamo costruire una pace duratura e affrontare con successo le sfide che l’umanità ha davanti”.

La festa con Goran Bregociv e la sua “Wedding and funeral band”

In serata il cinquantesimo dell’Unical è terminato al Teatro Auditorium con un entusiasmante concerto del musicista Goran Bregovic, accompagnato dalla sua “Wedding and funeral band”: “Questa è la mia orchestra per i matrimoni e i funerali” – esordisce tra i sorrisi del pubblico. Una vera e propria festa quella di Bregovic, compositore unico, capace di contaminare insieme le sonorità di una fanfara tzigana, le polifonie tradizionali bulgare, una chitarra elettrica e percussioni tradizionali con delle accentuazioni rock.

“Stamattina abbiamo tracciato il percorso, aprendo il cinquantesimo anno accademico, e lo concludiamo questa sera con un evento internazionale” – afferma in apertura il rettore Leone. “Quale miglior modo per festeggiare con un’artista come Bregovic? Siamo lieti che lui e la sua band abbiano accettato di tenere un concerto da noi, uno dei pochissimi che tengono in Italia”. E dopo le parole del Rettore, il festeggiamento prende corpo, e la coinvolgente musica di Goran Bregovic si fa spazio tra le poltrone, pulsando al ritmo dei cuori che la ascoltano. Applausi, entusiasmo, danza, mani e piedi che seguono il ritmo incalzante di un musicista senza confini. In conclusione, la sua mastodontica versione di “Bella ciao” che, come lo stesso Bregovic, supera ogni confine, e la sua “Kalašnjikov”, che contiene, come evidente già nel titolo, riferimenti alla prima guerra mondiale. La sensibilità di un’artista viene fuori in modo particolare dalla sua umanità e dall’attenzione che dedica ai temi che affronta per mezzo della musica. E così, determinante ed illuminante il momento in cui Bregovic, in rispetto della guerra che ancora si consuma nel cuore dell’Europa, chiede ai presenti quasi “il permesso” di poterla suonare, “come è solito fare in chiusura dei suoi concerti”. La platea approva, e così la festa si conclude in un divertimento generale intriso di profonda umanità.

Articoli Correlati