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Dal Teatro Rendano all’Officina delle Arti: a Cosenza la cultura che scivola via divorata dal business e dagli affari

di Roberta Mazzuca – “Lei si ricorda quando un eminente politico disse ‘con la cultura non si mangia’? Da quel momento le cose sono peggiorate, e tutti si sono adattati a questa idea. Ma senza cultura oggi la città è morta”. Non è uno slogan pubblicitario o un’opera dannunziana, ma la triste realtà vissuta dalla città di Cosenza e raccontata dai protagonisti di una delle più grandi crisi mai viste in territorio bruzio, quella della cultura. A parlarci è Eduardo Tarsia, fondatore e direttore artistico del piccolo gioiello cittadino a rischio chiusura, l’Officina delle Arti. Ma anche Fabio Gallo, delegato all’Ecosistema Digitale della Cultura della città di Cosenza, interrogato ai nostri microfoni in merito alla critica situazione dei teatri presenti in città, alcuni già chiusi da tempo, altri a rischio chiusura, altri ancora adibiti a dimora per i senza tetto e a luoghi di degrado e desolazione.

TEATRO RENDANO: LA PROGRAMMAZIONE SCONOSCIUTA E IL PROBLEMA DEI FONDI

“La situazione al Teatro Rendano al momento è pessima” – ci dice Fabio Gallo in merito al grande Teatro di tradizione della regione Calabria, ubicato nell’ampia piazza del centro storico antistante al Palazzo della Provincia, e oggi privo finanche di una programmazione. “Ho ricevuto una delega che desidero rispettare, innanzitutto perché me l’ha concessa il Sindaco e, dunque, attraverso di lui tutta l’amministrazione politica, ma soprattutto perché è una delega importantissima. La prima all’Ecosistema Digitale della Cultura della città di Cosenza, ma anche quella di consulente per la programmazione del Teatro Rendano”. Una programmazione del tutto sconosciuta, come lo stesso Gallo mette in evidenza, raccontandoci, ad esempio, di quando una scuola di Rossano lo chiamò per vedere uno spettacolo, e né lui né nessun’altro furono in grado di sapere quali rappresentazioni si tenessero quel giorno.
“Abbiamo un sito istituzionale del Comune di Cosenza, dove deve essere pubblicata tutta la programmazione, tutto l’anno, sia del teatro che del ridotto. Così, se da Napoli, Rossano, Catanzaro, Reggio, Roma, partiamo e veniamo a Cosenza per visitarla, possiamo sapere se nello stesso giorno c’è un evento culturale. Diversamente, noi non lo sapremo mai”. “Io ho chiesto a dirigenti e funzionari” – prosegue ancora Gallo – “di iniziare da questo punto per la riabilitazione del Teatro Rendano, conoscere chi e cosa sta facendo”.

Ancora, il problema dei fondi del Teatro, e la necessità di sapere in cosa vengono investiti: “Voglio sapere, a nome della città e in funzione del mandato che mi ha conferito il Sindaco, dove stanno andando i fondi del Comune, perché non abbiamo una stagione lirica. Di conseguenza devo sapere se il Comune sta producendo la propria stagione lirica o quella di qualcun’altro. Se, ad esempio, la tale associazione di Catanzaro produce una stagione lirica, e il Comune di Cosenza, poiché non ce l’ha, dona i fondi del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) all’associazione di Catanzaro, tutto questo è sbagliato. La stagione lirica del comune di Cosenza deve produrla il Comune come produzione originale del Teatro Rendano”.

Ciò che manca, pare allora di capire, oltre a fondi, manutenzione, gestione, è fondamentalmente la chiarezza, la trasparenza, che Fabio Gallo rivendica fortemente. Propone, poi, di ospitare negli spazi liberi da quella programmazione oggi inesistente, le associazioni del territorio, evidenziando anche il carattere di tradizione che il teatro ha: “Teatro di tradizione significa servire il territorio, quindi è giusto che si dia spazio alle associazioni che fanno sforzi e producono eventi importanti, ma mai sostitutivi a quelli del Comune di Cosenza”. Una mancata programmazione che “mi ha costretto a rifiutare la delega di direttore artistico, perché non potevo essere responsabile di qualcosa che non conoscevo, essendo il direttore artistico responsabile penale e civile di ciò che accade in teatro. Un po’, diciamo, papà e mamma del teatro”.

Un teatro, quello del Rendano, che avrebbe bisogno di molti lavori anche a livello strutturale: “Per dieci anni e più il teatro in questo senso è stato abbandonato” – evidenzia Gallo, che intende portare al suo interno produzioni nazionali e internazionali. “Basti vedere i segni del tempo che ci sono all’interno, che sono drammatici. Sto, a questo proposito, creando un programma, che affiderò al presidente del Consiglio e al Sindaco, insieme al presidente della Commissione Cultura, che potrebbe risolvere i problemi delle manifestazioni e delle opere liriche almeno per due anni, e dare tempo al Comune di riprendersi”.

Un teatro che affonda le sue radici nel Rinascimento, quando la città vide nascere le prime opere teatrali e le prime esperienze musicali. Un teatro ricco di storia, oggi dimenticata, situato in quel cuore cittadino esplicitazione più evidente del totale abbandono e della totale negligenza nei confronti di ciò che davvero rende prospero ogni luogo: la memoria, la cultura, la tradizione. Un teatro che non è solo in questo tragico abbandono, ma accerchiato da tutti gli altri piccoli teatri presenti in città, abbandonati anch’essi da tempo alla loro inevitabile rovina. Teatri minori ma non certo di minore importanza, come lo storico Cinema Teatro intitolato ad Aroldo Tieri, oggi chiuso e punto di ricovero per i senza tetto.

Chiaramente in uno stato degradato e indecoroso, così come lo è la piazza che lo ospita che, solo teoricamente, straborda di cultura, con la Casa della Musica inaugurata al tempo dal grande Franco Battiato, e il Liceo Lucrezia della Valle, riconosciuto come liceo musicale. Un tripudio di cultura trasformato in uno spettacolo doloroso per la vista e per il cuore, nell’osservare, ad esempio, come l’opera dedicata a Lucio Battisti ed inaugurata non molto tempo fa alla presenza di Mogol, sia contornata oggi da bottiglie vuote e rifiuti di ogni genere. Semplicemente il segno di quanto lo scarso rispetto che, nel corso degli anni, le amministrazioni hanno riservato alla cultura, abbia inevitabilmente travolto anche la città stessa che, privata della propria storia, lentamente si prepara a morire con essa.

IL CASO DELL’OFFICINA DELLE ARTI: UN AMMASSO DI ROVINE TRASFORMATO IN UN GIOIELLO DI ARTE E CULTURA

Teatri che sono veri e propri gioielli, come la bellissima “Officina delle Arti”, che il suo fondatore e direttore artistico Eduardo Tarsia ci ha amabilmente raccontato, in tutte le sue gioie e in tutti i suoi dolori: “Nella mia mente c’è sempre stato un desiderio, un teatro mio, un teatro per la mia città”. Un posto magico, che ad entrarci sembra quasi di varcare la soglia di un mondo parallelo, un mondo che racconta la storia stessa del teatro e dell’arte in ogni sua sfaccettatura, in ogni cura del dettaglio, in ogni singolo oggetto.

Ci racconta, Eduardo, della fatica, delle prime ricerche per trovare uno stabile: “Lo trovai all’inizio degli anni ‘90 a Contrada Andreotta. Lì ho cominciato ad allestire un teatro molto particolare, con due palcoscenici: uno di fronte, uno laterale. Per cui a volte si svolgevano le scene prima da una parte, poi dall’altra”. “Finchè un giorno” – racconta ancora – “un vecchio amico dell’Enel mi disse di conoscere un posto dove avremmo potuto fare davvero teatro, ed era questo, di proprietà dell’Enel”. Un ammasso di rovine che Eduardo riuscì a trasformare in qualcosa di unico nel panorama cittadino: “Io entrai un giorno da quella porta, salì i gradini, mi fermai al centro della tribunetta, e istintivamente cominciai a recitare. E mi dissi: bene, questo è il mio teatro!”.

Ascoltarlo è quasi musica per le orecchie, la bellezza che traspare dalla fatica, la passione che brilla nei suoi occhi, l’amore trasferito in un posto a cui ha donato tutta la sua vita, e che oggi rischia la chiusura, l’ennesima nella città. “Non avevo una lira, ma aprire un teatro era un sogno che si stava realizzando, e al tempo ero giovane, non mi importava correre rischi. Mi indebitai fino al collo”.
Un teatro in cui proponeva lavori inediti, vecchi misfatti di Cosenza, in cui si parlava dei luoghi e delle stradine, dei ricordi del passato, in cui “si tiravano fuori i brutti momenti che la città viveva, per la povertà, per la differenza di classe che c’era. E tiravamo fuori queste storie dal giornale più antico della città”.

“Poi arrivò l’omicidio più brutto, il Covid. Così restammo soli in questo posto, senza nessuno che si interessasse a questa situazione”. E proprio dell’assordante silenzio delle istituzioni, della politica, quel silenzio che riecheggia ancora oggi, racconta Eduardo: “Qua i politici venivano quando c’erano le elezioni, dopodiché sparivano. Ma sai, a me non dispiaceva, perché ero talmente convinto e libero in quello che facevo, mentalmente non avevo padroni”.

Un piccolo gioiello di arte e cultura, con una pavimentazione fatta a mano che rievoca le opere di Vincent Van Gogh, in cui colpisce la vista anche un’antica foto del cantante cosentino Brunori: “Qui sono passati molti artisti, ma non l’ho mai voluto qualificare per l’artista, piuttosto per le storie che rappresentavamo”. Un teatro particolare, in cui dopo la rappresentazione si serviva sempre una piccola cena. Un modo per socializzare, conoscersi, fare comunità, quello che secondo Eduardo oggi manca più di ogni altra cosa: “Ciò che manca a questa città è lo stare insieme, è più forte di noi, dobbiamo essere singoli padroni delle nostre clientele, non dividerle con nessuno”.

Un artigiano del teatro Eduardo, che ha sempre creduto nel lavoro puro, tanto da rinunciare al professionismo e dedicarsi al teatro amatoriale. Per due mandati vicepresidente della FIDA (Federazione Italiana Teatro Amatori), organizzatore di decine di rassegne e concorsi, un uomo che ha deciso di investire ogni soldo e ogni sudore nel teatro, per dare gioia alle persone per merito della propria arte. Un uomo che oggi si ritrova indebitato e amareggiato nel pensare alla chiusura di quello che è un pezzo di vita e di storia non solo per lui, ma per l’intera città. Un altro pezzo di cultura che rischia irrimediabilmente di scivolare via.

Qualcosa, però, pare si sia mosso. In prima battuta, proprio grazie a Fabio Gallo, che ha inserito l’Officina della Arti nel MetaversoCosenza: “Devo ringraziare Fabio” – afferma a proposito Eduardo – “che tempo fa si presentò qui a osservare il teatro, dicendomi che prima o poi lo avrebbe digitalizzato. E lo ha fatto dopo l’incontro che ho avuto con il Sindaco. Una persona meravigliosa, che è nata per l’arte”. E poi dal Sindaco stesso, che ha intenzione di visitare la struttura: “La cosa assurda” – spiega Eduardo – “è che i politici, le istituzioni, coloro che contano, non sono mai venuti a dare un’occhiata a questo bene che ho creato. Mi sono trovato in difficoltà anche per la mancanza di conoscenza che c’era nella classe politica. Avrei voluto che qualcuno si fosse interessato negli anni passati”. 

“Il Rendano è finito in malora, e questo basta a farci capire la poca importanza che, negli ultimi decenni, la cultura ha avuto in città. Qui esiste solo il business e l’affare”. Lo dice Eduardo, un uomo che dalla cultura ha saputo creare tutto senza avere niente.

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