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L’Azione Cattolica dei Ragazzi della diocesi di Catanzaro-Squillace prova nuovamente l’emozione di un campo estivo

Dopo un’assenza di qualche anno la bellezza del campo Acr è tornata a donare i suoi frutti. Questo è quanto emerso dalla chiusura dell’esperienza vissuta dal 25 al 28 luglio a Torre di Ruggiero. Giorni trascorsi all’insegna del divertimento e della riflessione che hanno accompagnato i bambini dagli 8 ai 14 anni della diocesi di Catanzaro-Squillace. Le parrocchie aderenti sono state 10, per un totale di 42 bambini presenti; alcune di esse seguono un percorso costante di Acr, altre si stanno affacciando a questa realtà e questo rappresenta un segno di speranza per la nostra diocesi.

Durante le giornate i bambini si sono interfacciati, oltre che con gli educatori che li hanno accompagnati dalle varie parrocchie e con la presenza calorosa del Presidente diocesano, anche con i sacerdoti che hanno guidato le preghiere e le riflessioni: l’Assistente Acr, Don Nicola Ierardi e l’Assistente Unitario, Don Ferdinando Fodaro; alcuni sacerdoti delle realtà parrocchiali, Don Antonio Scicchitano e Don Vito Muriniti.

“Hai la mia parola”, questo lo slogan che ha accompagnato i bambini nel loro viaggio alla scoperta della storia del profeta Geremia, della sua chiamata e della paura ad affrontarla a causa della sua giovane età. Dio lo invita a non farsi scoraggiare dal suo sentirsi inadeguato perché Egli lo conosceva già dal “grembo materno” e Geremia accoglie la sua vocazione, quella di essere profeta di speranza in un momento di forte difficoltà per il popolo di Israele che era guidato da pastori non in grado di prendersene cura. Dio annuncia la venuta del buon pastore: Gesù. Geremia ci invita ad andare oltre le apparenze, ad affidarci e fidarci di chi si prende cura di noi perché Dio ci chiama per quello che siamo e non per come appariamo.

Al profeta Geremia è stata affiancata un’altra figura, forse più vicina ai bambini, per permettere loro di toccare con mano i temi trattati durante le varie giornate: un burattino, un essere inanimato che prende vita per il sogno profondo di qualcuno che vuole prendersene cura, lo ha creato col pennello, perfetto, eppure così facile da influenzare. Pinocchio è un po’ come noi, si entusiasma delle cose belle, del divertimento, non presta l’attenzione che dovrebbe agli insegnamenti di coloro che ci stanno accanto per prendersi cura di noi, ma impara presto che il mondo è fatto di molta apparenza e di poca realtà, comprende che la tentazione è dietro l’angolo e che per sconfiggerla occorre una “fischiatina”, così come Geremia insegna che, per vincere la tentazione, il modo migliore è quello di pregare, quindi di affidarci alle braccia avvolgenti di Dio.

Pinocchio impara ad essere coraggioso, a superare le sue difficoltà nonostante il suo essere solo un bambino, per giunta di legno, senza esperienza ma con una guida importante che dirige il suo cammino e lo rende ciò che è davvero.

Ascoltare con il cuore è stato il primo insegnamento che i bambini hanno accolto durante la prima giornata. Tante le aspettative e la voglia di vivere un’esperienza nuova che, a poco a poco, li ha portati ad entrare in relazione con Dio e ad affidarsi a Lui, soprattutto cercandolo nel “deserto”.

È stato emozionante per i bambini e per gli educatori che li hanno accompagnati vivere un percorso così carico di spiritualità, di emotività e di ringraziamento che ha permesso ai piccoli ma soprattutto ai grandi di comprendere come sia possibile avvicinarsi a Dio in maniera spontanea, se solo ci disponiamo all’ascolto vero. L’ultimo giorno i bambini hanno imparato che il modo migliore di rendere grazie è celebrare la Santa Messa, officiata da Mons. Claudio Maniago, il quale ha vissuto la fase finale di questo cammino in mezzo ai bambini e ha ricordato loro l’importanza dello stare insieme, unico modo per contagiarsi vicendevolmente e positivamente, per creare gli anticorpi contro i virus che la società prospetta. Il Signore cerca di trarre da ciascuno, in questo modo, ciò che si è in grado di donare, partendo dalle cose piccole, perché ognuno è in grado di donare qualcosa agli altri e contagiarlo di cose belle.

Alla fine di questo percorso è stato chiesto ai bambini se le aspettative indicate inizialmente fossero state rispettate e le restituzioni sono state più che positive, ma probabilmente il vero insegnamento è stato dato da loro agli educatori che hanno potuto vivere la presenza di Dio in mezzo ai gruppi, tra le emozioni dello stare insieme, dell’accettarsi per quello che si è, del riconoscere la bellezza dell’altro e del divertirsi, cogliendo la perfezione di ciascuno proprio nel nostro essere imperfetti.

 

 

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