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Veronese (presidente Amici del Ponte): “Nuovo meridionalismo: dal piagnisteo alla cultura del fare”

*di Simone Veronese – Il Mezzogiorno è stato troppo a lungo ingabbiato in un’idea di meridionalismo sterile, fatto di assistenzialismo e lamenti. Una visione che, anziché risolvere la “questione meridionale”, l’ha incancrenita. Dai piagnistei culturali al reddito di cittadinanza, il Sud è rimasto dipendente da sussidi e incapace di valorizzare le proprie immense risorse.

Il reddito di cittadinanza doveva essere una misura di inclusione, ma si è rivelato un fallimento: ha bloccato migliaia di giovani in una condizione di passività, non ha creato lavoro stabile, ha alimentato abusi e soprattutto non ha inciso sulle cause strutturali della disoccupazione. La responsabilità politica dei 5 Stelle è evidente: con promesse e azioni hanno illuso la gente in difficoltà di aver risolto i propri problemi, quando in realtà si trattava solo di uno strumento per raccogliere voti senza offrire vere prospettive di crescita. In una terra che avrebbe bisogno di investimenti, formazione e imprese, il reddito ha rappresentato la negazione della cultura del fare.

Già Benedetto Croce ammoniva che «i mali del Sud si curano con la cultura, con l’educazione civile, con la responsabilità dei suoi figli». Non con il vittimismo, non con le elemosine, ma con la crescita civile ed economica.

Oggi serve un Nuovo Meridionalismo: non quello delle richieste, ma quello delle costruzioni. Non quello dei pianti, ma quello dei progetti.

Le priorità strategiche

1.    Connettere il Sud al mondo Il completamento dell’Alta Velocità fino a Reggio Calabria e la realizzazione del Ponte sullo Stretto sono condizioni non più rinviabili. Non sono solo infrastrutture, ma simboli di modernità: ridurre del 40% i tempi di collegamento, attrarre investimenti e togliere la Calabria e la Sicilia dall’isolamento.Secondo le stime, il Ponte genererà circa 120.000 posti di lavoro tra diretti e indotti nell’arco del cantiere, mentre l’Alta Velocità porterà benefici permanenti stimati in oltre 3 miliardi di euro di PIL aggiuntivo annuo grazie a mobilità, logistica e turismo.

2.    Valorizzare le filiere agroalimentari Il Sud vanta 131 prodotti a marchio DOP/IGP, dal bergamotto alla cipolla di Tropea, dalla liquirizia ai cedri, con un valore potenziale di export che può crescere del 50% nei prossimi dieci anni. Oggi il comparto agroalimentare del Mezzogiorno genera circa 20 miliardi di euro l’anno, ma con investimenti in trasformazione industriale e marketing internazionale può raddoppiare entro il 2035.

3.    Turismo 365 giorni l’anno Calabria e Sicilia raccolgono appena il 15% dei flussi turistici nazionali, contro un patrimonio culturale e paesaggistico che vale molto di più. Portare il Sud al 25% significherebbe 10 milioni di presenze in più ogni anno, con oltre 50.000 nuovi posti di lavoro nel settore.

4.    Giovani e lavoro La disoccupazione giovanile in Calabria tocca ancora il 40%. Non bastano sussidi: occorre formazione tecnica (ITS), apprendistato duale, start-up tecnologiche e “borse di rientro” per i giovani emigrati. Secondo Svimez, ogni 100 giovani che restano al Sud, il PIL regionale cresce di 0,5 punti percentuali: è la prova che il capitale umano è la vera ricchezza.

5.    Acqua, energia e legalitàIl Sud perde oltre il 50% dell’acqua immessa in rete: un danno economico e ambientale di circa 1 miliardo di euro l’anno. È tempo di smart metering, riuso e investimenti sulle reti. Sul fronte energetico, il Mezzogiorno produce già oltre il 45% delle rinnovabili italiane: con l’idrogeno verde può diventare hub energetico del Mediterraneo. Ma tutto ciò richiede trasparenza e cantieri monitorati: la legalità non è un optional, è la prima infrastruttura necessaria.

La grande visione politica

In questa prospettiva va riconosciuta la grande intuizione del Ministro Matteo Salvini, che ha avuto il coraggio di rilanciare il Sud non con sussidi ma con infrastrutture. La scelta di puntare sul Ponte sullo Stretto e sull’Alta Velocità rappresenta non solo un investimento ingegneristico, ma un salto strategico: trasformare il Mezzogiorno da zona depressa e marginale a cuore economico del Mediterraneo.
È una visione che rompe con il passato e che restituisce al Sud il suo ruolo naturale: crocevia di commerci, logistica, cultura e turismo, proiettato verso l’Europa e il mondo.

Un nuovo patto nazionale

Il riscatto del Sud non è una questione locale: è la sfida dell’Italia intera. Senza un Mezzogiorno produttivo, l’Italia non sarà mai competitiva in Europa. Non si tratta di “aiutare i poveri meridionali”, ma di liberare un potenziale oggi soffocato da burocrazia e abbandono.

Come ricordava ancora Croce, «non è dall’altrui compassione che nascerà la nostra rinascita, ma dalla nostra dignità e dal nostro lavoro».

Il vecchio meridionalismo assistenzialista, culminato nel fallimento del reddito di cittadinanza e nella responsabilità dei 5 Stelle, ha fallito. Il nuovo meridionalismo del Ponte e del lavoro, sostenuto dalla visione infrastrutturale di Salvini, è l’unica via per liberare il Sud e, con esso, dare nuova forza all’Italia.

*Simone Veronese, presidente associazione “Amici del Ponte”

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