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Truffe su superbonus, 2 arresti e sequestri per 5 milioni: un imprenditore calabrese è finito in carcere

La guardia di finanza di Ancona ha eseguito a un’ordinanza di misure cautelari emessa dal gip del tribunale di Fermo nei confronti di sei persone coinvolte in una truffa legata al Superbonus edilizi: uno dei professionisti indagati, un imprenditore calabrese, è finito in carcere, per un’altra persona è sono stati disposti gli arresti domiciliari e per altre quattro l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le fiamme gialle hanno sequestrato 3 milioni di crediti fiscali inesistenti e apposto i sigilli su 12 unita’ immobiliari, conti correnti e diverse autovetture nella disponibilità degli indagati per oltre 2 milioni di euro.

L’operazione, coordinata dalla procura di Fermo, ha interessato Marche, Abruzzo, Calabria, Toscana, Lazio e Lombardia e, da quanto si è appreso, avrebbe interrotto una frode nel settore del sismabonus ed ecobonus, tramite intestazioni societarie fittizie e fatture per operazioni inesistenti, i cui proventi illeciti sarebbero stati auto-riciclati nell’acquisto di beni immobili e mobili di valore. L’imprenditore calabrese finito in carcere è residente da anni nel fermano ed è stato condannato in via definitiva per diversi reati, che vanno dall’estorsione alla detenzione illecita di armi e munizioni, fino al sequestro di persona, lesioni e violenza privata. Le indagini dei finanziari avrebbero accertato come, appena conclusa l’applicazione di una precedente misura cautelare nei suoi confronti, avesse costituito due imprese edili, intestate a prestanome, e attraverso fatture per operazioni inesistenti avesse ottenuto contributi dallo Stato per lavori di efficientamento energetico e sismico, in tutto o in parte mai realizzati, con una conseguente cessione dei crediti fittizi, anche grazie alle false attestazioni di professionisti abilitati.

Tra i destinatari delle misure cautelari un ingegnere, ora agli arresti domiciliari, che si premurava di presentare all’Enea le asseverazioni necessarie, con informazioni false o attestazioni non veritiere sulla congruità delle spese, anche utilizzando timbri di soggetti estranei alla vicenda; questo professionista sarebbe subentrato a un suo collega, coinvolto in un’indagine analoga di un’altra procura.

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