Prosegue a zig zag tra le mille variabili del gioco delle alleanze il lavoro per comporre le liste dei Democratici e progressisti, in vista della Direzione Pd della prossima settimana. Enrico Letta, che continua a tenere contatti con tutti, ha messo in pausa per un attimo i fondatori della lista aperta: gli incontri con Demos, Psi e Articolo 1 di questa settimana si terranno nei prossimi giorni. Un modo, per il segretario del Pd, per concentrarsi sulle ‘pratiche’ SI-Verdi e Di Maio-Tabacci. Nel faticoso lavoro di composizione dell’alleanza elettorale tutto si tiene. E dopo la chiusura dell’intesa con Carlo Calenda gli alleati (anche potenziali) del Pd restano tutti alla finestra rivolgendo al Nazareno la medesima domanda: “Quanto spazio avremo?”. Una domanda cui Letta potrà rispondere con precisione solo dopo aver chiuso tutte le intese. Intanto sempre la questione alleanze continua a creare scompiglio nei territori per il Partito democratico. Le varie federazioni hanno trasmesso al Nazareno le liste dei nomi da candidare, passando la palla alla sede nazionale. Ma dai partiti locali traspare insofferenza di fronte alla possibilità di dover cedere posti a Azione, SI-Verdi e Di Maio-Tabacci.
In Puglia, per esempio, il partito locale non è riuscito a rispettare la scadenza fissata a martedì scorso e la ‘griglia’ pugliese arriverà nei prossimi giorni, a ridosso della Direzione nazionale che Letta ha chiarito si terrà il 10. L’intenzione del Pd pugliese resta quella di chiedere la riconferma di tutti i big locali, a partire da Francesco Boccia e dal segretario regionale Marco Lacarra. Acque agitate anche in Toscana, che registra un caso Lotti-bis. Anche per Rosa Maria Di Giorgi i territori (Empoli e Firenze) hanno smentito una designazione della parlamentare uscente nelle liste locali. Sarà il nazionale a decidere. A tenere sulle corde il partito locale c’è soprattutto la preoccupazione di dover fare spazio ad Azione in zone che i dem toscani ritengono assegnate. Come Livorno, dove il partito ha chiesto a gran voce la riconferma di Andrea Romano, e il Mugello (all’assessora Bendetta Squittieri). Agitazione anche per l’ipotesi circolata di una candidatura toscana di Susanna Camusso. A Bologna da giorni i dem sono alle prese con una insofferenza strisciante per la voce che vuole Matteo Richetti candidato, nell’ambito dell’intesa con Azione. Il partito cittadino ha indicato i suoi ‘alfieri’ (De Maria, Merola, Zampa e Manca) e faticherebbe ad accettare il sacrificio di uno di loro. In campo ci saranno anche Elly Schlein e Valentina Cuppi e si continua a parlare della possibile candidatura di Filippo Andreatta. Restando in Emilia Romagna, a Parma si dovrebbe fare posto all’ex sindaco Federico Pizzarotti e a Ravenna potrebbe candidarsi l’ex governatore Vasco Errani, ma in quota per i ‘fondatori’ di Articolo1.
Anche a Torino le possibili ricadute dell’accordo con Calenda non fanno dormire sonni tranquilli al Pd locale. Lo stesso segretario regionale Paolo Furia, tra i possibili candidati, ha suggerito di evitare “operazioni che i territori non ritengono sostenibili”. In città, però, a creare malumori sarebbe la candidatura della viceministra Laura Castelli per Di Maio-Tabacci, ipotesi che scatenato le proteste del partito torinese. Stessa questione in Calabria, dove in particolare la federazione di Cosenza è in agitazione, temendo di non ritrovare il 26 settembre suoi rappresentanti in Parlamento: sarebbe la prima volta nella storia. “Spero che si lavori per scongiurare la candidatura di non calabresi nelle nostre liste. Vogliamo candidati che siano il riflesso del lavoro che il Pd fa in tutte le province calabresi”, ha detto il segretario provinciale del Pd di Cosenza Vittorio Pecoraro al ‘Corriere della Calabria’. Nel partito locale c’è agitazione per le voci sulla candidatura di Nico Stumpo (Articolo 1) o di nomi ‘paracadutati’ da Roma (era circolato il nome di Cecilia D’Elia). In Campania l’attenzione del partito locale è alta per l’eventualità che l’intesa con Di Maio e Tabacci si traduca in una candidatura del ministro degli Esteri (che è di Pomigliano) nella sua regione. In particolare, sui social non mancano i commenti critici alla possibilità (circolata nelle ultime ore) di lasciare a Di Maio uno dei collegi plurinominali di Napoli. Altra piazza in fermento è Salerno, dove è arrivato a circa 600 firme il documento degli amministratori locali per la ricandidatura di Piero De Luca, che potrebbe guidare il listino plurinominale.