«Condannato a dare piena attuazione al Piano educativo individualizzato nonché alle spese processuali, il comune di Catanzaro assegna un operatore socio-sanitario a un bambino che ha invece diritto al supporto di un operatore educativo per l’autonomia e la comunicazione».
È la denuncia dei consiglieri comunali di Azione Valerio Donato, Gianni Parisi e Stefano Veraldi che sollevano il caso dell’ordinanza di condanna emessa dalla sezione civile del Tribunale di Catanzaro ai danni appunto di Palazzo de Nobili per evidenziare come «l’errata gestione del caso costringa ora il Comune a dover distrarre fondi che potevano essere destinati alle esigenze della collettività per onorare le spese stabilite dal Tribunale».
Sullo sfondo c’è oltretutto una vicenda che va ben oltre le mere questioni economiche e che impatta direttamente sulla crescita equilibrata di un bambino. Questo, in effetti, l’aspetto l’aspetto fondamentale che ha spinto i consiglieri comunali Donato, Parisi e Veraldi a stigmatizzare, senza se e senza ma, «una gestione incresciosa di una vicenda per la quale i genitori del bimbo sono stati costretti a rivolgersi alla magistratura per vedere riconosciuto, almeno sulla carta, il diritto del figlio a un’assistenza specialistica di 22 ore settimanali come pure l’affiancamento di una figura professionale specializzata per l’intero arco della giornata». Una figura da individuare appunto in un operatore educativo per l’autonomia e la comunicazione, come stabilito da un’apposita commissione medica, e non certo in un operatore socio-sanitario. Da qui la beffa che ha prodotto la levata di scudi targata Azione «in nome del rispetto totale di un’ordinanza che non lascia dubbi e che anzi certifica nero su bianco che il Comune non ha messo a disposizione del bambino tutte le ore che erano state previste dal Piano educativo individualizzato».
È la legge dei diritti che prevale sulle difficoltà finanziarie degli enti e che sancisce come prioritaria – è scritto nell’ordinanza – «la necessità di garantire al bambino adeguate condizioni per consentirgli l’esercizio del diritto all’istruzione e all’educazione, che non possono essere limitati a causa della sua disabilità, nella misura in cui le eventuali difficoltà finanziarie dell’ente pubblico non giustificano limitazioni all’espletamento di un servizio diretto a tutelare i suddetti diritti in quanto fondamentali e idonei a consentire lo sviluppo della personalità». Come il Tribunale anche Donato, Parisi e Veraldi si appellano dunque all’articolo 2 della Costituzione e al principio di uguaglianza per «inchiodare il Comune alle proprie responsabilità e restituire alla politica il dovere di mettere ai di sopra di tutto le esigenze dei cittadini».