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Inchiesta case popolari a Reggio Calabria: Giuseppe Agostino, cognato del boss Murina, individuava gli alloggi da assegnare a chi pagava la ‘ndrangheta

Un ruolo considerato dagli investigatori rilevante nell’organizzazione criminale, sgominata dai carabinieri con i nove arresti eseguiti stamattina, accusata di avere gestito a Reggio Calabria un sistema di assegnazione illecita di alloggi popolari, sarebbe stato svolto da Giuseppe Agostino, di 54 anni, cognato del boss della ‘ndrangheta Carmelo Consolato Murina. Agostino, che è una delle due persone coinvolte nell’inchiesta per le quali è stata disposta la custodia cautelare in carcere (l’altro é Murina, che comunque è già detenuto), avrebbe avuto, infatti, il compito di individuare, grazie alla presunta complicità dell’ex dirigente dell’Aterp reggina Eugenia Rita Minicò, gli alloggi da assegnare a persone che, pur non avendone i requisiti ed il diritto, ottenevano ugualmente le case popolari versando denaro all’organizzazione.

Il Gip, nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita dai carabinieri, definisce l’inchiesta “uno spaccato di rara chiarezza in ordine alla particolare operatività degli odierni indagati nella gestione e nell’assegnazione illecita di immobili di edilizia popolare, soprattutto nel quartiere Santa Caterina di Reggio Calabria”. L’inchiesta che ha portato agli arresti, in cui c’é stata la collaborazione della Squadra mobile di Reggio Calabria, é stata condotta dai sostituti procuratori della Dda reggina Sara Amerio e Nicola De Caria.

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I domiciliari sono stati disposti, oltre che per l’ex dirigente dell’Aterp Eugenia Rita Minicò, per Emilia Pasqualina Murina, di 58 anni, sorella del boss Carmelo Consolato; Antonio Amaddeo, (57), Michele Morabito (33), Annunziato Tripodi (60), Roberto Veltri (54) e Luciano Vittorio (57), che avrebbero avuto un ruolo, a vario titolo, nell’organizzazione. Eugenia Rita Minicò, in particolare, nella qualità svolta all’epoca dei fatti di dirigente dell’Aterp di Reggio Calabria, “si dimostrava in grado di ‘pilotare’ – é detto nel capo d’imputazione che le viene contestato – la concessione degli immobili, ideando e suggerendo agli altri indagati le modalità migliori per la gestione illecita degli alloggi popolari”.

Per il vigile urbano Francesco Romolo, impiegato nella circoscrizione di Archi e indagato nell’inchiesta, l’ipotesi accusatoria é di avere falsificato, dietro il versamento di una somma di denaro, gli atti relativi all’assegnazione di alcuni alloggi popolari al fine di venire incontro alle richieste dei promotori dell’associazione.

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