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Il messaggio del vescovo Parisi per l’inizio del nuovo anno scolastico: “Il successo dipende dalla qualità del riposo”

 Riceviamo e pubblichiamo il messaggio del vescovo, monsignor Serafino Parisi, per l’inizio del nuovo anno scolastico.

“Carissime studentesse e carissimi studenti,

anche quest’anno voglio essere al vostro fianco mentre, con l’inizio delle lezioni, si rinnova il vostro entusiasmo e si ripropongono vecchie e nuove sfide, accompagnate da desideri autentici e sogni realizzabili.

Iniziando a scrivere, ho ripercorso l’itinerario vissuto con alcuni di voi durante lo scorso anno su “Le parole per la vita: è stata un’esperienza intessuta di riflessioni, di testimonianze e di condivisione. Per questo nuovo anno, con l’ufficio diocesano di pastorale giovanile e l’ufficio per le vocazioni, abbiamo messo in agenda lo stesso percorso, convinti della bontà dell’iniziativa. Siete tutti invitati.

Tuttavia, per questa nuova tappa del vostro cammino che oggi inizia, a vantaggio della vostra crescita e della vostra armonia, desidero consegnarvi una parola, che non è affatto un vocabolo nebuloso o un vago concetto, è piuttosto un atteggiamento mentale e una condizione esistenziale, in definitiva, è un “principio” da considerare, a mio modesto parere, come imprescindibile. Lo faccio per augurarvi un anno scolastico autentico, intenso, sereno e fruttuoso.

Prima di introdurre il termine mi concedo una necessaria precisazione affinché ciò che vi proporrò come augurio non venga considerato come forzatamente “alternativo”, né anticonformista, per il mero gusto di esserlo, né sensazionale o surreale. Sia piuttosto inteso come rivoluzionario.

Dunque, non vi sembri strano – trattandosi di un anno in cui sentirete come al solito parlare di studio, di impegno, di tenacia, di sacrifici, di crescita, di formazione, di progresso, di maturazione – se vi consegno clamorosamente la parola “riposo”. Evidentemente non vi sto suggerendo, né tantomeno augurando un “collocamento a riposo”, cioè una sorta di quiescenza passiva. Penso, invece, a un riposo dinamico, operoso, rigenerativo, in una accezione che deve superare, pur includendola, la nozione classica dell’otium.

Riposarsi è un verbo inclusivo: dice molto di più di vivere con calma. È la condizione per assaporare ogni istante dell’esistenza, vivendo non freneticamente, ma consapevolmente per non rischiare di diventare consumatori frettolosi di esperienze. Equivale al “sapere vitam dei latini: quel sapore/sapere che è più difficile da imparare. È anche studio, ma soprattutto “riposo”.

Per deformazione professionale mi sento suggestionato dalla nozione biblica del riposo. La faccio breve. Nel libro della Genesi ci sono due racconti della creazione, uno è più antico (Gen 2,4b-3,24 del X-IX secolo a.C.) e l’altro è più recente (VI secolo a.C.). Nella prima narrazione (Gen 1,1-2,4a), la creazione dell’uomo è collocata alla fine del lavoro fatto da Dio per portare a termine tutto il processo creativo. Questo racconto, com’è noto, fa seguire al lavoro svolto in sei giorni il riposo di Dio. In tal modo viene legittimato il riposo sabbatico e, al tempo stesso, viene indicato il senso del lavoro che l’uomo fa: il riposo, di fatto, è il compimento dell’attività creatrice (Gen 2,2). Già alcuni miti extrabiblici sostenevano il carattere sacrale del riposo, in quanto prerogativa di Dio, connaturale alla sua signoria sulla realtà creata: solo chi è libero può decidere di interrompere il lavoro e concedersi una pausa. Lo schiavo non può pretendere il riposo perché deve lavorare e basta, senza interruzione e deroga. Il giorno della festa, il sabato, è fatto per dare all’uomo una tregua, sull’esempio di Dio che lavora e che si riposa (Es 20,8-11 e Dt 5,12-15), ma è anche partecipazione al senso della vita e del lavoro ed è memoriale della liberazione dalla schiavitù. Il riposo nel giorno di sabato, ad esempio, ricorda ai credenti che si può vivere e lavorare anche senza padroni; è il segno evidente della dignità dell’uomo che nello stesso lavoro non guarda tanto alla produzione o all’utile per sé e per gli altri, bensì alla propria realizzazione e alla partecipazione al dinamismo creativo; in definitiva è risposta riconoscente alla fedeltà di Dio. Biblicamente parlando, dunque, il riposo non può essere considerato dal versante umano come una semplice imitazione del Creatore, o un sollievo dalla fatica oppure come la chiusura del ritmo sacro della settimana, ma come una compartecipazione al ritmo divino, le cui dirette e immediate conseguenze sono la signoria sulle cose e la libertà personale. Se solo chi è libero può riposarsi, allora vuol dire che il riposo è segno e prova della effettiva libertà dell’uomo.

È proprio questa precomprensione che mi ha convinto ad augurarvi il riposo, il tipo di riposo appena descritto, per questo Anno Scolastico incipiente. Allora sì, si gusterà la vita e si apprezzerà la fatica, ogni fatica. Si assaporerà anche la sconfitta, perché – guardata con pazienza e perseveranza – dentro di sé cela sempre una sfida, un’opportunità. Il riposo – penso pure a quello dai social che permette la disconnessione dalle aspettative degli altri e la concentrazione sulle esigenze reali e i desideri veri – concederà tempo prezioso per la cura delle proprie passioni, per vivere l’emozione per le cose che contano, per arginare le ansie inutili e per evitare le angosce tossiche, per non lasciarvi rubare la gioia. Chiedetelo ai vostri cari e ai vostri docenti. Pretendetelo da voi stessi per la vostra stessa vita, per rispettarne il valore, per riconoscerne la dignità, assaporandone la bellezza, a volte drammatica, ma sempre profonda. Abbiate a cuore il riposo, dunque, quello che nutre il tempo libero, l’amicizia, l’amore, la famiglia, la stessa scuola. La scuola, appunto! Non sia un campo di battaglia, nel quale il tempo spesso spinge a correre, a essere performanti, a rincorrere aspettative ed a conseguire risultati ad ogni costo, sempre in competizione, assillati e consumati dall’esecranda brama del successo o del potere. La scuola venga vissuta (e sia) luogo di riposo, nel quale sia possibile ascoltarsi, incontrarsi, esplorare novità, crescere con equilibrio, capire le passioni dentro le quali perdersi responsabilmente, coltivare amicizie vere, sincere, leali e, soprattutto, in presenza e non virtuali, ascoltare lezioni che aprano gli occhi per indicare orizzonti lontani ma raggiungibili, scambiarsi gesti gentili, nutrire speranze e scoprire universi inesplorati che fanno battere il cuore.

Voglio essere ancora più radicale: ciò che vi sto augurando non è di trovare l’equilibrio tra il lavoro e il riposo, quanto piuttosto di trovare la vostra armonia nel riposo. Ciò farà nascere la convinzione che il successo e la felicità (intesi come realizzazione della propria vita) non dipendono solo dalla quantità di lavoro e di impegno, ma anche dalla qualità del riposo. Questo vuol dire che dovreste prendervi tempo per riflettere, per ricreare, per ringraziare, perché il riposo non è la pausa dalle attività quotidiane, ma la condizione favorevole perché ogni fatica sia inserita in un orizzonte di senso e sia a vantaggio della vita stessa. Questo riposo rigenererà la volontà, rinnoverà la creatività e darà senso anche allo studio. Il riposo è, insomma, una conquista che ha il gusto delizioso di una gentilezza verso voi stessi. Il riposo non è un lusso, ma una necessità per studiare meglio e per vivere bene.

Festina lente: camminiamo con determinazione, senza perderci nel frastuono della fretta, così suggerisce la locuzione latina.

Indirizzo questo augurio a tutto il mondo della scuola, a voi studentesse e studenti, ai dirigenti, ai docenti, a tutto il personale tecnico e amministrativo, ai collaboratori scolastici e, con grande affetto, alle vostre care famiglie.

Buon anno scolastico, ragazzi e ragazze. Di cuore”.

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