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Caffé Alzheimer al Centro Diurno dell’associazione Ra.Gi. a Catanzaro: confronto tra esperti e familiari sulla gestione dei disturbi psico-comportamentali

Prima della pausa estiva, presso il Centro Diurno dell’associazione Ra.Gi., a Catanzaro, si è tenuto l’ultimo incontro “Demenze e disturbi psico-comportamentali” previsto nel calendario del Caffè Alzheimer, spazio di condivisione e confronto tra esperti e familiari di persone con demenza.
Al centro dell’incontro, introdotto dalla presidente Elena Sodano che ha preannunciato un mese di settembre ricco di nuove idee e iniziative, gli interventi di Amanda Gigliotti, psicologa della Ra.Gi., e Pietro Gareri, geriatra nonché responsabile C.D.C.D. (Centro Diagnosi Cure e Demenze) dell’ASP a Catanzaro Lido.
Insieme, hanno affrontato con chiarezza e concretezza le principali problematiche legate ai disturbi comportamentali, come agitazione, deliri e allucinazioni, delle persone con demenza, offrendo spunti pratici e riflessioni preziose.
“Non tutto ciò che è diverso va curato con i farmaci. Ci sono comportamenti che fanno parte dell’identità della persona e come tali vanno accolti, non soppressi” ha spiegato la psicologa Gigliotti sottolineando quanto sia importante distinguere comportamenti realmente disturbanti e quelli che, seppur insoliti, non compromettono la qualità della vita.
Fondamentale, secondo la psicologa, l’approccio non farmacologico adottato all’interno del Centro diurno e della CasaPaese, che, attraverso attività strutturate e terapie espressive come la Teci, riesce a ridurre significativamente lo stato di agitazione e disagio delle persone con demenza, migliorandone il benessere quotidiano.
Gareri, invece, si è soffermato su un punto critico, ovvero il sonno: “Un sonno disorganizzato può creare una cascata di scompensi – ha spiegato – È importante che le persone con demenza non dormano durante il giorno, per evitare che restino sveglie tutta la notte, aggravando l’agitazione e il disorientamento”.
Per tale motivo è importante frequentare i Centri Diurni specifici per le demenze, come appunto quelli della Ra.Gi., all’interno dei quali i pazienti possono usufruire di adeguate terapie non farmacologiche e attività sociali che li tengono attivi e occupati.
Per quanto riguarda l’utilizzo dei farmaci per mitigare i disturbi comportamentali, il messaggio da parte del geriatra è stato chiaro: nessun farmaco è privo di effetti collaterali, pertanto la somministrazione deve sempre essere misurata, monitorata e condivisa con tutta l’equipe di cura.
Infatti, Gareri ha posto l’accento sul pericolo delle prescrizioni multiple e sull’importanza di una visione d’insieme nella gestione terapeutica. “È fondamentale – ha specificato – che il medico di base, il geriatra e gli altri specialisti lavorino insieme, conoscano l’intero quadro farmacologico, compresi gli integratori. La medicina, oggi più che mai, è un lavoro di squadra, di cui deve fare parte anche la famiglia”.
Entrambi i relatori hanno ribadito l’urgenza di una maggiore collaborazione tra professionisti e famiglie, perché la cura della persona con demenza non può essere un percorso solitario e deve essere fondata principalmente su umanità, ascolto e presenza.
Proprio i familiari, presenti numerosi e partecipi, hanno animato la discussione con domande, racconti e richieste di sostegno, rendendo evidente quanto ancora ci sia bisogno di spazi di confronto e di supporto.
Durante il Caffè Alzheimer, la voce dei familiari ha dato corpo e senso all’intero incontro. Interventi toccanti, spesso carichi di fatica e amore, hanno messo in luce le difficoltà quotidiane nella gestione dei comportamenti problematici, il senso di impotenza davanti all’agitazione notturna, la paura di “sbagliare farmaco” o di non fare abbastanza.
“Ci sentiamo soli, e a volte non sappiamo a chi chiedere – ha ammesso la figlia di un paziente con demenza presente all’incontro – Mio padre non dorme più, la notte cammina e parla con persone che non ci sono. E io non so come aiutarlo”. Riflessioni e domande del genere hanno ricevuto risposte attente, concrete e rispettose, costruendo quel ponte tra sapere clinico e esperienza quotidiana che è la vera forza di questi incontri.

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