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‘Ndrangheta, il sostituto procuratore Toso in Commissione Legalità a Torino: “Anche la politica deve essere vigile”

“La consapevolezza del fenomeno credo possa aiutare il Comune a fornire una competenza su due piani, l’ascolto dei cittadini e una marcata presa di posizione contro il fenomeno. Il criminale che pensa di approcciarsi al politico deve vederlo come un pericolo, deve non potersi fidare. Serve consapevolezza che quando ci sono contatti, produttivi o meno di illecito, tra politica e Ndrangheta è troppo semplicistico ridurli all’errore occasionale del singolo, che magari non sapeva chi stava incontrando. Occorre una riflessione, perché se quello del singolo politico può essere stato un errore anche involontario, non lo è stato per la Ndrangheta, che continua a cercare questi incontri perché ne ha bisogno. Quando si entra in una zona grigia deve suonare il campanello d’allarme”.

A dirlo il sostituto procuratore di Torino Paolo Toso, della Dda, ascoltato oggi in Commissione comunale Legalità sulla situazione della criminalità organizzata in Piemonte. Toso ha sottolineato che in generale “riscontriamo un problema di mancata conoscenza del fenomeno, frutto forse di una cultura che tende a rimuoverlo o arginarlo geograficamente, mentre purtroppo il Piemonte e Torino vantano alcuni primati di cui c’è poco da vantarsi, ad esempio il fatto che esiste una ‘Ndrangheta del Piemonte, con una propria autonomia e specificità”. Il magistrato ha ricordato che negli ultimi dodici anni in Piemonte sono andati a sentenza per 416 bis 17 processi con circa 350 imputati, e altri tre legati alle mafie straniere con 80 imputati.

La ‘Ndrangheta risulta quindi “molto radicata e con capacità di infiltrazione molto elevata”. Da qui il monito alla politica a essere vigile. “Continuiamo a registrare incontri tra amministratori pubblici o appartenenti alla politica e appartenenti alla Ndrangheta, specie quella di quartiere – dice -, e se da un lato può essere perché non si sa chi si ha davanti, non si può pensare che sia sempre così. E penso che spesso questo sia figlio di quella mancanza di conoscenza del fenomeno di cui parlavo, del non rendersi conto di quanto sia pericoloso incontrare un ‘ndranghetista, che se vuole incontrarti – conclude – è perché vuole qualcosa”.

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