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Accordo Regione-Cuba, è polemica. Ordine dei Medici: “Una follia, non si può fare”. Smi: “Assenza di programmazione sanitaria”

“L’invio in Calabria di circa 500 medici cubani nei prossimi mesi, per sopperire alla mancanza di personale negli ospedali calabresi” non è “la soluzione per la sanità regionale”. Lo sostiene Cosmo De Matteis, presidente nazionale emerito del Sindacato dei Medici italiani (Smi), in merito all’accordo stipulato del governatore calabrese, Roberto Occhiuto, per sopperire alla carenza di camici bianchi. “Bisogna affrontare le questioni strutturali della sanità calabrese per rispondere al bisogno di salute dei cittadini”, continua De Matteis. “Siamo dinnanzi all’assenza di una programmazione sanitaria che tenga conto dell’esigenze della popolazione. I medici e pazienti calabresi continuano ad emigrare al Nord perché non vi sono i presupposti e le condizioni per curarsi e lavorare in sanità nella nostra regione. Si ricorre ai medici cubani, che ringraziamo, invece di porre le basi per far fronte alla carenza di medici e di personale sanitario”, aggiunge il rappresentante sindacale che si chiede: “si è previsto, poi, di affiancare, i medici cubani con 500 traduttori per far sì che i cittadini calabresi possano comunicare?”.

“Ci aspettiamo parole chiare sul debito contratto dalla sanità e sulle cause della fuga dalla regione di medici del Pronto soccorso e delle altre specialità sanitarie. Bisogna superare la logica dell’emergenza e programmare una seria politica sanitaria regionale per assicurare il diritto alla salute a tutti cittadini”, conclude.

Forti perplessità sull’accordo è stata espressa dall’Ordine dei Medici, ai vari livelli. L’accordo tra la Regione Calabria e il governo cubano per far arrivare 500 medici viene ritenuto “una follia” dal Presidente dell’Ordine dei Medici Lombardia, Roberto Carlo Rossi. “Se, come capisco leggendo i giornali, l’accordo sanitario, quindi che riguarda la sicurezza nazionale, per cui possono entrare in organico i medici cubani e’ stato fatto direttamente dalla Regione con Cuba e’ una cosa sbagliata, una follia – commenta all’AGI -. Non so se ci siano spazi di legge per farlo, ma ne dubito. In ogni caso credo che sia inopportuno non passare dalle procedure fissate a livello nazionale”.

Rossi spiega che “c’è un sistema di controlli e regole che abbiamo sempre dato per scontato ma che ora non lo e’ più”. Ai medici che arrivano da altri Paesi vengono richiesti “titoli e piani di studi equivalenti a quelli europeo”. Una volta che il Ministero della Sanita’ riconosce il titolo, viene verificata anche la conoscenza della lingua italiana. “Questo non mi risulta che sia fatto nemmeno per i medici ucraini. E’ giustissimo accoglierli con tutto il cuore, il rispetto e l’umanita’ ma sono ruoli delicati quelli che vanno a rivestire e sono doverosi i controlli” prosegue Rossi secondo il quale la soluzione alla carenza dei Medici di cui soffrono tutte le regioni andrebbe risolta “investendo di piu’ sul territorio e pagando di piu’ i Medici”.

Sulla stessa lunghezza d’onda, Eugenio Corcioni, presidente dell’Ordine dei Medici di Cosenza: “Non si può fare, perché questo accordo presuppone tutta una serie di autorizzazioni che non sarà possibile ottenere”.

“Ci vuole il riconoscimento dei titoli esteri, è una procedura che si fa persona per persona, e non ha delle deroghe – dice Corcioni – se non occasionali, nel corso della pandemia, ma adesso non esiste piu’ lo stato di emergenza”.

E comunque, anche nel corso dell’emergenza, i medici stranieri facevano solo tenda, o rianimazione per quanto riguarda i russi, – dice ancora Corcioni – con grandi ostacoli per quanto riguarda la lingua: se c’è una branca della medicina in cui parlare è decisivo, questo e’ proprio il pronto soccorso”.

“Quindi non si può fare – conclude Corcioni – e non per un ostacolo burocratico, ma per un problema concreto, perché il corso di studi è decisivo per la garanzia dell’utenza e la medicina legale cubana è diversa da quella italiana”.

Per la sanità calabrese serve “una risposta strutturale” e, per sopperire alla grave carenza dei medici, “prima di ricorrere ai professionisti cubani è necessario provare a trovare risorse interne, penso ai pensionati oltre che agli specializzandi”. E’ la riflessione del presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli. Tuttavia, “di fronte a un fallimento generale degli interventi fino ad ora fatti sul sistema sanitario regionale il Governatore doveva giustamente trovare una soluzione”, ammette Anelli.

In questo contesto la preoccupazione maggiore, per il presidente Fnomceo, “è quella legata alla verifica dei titoli e della qualità della formazione. La legge consente questa attività alle Regioni in deroga, non più al ministero della Salute. Questo ci crea forti perplessità. Non abbiamo nulla nei confronti dei colleghi cubani ma vorremmo che, in ogni caso la qualità, che con estrema difficoltà in Italia abbiamo strenuamente voluto e che è frutto di un complesso percorso formativo, fosse garantita anche per i colleghi che vengono dall’estero. Temiamo che la deroga di legge rispetto ai riconoscimenti dei titoli faccia abbassare il livello di qualità. Per questo chiediamo alle Regioni di riferirsi, in ogni caso, alla lunga esperienza del ministero in questo campo per i meccanismi di verifica”.

Per Anelli “prima di arrivare ai medici cubani bisogna esperire tutte le possibilità in Italia, ivi compreso l’utilizzo dei medici pensionati. Questo perché in Italia abbiamo un percorso formativo certo, qualificato. Se è necessario ricorrere a risorse esterne, e la legge oggi lo consente alle Regioni – conclude – è necessaria una reale verifica di titoli. Ed è questo che chiediamo”.

 

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