Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria ha annullato la delibera con cui la Giunta Comunale di Reggio Calabria aveva disposto la sospensione delle attività mercatali a Piazza del Popolo fino al 30 giugno 2025. Una decisione che segna una vittoria per numerosi operatori commerciali ricorrenti e sottolinea un principio chiave: le scelte programmatiche in materia di mercati sono prerogativa del Consiglio comunale, non della Giunta.
Tutto ha avuto inizio con la delibera n. 3 del 13 gennaio 2025, con la quale la Giunta comunale ha prorogato una precedente sospensione delle attività mercatali a Piazza del Popolo. Una decisione motivata dall’Amministrazione con la necessità di contrastare l’abusivismo commerciale e di attendere le nuove linee guida del Ministero delle Imprese e del Made in Italy sul riordino dei mercati, come previsto dalla cosiddetta “Legge Concorrenza” del 2023.
La misura, però, ha incontrato subito l’opposizione dei diretti interessati: un gruppo di commercianti ambulanti che da anni lavorano nella piazza, considerata il cuore del commercio all’aperto della città. Parliamo dell’unico mercato quotidiano su area pubblica operante a Reggio Calabria, attivo dal lunedì al sabato, con 60 posteggi di vendita. Un punto di riferimento per operatori e cittadini, che con la sospensione rischiava di essere azzerato per oltre sei mesi.
Così, 34 commercianti, rappresentati dagli avvocati Alessandra Zagarella e Felice Domenico Retez, hanno deciso di rivolgersi al TAR per chiedere l’annullamento della delibera.
La maggior parte dei ricorrenti non è titolare di un posteggio fisso, ma opera tramite la cosiddetta “spunta”: un meccanismo previsto dalla legge regionale che permette, ogni mattina, di assegnare provvisoriamente i posteggi rimasti liberi a chi è munito di autorizzazione “B”. È una pratica molto diffusa nei mercati italiani, soprattutto per dare possibilità di lavoro a piccoli commercianti e ambulanti che non dispongono di una concessione fissa.
Secondo i ricorrenti, la sospensione del mercato li privava completamente della possibilità di lavorare, compromettendo la loro sopravvivenza economica. Il TAR ha dato loro ragione.
Nel motivare la sua decisione, il Tribunale ha evidenziato che la sospensione del mercato, motivata da esigenze di riordino del commercio, costituisce a tutti gli effetti un atto programmatorio, e come tale non può essere adottato dalla Giunta, ma esclusivamente dal Consiglio comunale. Lo prevede chiaramente l’articolo 11 della legge regionale n. 18 del 1999, che attribuisce al Consiglio la competenza sul riordino delle attività mercatali, incluse sospensioni, modifiche e riorganizzazioni dei mercati esistenti.
In altre parole, la Giunta avrebbe oltrepassato i limiti del proprio potere, adottando una misura che non le compete. Non si è trattato, quindi, di una semplice misura amministrativa temporanea, ma di un atto con effetti significativi e prolungati nel tempo, che impatta su un regolamento comunale già approvato dal Consiglio. Questo è bastato ai giudici per annullare la delibera.
Durante il procedimento, il Comune ha sostenuto che i ricorrenti non avessero titolo per impugnare la delibera, in quanto non titolari di concessioni stabili o, in alcuni casi, privi di requisiti formali come l’iscrizione alla Camera di Commercio. Il TAR ha effettivamente dichiarato inammissibile il ricorso per quattro di loro, per mancanza di autorizzazioni valide.
Tuttavia, per tutti gli altri, i giudici hanno confermato la legittimità dell’interesse ad agire. Le autorizzazioni “B” da loro possedute — seppur non legate a un posteggio fisso — danno comunque diritto a partecipare alla spunta, e quindi a vendere nei posteggi occasionalmente liberi. E proprio il blocco dell’intero mercato rappresentava per loro un danno concreto e diretto.
Il TAR ha inoltre chiarito che il Comune non può decidere arbitrariamente se attivare o meno il meccanismo della spunta: la legge regionale impone l’assegnazione temporanea dei posteggi disponibili, senza lasciare spazio a valutazioni discrezionali.
Con la sentenza pubblicata il 13 maggio, il TAR ha annullato la delibera di sospensione del mercato, limitatamente alla parte che interessa i ricorrenti. In sostanza, il Comune non potrà più impedire lo svolgimento delle attività mercatali a Piazza del Popolo fino al 30 giugno, almeno non senza una decisione del Consiglio comunale che ne legittimi formalmente la sospensione.
Il Comune è stato anche condannato a pagare metà delle spese processuali, per un importo di mille euro oltre agli accessori di legge e al rimborso del contributo unificato, mentre l’altra metà delle spese è stata compensata per la particolarità della vicenda.
Questa sentenza rappresenta una vittoria importante per gli ambulanti coinvolti, che potranno tornare a lavorare nel principale mercato cittadino, almeno per ora. Ma è anche un monito per le istituzioni: le scelte che incidono profondamente sulla vita economica e sociale della città devono rispettare le competenze previste dalla legge e passare attraverso i canali democratici appropriati.
Resta ora da vedere come il Comune intenderà procedere. Se davvero vi è l’intenzione di riorganizzare il sistema dei mercati cittadini — come più volte dichiarato — sarà necessario passare per un deliberato del Consiglio comunale, coinvolgendo anche le categorie interessate, come previsto dalla normativa regionale. Solo così sarà possibile garantire un equilibrio tra legalità, efficienza e tutela dei diritti dei lavoratori.
La controversa delibera, adottata il 13 gennaio scorso, era stata giustificata dalla Giunta come misura per contrastare l’abusivismo e nell’attesa delle nuove linee guida ministeriali per il riordino del settore. Ma per il TAR, il provvedimento ha in realtà natura “programmatoria” e rientra dunque nelle competenze del Consiglio, come previsto dalla legge regionale e dal Testo Unico degli Enti Locali.
La sentenza, resa in forma semplificata ai sensi dell’articolo 60 del codice del processo amministrativo, comporta l’annullamento della delibera nella parte in cui disponeva la sospensione del mercato. Il Comune è stato inoltre condannato al pagamento della metà delle spese legali, pari a mille euro, più accessori e rimborso del contributo unificato.
Si attende ora una nuova deliberazione consiliare che affronti il riordino del mercato nel rispetto delle competenze istituzionali e delle esigenze degli operatori commerciali.