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Messa Bellocco, Klaus Davi critica omelia don Rizzi: “Messia degli ebrei non è un violento”

Klaus Davi torna sulla celebrazione della messa in suffragio di Antonio Bellocco, il giovane ucciso lo scorso 4 settembre dal capo ultrà interista Andrea Beretta, avvenuta sabato 14 settembre nella chiesa Madre di San Ferdinando Re a San Ferdinando (RC), cui il giornalista ha partecipato (post online su Facebook al link https://www.facebook.com/klausdavi2/posts/pfbid0gTpLpWFSv6zPP4xX5NgAkCcXaVuAmBnqmZpJjjeP8Z7gSWzKfDBQi8Mb7qXv47Thl). «Nulla da dire, come ho più volte ripetuto, sulla funzione. Non faccio parte di quella antimafia ideologica che vive di conferenze e dibattiti e cocktail party, poco presente sul territorio, e poi grida allo scandalo se qualcuno decide di commemorare legittimamente un proprio defunto. La pietas deve essere per tutti. Non applichiamo i cattivi modelli della sinistra “doppio standard” anche in queste cose. L’intervento di don Giovanni Rizzi per la parte riguardante il ricordo del giovane Antonio l’ho trovato impeccabile. La sbavatura è arrivata durante l’omelia in cui il sacerdote si è abbandonato ad alcune considerazioni molto disinvolte sul Messia degli ebrei. Definito “questo Messia” (“questo”, Don Rizzi?), “un condottiero, uno che avrebbe spazzato via i Romani perché i Romani soggiogavano tutte le provincie“. E ancora: “Quindi aspettavano questo Messia che avrebbe dovuto chissà con la forza ‘spodestare’ i Romani. Invece Gesù dice: ‘Io sono il Cristo ma – dice – vincerò con la croce’“. Non sono un esperto di religioni ma ho trovato l’associazione azzardata. Credo che la Chiesa dovrebbe evitare questi riferimenti e ritengo che la contrapposizione tra il Dio degli ebrei guerrafondaio e quello dei cristiani pacifista sia inesatta, fuorviante e pericolosa. Il passo successivo è dipingere gli ebrei e il loro Dio come “vendicativo” e sappiamo tutti che risultati hanno prodotto nei secoli queste prediche. Mi appello quindi – continua Davi – ai vescovi calabresi affinché ci sia maggiore prudenza nel mandare messaggi durante le funzioni religiose. La Chiesa rivendica un ruolo nel proprio impegno contro la mafia ed è assolutamente così. Ma questo importante impegno non può passare attraverso la creazione di nuovi nemici (o vecchi che tornano a essere bersagli attuali). Dovremmo tutti adottare una strategia attenta e più incisiva sui giovani (quel giorno in chiesa erano tantissimi, un terzo della platea, molto per una manifestazione poco pubblicizzata). Meno conferenze, meno dibattiti e più investimenti sul territorio, è il mio umile, pragmatico, suggerimento. Se a questi ragazzi fossimo stati in grado di dare un lavoro, forse non sarebbero stati lì sabato scorso. Definirli rozzamente e semplicisticamente “mafiosi” è solo un modo attraverso cui ci deresponsabilizziamo tutti. Comodo, ma poi i nodi vengono al pettine», conclude Klaus Davi.

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