Sono passati venti anni dall’omicidio di Francesco Fortugno, il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria assassinato a Locri, nell’androne di Palazzo Nieddu Del Rio, dov’erano in corso le primarie dell’Unione, l’allora coalizione di centrosinistra, con 5 colpi di pistola calibro 9. Il delitto sconvolse l’Italia intera e riporto’ alla ribalta il tentativo della ‘ndrangheta di condizionare ogni scelta nella politica calabrese.
L’agguato in fu compiuto con estrema freddezza, in un luogo affollato nel centro cittadino, mentre Fortugno stava parlando con altre persone. L’esponente della Margherita aveva 54 anni e da pochi mesi era stato eletto in Consiglio regionale, decidendo di lasciare per un periodo di aspettativa il lavoro di primario nel pronto soccorso dell’ospedale di Locri.
Lascio’ due figli e la moglie, Maria Grazia Lagana’, che successivamente fu eletta parlamentare del Partito Democratico. I processi scaturiti dagli arresti seguiti al fatto di sangue hanno portato nel 2012 alla prima decisione della Corte di Cassazione che ha confermato definitivamente le condanne all’ergastolo di Alessandro e Giuseppe Marciano’, rispettivamente padre e figlio; Domenico Audino e Salvatore Ritorto.
Le sentenze hanno individuato i Marciano’ come mandanti, mentre Ritorto sarebbe stato l’esecutore materiale. Domenico Audino fu condannato per aver supportato il killer che, successivamente, diventato collaboratore di giustizia, fu trovato impiccato nella localita’ protetta in cui viveva.
Le condanne non hanno mai spento le perplessita’ rispetto al coinvolgimento di altri presunti “livelli” nel delitto.