Il Codacons ha inviato una durissima diffida a SoRICal SpA per “impedire la minacciata sospensione del servizio idrico nei confronti di utenti morosi, denunciando gravissime violazioni costituzionali e la configurabilità del reato di interruzione di pubblico servizio cui si aggiunge l’illegittimità delle tariffe applicate dalla società, già acclarata dalla sentenza n. 246 del 2009 della Corte Costituzionale”.
“UNA MINACCIA INACCETTABILE CONTRO I DIRITTI FONDAMENTALI”
“SoRICal ha annunciato pubblicamente l’intenzione di procedere alla limitazione o sospensione del servizio idrico integrato nei confronti di utenti morosi, una decisione che il Codacons definisce “una gravissima violazione di principi costituzionali fondamentali che non può essere tollerata in uno Stato di diritto”.
“L’acqua è dei calabresi e non di società private”, dichiara Francesco Di Lieto, vicepresidente nazionale del Codacons. “Nessun interesse economico può prevalere sul diritto fondamentale alla vita e alla salute della popolazione. Siamo dinanzi a una battaglia di civiltà che deve unire tutti coloro che hanno a cuore il futuro delle famiglie calabresi”.
VIOLAZIONI COSTITUZIONALI DI ESTREMA GRAVITÀ
“La diffida evidenzia come la minacciata procedura di distacco presenti profili di gravissima illegittimità costituzionale:
Violazione dell’art. 2 della Costituzione: l’accesso all’acqua potabile costituisce un diritto fondamentale della persona umana, strettamente connesso alla dignità e alla sopravvivenza stessa dell’individuo
Violazione dell’art. 32 della Costituzione: la sospensione del servizio idrico incide direttamente sulla salute pubblica, compromettendo le condizioni igienico-sanitarie essenziali
Violazione dell’art. 3 della Costituzione: la sospensione per morosità costituisce un ostacolo economico che impedisce l’effettiva partecipazione dei cittadini alla vita sociale
Violazione dell’art. 43 della Costituzione: il servizio idrico integrato ha carattere di preminente interesse generale e deve essere orientato all’interesse collettivo
Il Codacons denuncia che la condotta minacciata da SoRICal configura potenzialmente il reato previsto dall’art. 340 del codice penale, che punisce chiunque cagioni un’interruzione o turbi la regolarità di un servizio di pubblica necessità”.
“La minacciata riduzione della somministrazione di acqua potabile assumerebbe dimensioni tali da configurare certamente una turbativa della regolarità del servizio pubblico, con conseguente responsabilità penale degli amministratori e dirigenti di SoRICal”, avverte Di Lieto. “Siamo pronti a presentare formale denuncia all’Autorità Giudiziaria competente”.
UN PRINCIPIO INVIOLABILE: L’ACQUA COME BENE COMUNE
“Rimanere immobili dinanzi alla cessione ai privati dei beni indispensabili per la sopravvivenza ci porterà, tra qualche anno, a discutere della tassa sull’aria che respiriamo”, denuncia il Codacons.
“Questo non può e non deve accadere. L’acqua rappresenta un bene comune indispensabile per la sopravvivenza umana e non può essere oggetto di ricatto economico”.
La battaglia del Codacons si fonda sui principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano che riconoscono l’acqua come bene comune e diritto umano universale, come confermato dall’esito del referendum popolare del 12-13 giugno 2011, con il quale i cittadini italiani hanno espresso chiaramente la propria volontà contraria alla privatizzazione dei servizi idrici.
Il Codacons ha diffidato SoRICal ad astenersi da qualsiasi forma di sospensione del servizio idrico; attivare procedure alternative per il recupero dei crediti che non compromettano l’erogazione del servizio essenziale e predisporre piani di rateizzazione estesi e sostenibili per le famiglie in difficoltà economica, attivando fondi di solidarietà per le utenze in stato di indigenza.
APPELLO AGLI AMMINISTRATORI LOCALI
“Rivolgiamo un appello accorato agli amministratori locali calabresi”, conclude Di Lieto. “È il momento di assumere iniziative concrete per la tutela dei propri concittadini, anche attraverso gesti clamorosi che evidenzino la gravità della situazione. Il diritto all’acqua non può essere negoziabile e richiede una presa di posizione ferma da parte di tutti coloro che hanno a cuore il futuro delle famiglie calabresi”.
In caso di mancato accoglimento della diffida, si procederà a presentare denuncia per interruzione di pubblico servizio con richiesta di sequestro preventivo degli impianti nonché ad agire per il ristoro di tutti i danni conseguenti l’interruzione del servizio pubblico essenziale e per l’abuso di posizione dominante.
La richiesta di intervento da parte dei Sindaci deriva dal fatto – prosegue Di Lieto – che i cittadini calabresi hanno già pagato 200 milioni di euro di tariffe maggiorate illegittimamente da SoRICal”.
Un capolavoro di illegalità che parte dal novembre 2004, quando la gestione degli acquedotti è stata affidata a SoRICal SpA. Da allora gli adeguamenti tariffari sono stati decisi “infischiandosene delle leggi”, come una “repubblica autonoma delle banane”.
Il legislatore nazionale prevedeva che, per le gestioni nelle quali il servizio idrico non era integrato ma avveniva in maniera disgiunta – come in Calabria – la competenza per determinare gli adeguamenti tariffari fosse esclusivamente del CIPE. In Calabria, invece, gli adeguamenti sono stati decisi illegalmente: per gli anni 2004, 2005, 2006, 2007 e 2009 dalla Regione, mentre per gli anni 2008 e 2010 direttamente da SoRICal SpA
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 246 del 2009, ha “bacchettato” la Regione Calabria, ribadendo la competenza esclusiva dello Stato negli adeguamenti tariffari e ricordando che “le leggi statali si applicano, perfino in Calabria”.
Pertanto tutti gli aumenti applicati ai Comuni calabresi da SoRICal dal 2004 erano e sono illegittimi!
Anche il Comitato di Consulenza Giuridica della Giunta Regionale aveva sollecitato il ripristino della legalità tarifffaria, stabilendo che SoRICal avrebbe dovuto operare i conguagli ai Comuni “tra le tariffe concretamente applicate e quelle scaturenti da una corretta applicazione” delle delibere CIPE.
Praticamente un appello a restituire il maltolto.
Ma in Calabria si è preferito dimenticare e così siamo costretti a pagare tariffe illegittime per un servizio francamente indecente.
UNA BATTAGLIA CHE RIGUARDA TUTTI
“Questa non è una battaglia ideologica, ma una questione di civiltà che deve unire tutti i calabresi”, sottolinea il Codacons. “La tutela del diritto all’acqua come bene comune rappresenta un principio fondamentale che non può essere sacrificato sull’altare del profitto privato. È in gioco il futuro stesso della nostra terra e delle nostre famiglie”.