Il Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria, ha organizzato un incontro sul tema “1924-2024: nel centenario della morte di Lenin”. Il nuovo incontro, predisposto dall’associazione reggina, ha registrato la presenza dell’onorevole Michelangelo Tripodi. Il 21 gennaio 1924 Lenin morì. Stalin tacque a proposito dei forti contrasti che li avevano divisi negli ultimi anni e avviò un culto del dirigente morto che culminò nella proposta di imbalsamare la salma. Due giorni dopo la morte di Lenin, Stalin parlò al secondo Congresso dei Soviet per commemorare il defunto con un discorso intercalato da un brano simile a una preghiera rituale: «Lasciandoci, il compagno Lenin ci ha comandato di […]. Ti giuriamo, compagno Lenin, che adempiremo con onore il tuo comandamento!». La vedova Nadezda Krupskaja protestò e chiese, scrivendo sulla Pravda, di non permettere che «il vostro dolore per Lenin prenda le forme della venerazione esteriore alla sua persona. Non costruite mausolei o palazzi con il suo nome, non organizzate cerimonie per ricordarlo […]. Tutto ciò significava così poco per lui quando era in vita, e gli dava fastidio». Al di là degli aspetti rituali, mistici e spettacolari, le scelte di Stalin servirono a imbalsamare la figura e il pensiero di Lenin e a costruirne un’immagine che progressivamente legittimasse la direzione stalinista del partito e dello Stato. Per l’URSS e il movimento comunista internazionale, Lenin divenne così una figura mitica, dogmatica, priva di dubbi e contraddizioni, spietata, capace di guidare il partito e lo Stato con un pugno di ferro: una sorta di padre spirituale di Stalin, utile per giustificare le scelte di quest’ultimo. Nacque dunque, da questa operazione e dalle drammatiche conseguenze che ne seguirono nei 15 anni seguenti, la costruzione definitiva dell’URSS, così come l’abbiamo conosciuta nel secolo scorso, e la definizione del corpo dogmatico del cosiddetto marxismo-leninismo. Lenin vedeva la classe operaia come strategicamente fondamentale e riteneva che il movimento rivoluzionario dovesse basarsi su qualsiasi democrazia esistente, difendendola ma anche sfidando i limiti e spingendosi verso una democrazia più completa, più genuina, che fosse un percorso verso il socialismo. Per il poeta Langston Hughes, Lenin è un simbolo che «cammina per il mondo» e che continua a farlo anche molto tempo dopo la sua morte. Ma bisogna coglierne la complessa eredità, a partire dalla sua idea di democrazia. Come simbolo della rivoluzione, Vladimir Lenin ha vissuto per tutto il secolo successivo alla sua morte. Un simbolo presente nelle marce della fame o nelle battaglie antifasciste degli anni Trenta, nella resistenza metro per metro a Stalingrado, nelle insurrezioni partigiane in tutta Europa, nella guerra clandestina contro l’apartheid e nella marcia di Ho Chi Minh. Ma è rimasto vivo anche nell’iconografia dei processi di Mosca contro i suoi vecchi compagni e negli slogan dei riformatori socialisti-umanisti della Primavera di Praga. Come ha scritto memorabilmente Langston Hughes, questo Lenin «ha camminato per il mondo». Ma a prescindere dalle crociate politiche per le quali la sua mummia imbalsamata è stata arruolata, l’uomo Lenin è morto di ictus il 21 gennaio 1924. Queste alcune delle cifre che sono state oggetto di analisi nel corso della nuova conversazione organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” che sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data da domenica 21 luglio.
Il Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria ricorda Lenin
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