“La libertà, Sancio, è uno dei doni più preziosi che i cieli dettero agli uomini… Quindi per la libertà come per l’onore si può e si deve rischiar la vita” - Cervantes – “Don Chisciotte”
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“Voce del verbo restare”. Menia Cutrupi

cutrupimeniadi Valeria Guarniera – “Vietato calpestare i sogni” è un mantra che ripete quotidianamente. Sempre col sorriso, travolgente e appassionata: non è esagerato definirla “una forza della natura”. Eppure Menia Cutrupi – mamma, startupper e sognatrice reggina – continua a sentirsi “una piccola donna accanto a dei giganti”. Determinata come pochi, ha saputo trasformare le difficoltà in sogni da coltivare: “Fare. Agire per generare valore, sviluppo, occupazione e crescita” la sua missione. Nonostante l’interdittiva antimafia che ha annientato l’azienda di famiglia – “Mio padre ha denunciato e mandato in galera chi ci chiedeva il pizzo. In quel momento lo Stato ci ha fatti sentire soli” – e malgrado la sclerosi multipla che le ha messo i bastoni tra le ruote – “Il mio mondo è precipitato, ho pensato di non farcela” – Menia continua a lottare. Per i suoi figli, per i suoi sogni, per la sua terra. E perché le radici che i suoi genitori le hanno dato possano, un giorno, diventare ali.

Dreamlab srl è la startup innovativa che hai creato nel 2015 insieme a Salvatore Salvaguardia, tuo socio e amico. Esempio positivo di impresa e motore per una nuova concezione di benessere, da subito si è imposta nel territorio diventando punto di riferimento e stimolo alla costruzione di reti virtuose e collaborazioni propositive. Quando, tra le mille difficoltà, ti dicevano: “Perché lo stai facendo?” tu rispondevi: “E perché non dovrei?”. Hai investito in questo progetto tempo e denaro, mettendoci tutta te stessa. A distanza di due anni, ti chiedo: fare impresa, in Calabria, si può?

Si può se sei abbastanza forte. Devi superare tanti ostacoli e pregiudizi. Però sì: si può e si deve, altrimenti la Calabria diventa una terra piatta in mano a chi non fa altro che violentarla. Io ci sto provando, nonostante le difficoltà. Ho scelto di creare impresa partendo dal territorio, dalle risorse e da ciò che di bello permane. Fare. Agire per generare valore, sviluppo, occupazione e crescita è diventata per me una missione che, grazie a Dreamlab e al mio sogno di coccole, sta diventando sempre più concreta e tangibile. Stiamo costruendo qualcosa di bello e pulito in un territorio che troppo spesso si accontenta della mediocrità. A volte ti sembra di lottare contro i mulini a vento. Mi chiedo spesso se proseguire o lasciar perdere, soprattutto nei giorni in cui la meta sembra più lontana e gli obiettivi irraggiungibili. Dietro ogni passo in avanti c’è una scelta importante, e soprattutto un gran sacrificio. So di non essere sola, insieme a Salvatore abbiamo messo su una bella realtà e a prevalere sono le soddisfazioni, la voglia di crescere è tanta. Se credi in quello che fai, se ami il sogno per cui lavori, trovi la forza necessaria. Andare via è una scelta legittima, che comprendo e non giudico. Se decidi di fare impresa qui, certamente non hai vita facile: i problemi da affrontare sono tanti. Devi fare i conti con un sistema in parte sbagliato, in cui non sempre riesci a distinguere il bene dal male. La ‘ndrangheta, poi, è un grande “ammazza-sogni”…

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E con la ‘ndrangheta tu ci hai avuto a che fare da vicino. Tuo padre – imprenditore reggino, titolare della “F.F.C. Costruzioni di qualità srl” – ha denunciato e mandato in galera chi gli chiedeva il pizzo. In seguito, una interdittiva antimafia sull’azienda di famiglia, che gli ha impedito di partecipare ad appalti e gare pubbliche, trascinandolo verso il fallimento. Situazione che poi è stata chiarita – tuo padre è stato definitivamente assolto – ma che non ha cambiato il risultato: trenta persone licenziate a causa della mancanza di lavoro. E tra loro c’eri anche tu…

Lo stato invece di tutelarci ha preferito ‘marchiarci’ con un’interdittiva antimafia basata su un processo riguardante mio padre, dal quale è risultato assolto in tutti i gradi di giudizio. Tanta amarezza e sofferenza, questa vicenda mi ha molto deluso: non ci siamo sentiti tutelati dallo Stato, anzi è stato come ricevere una coltellata alle spalle. E ci siamo sentiti soli: la gente si è allontanata, i fornitori ci hanno abbandonati, come se fossimo noi quelli da evitare. All’inizio tutto ciò mi faceva rabbia, poi ho capito che questi atteggiamenti segnavano una specie di linea di demarcazione tra noi e loro, tra chi ci appoggiava e chi no. Le persone non fanno altro che dirti: “Ma chi ve l’ha fatta fare?”, tu non rispondi, vai avanti. E all’improvviso capisci: a quel punto sei tu a scegliere di chi fidarti e a chi affidarti. Inizi a fare selezione. Sei mesi di carcere, umiliazioni di tutti i tipi di cui paga ancora le conseguenze: ma mio padre è stato forte e non si è mai pentito della sua scelta. Sono fiera di lui, è un esempio per me e per i miei figli. Per tanto tempo ho avuto paura e quando gli ho chiesto come ha fatto a non arrendersi, lui mi ha risposto che ha sempre creduto nella giustizia – anche se a volta l’ha trovata ingiusta – e che la forza l’ha trovata nei suoi nipoti. Un’altra scelta – mi ha detto – non l’avrebbe mai potuta fare.

“Tutto questo sempre e soltanto con il sorriso che ammorbidisce la vita, la rende più leggera e spalanca davanti agli occhi di una famiglia le porte della bellezza, della complicità e dell’amore incondizionato”. Sono parole tue che quotidianamente metti in pratica. E quel prendersi cura di sé e degli altri è diventato un lavoro. Nei “cofanetti di coccole” di “mammamenia.it” c’è molto più di un regalo: sono “esperienze che fanno riscoprire la gentilezza, il gusto per la semplicità, l’importanza del volersi bene”. Come nasce l’idea?

Nasce da un periodo di forte stress e stanchezza in cui non ero soddisfatta: spendevo tempo per tutto e per tutti, ma non per me. Reduce da una crisi matrimoniale che mi portava a dover ritrovare un equilibrio, stanca delle giornate trascorse nei panni di un robot programmato per esaudire i bisogni degli altri, ad un certo punto mi son detta “Ma a noi chi ci pensa? Chi coccola le mamme?” . E ho iniziato a riflettere, ho capito che probabilmente – anzi, sicuramente – non ero l’unica donna “bisognosa di coccole”. Ho chiamato a raccolta 12 mamme per un brainstorming sui loro bisogni. Da lì sono nate idee e relative iniziative. All’inizio era poco più di un hobby: organizzavo piccoli eventi, momenti di confronto per mamme e portavo avanti l’associazione che avevo creato per questo scopo. Poi l’entusiasmo mi ha travolto, e Mammamenia.it ha iniziato a crescere, a diventare impresa, attraverso una rete virtuosa e ci ha portato ad essere ciò che siamo oggi.

Una startup tutta calabrese che si sta affermando fuori dai confini regionali

All’inizio ci prendevano in giro, dicevano che non saremmo andati da nessuna parte. Abbiamo scommesso su noi stessi e due anni di distanza, posso dire che avevamo ragione. Siamo partiti con pochissimi soldi e tanta speranza. E siamo arrivati qui: abbiamo fornitori a Roma, Napoli, Milano. E’ qualcosa che parte da qui e si espande. Una contaminazione calabrese positiva. E’ il mio modo per dimostrare che i sogni si possono realizzare e che può concretizzarli anche una mamma impegnata che vive in una Calabria e in un Sud, ai quali è legatissima e per il cui riscatto lotta.

“I limiti fisici non devono impedire di realizzare i sogni”. Dieci anni fa ti hanno diagnosticato la sclerosi multipla: il mondo ti è crollato addosso. Tu piano piano hai camminato in mezzo alle macerie e – cambiando sguardo – hai iniziato a vederle come la possibilità di costruire qualcosa di nuovo…

Ero studentessa a Pisa e in quel periodo ho iniziato ad avere una serie di problemi: non rendevo più, facevo molta fatica a ricordare le cose. Qualche controllo e poi la notizia – “hai la sclerosi multipla” – a sconvolgermi come una bomba che esplode all’improvviso. Ho pianto ininterrottamente per giorni. Ho visto il mio mondo cambiare, crollare, precipitare. I problemi alla vista, la fatica a fare anche le cose più piccole. Gli ostacoli erano dappertutto: non è facile farsi leggere le cose da imparare, registrarle, studiarle e poi ripeterle davanti alla commissione d’esami. Ma io non ho mollato, nel frattempo – contro la volontà di tanti che erano preoccupati per me – sono diventata mamma, mi sono laureata con mio figlio che mi batteva le mani. Oggi posso dire che anche la malattia in qualche modo mi ha aiutato: ho capito cosa non volevo essere. Ed io non volevo essere una persona statica, depressa, rassegnata. Volevo avere dei figli, con tutto il mio cuore. E ho fatto nascere due cuori puri che mi hanno dato la forza di andare avanti. La malattia c’è e si fa sentire, ma mi sento felice. So di non essere una persona sana, di avere tanti problemi fisici che condizionano le mie giornate… a volte ripenso a quanto fosse bello svegliarsi la mattina e avere forza nelle gambe. Adesso è tutto diverso, ma – a costo di sembrare pazza – lo ripeto: sono felice. Non è falsa retorica: la malattia mi ha insegnato tantissimo, soprattutto il valore del tempo. La mia settimana dura cinque giorni, perché la terapia mi debilita tanto e ne annulla due. Però non mi lascio sopraffare: affronto la malattia, ne ho la forza e mi ritengo fortunata per questo. Non bisogna guardare il lato negativo delle cose e a dieci anni di distanza dalla diagnosi posso dire che quella che sono oggi dipende dalla mia determinazione a non arrendermi. Ho scelto chi voglio essere. E pazienza se a volte la stanchezza prende il sopravvento. Quello è il momento di ricaricare le batterie. Ho avuto paura tante volte di non farcela. Ma ho ancora più paura dell’infelicità: è quella la molla che mi fa andare avanti.

Di strada ne hai fatta tanta: lo scorso 8 marzo sei stata in Parlamento come “Digital woman Calabria” a rappresentare le donne calabresi. Un bel traguardo ma anche una bella responsabilità

Quando ho ricevuto l’invito di Milly Tucci, responsabile di AIDR osservatorio donne digitali ed autrice del libro #SoftRevolution, a rappresentare in Parlamento la Calabria come eccellenza digitale durante il convegno dell’8 Marzo “Digital Women” . Mi sono sentita onorata, orgogliosa e, soprattutto, meno sola nel voler creare valore per migliorare la mia Calabria. E’ stata una notizia inaspettata: non pensavo che avrebbero scelto me. Mi sento così piccola e imperfetta, non mi sembrava vero: Tra splendide e coraggiose donne, che si impegnano per rivoluzionare il modo di fare impresa in Italia… e poi c’ero io – con i miei cofanetti di coccole e la mia azienda “Dreamlab srls” – a raccontare cos’è la mia terra, con i contrasti e le sfumature che la caratterizzano. Ero molto emozionata, una soddisfazione importante: Nella vita di una donna che decide, spesso contro tutto e tutti, di fare impresa in Calabria, le soddisfazioni non sono molte. Al dispendio economico si accompagna un grande dispendio di tempo, senza sapere se porteranno dei frutti. Il sottofondo è sempre lo stesso: un continuo sentirsi ripetere “chi te la fa fare”. In quell’occasione ho ringraziato tutti quelli che hanno creduto in me: Salvatore Salvaguardia, socio e amico insostituibile; i miei genitori, per le radici che mi hanno dato; i miei figli, per quei sorrisi che mi danno la carica. E grazie a “mamma Menia”, per non aver ceduto nei momenti di sconforto.

Restare in Calabria, il senso profondo di questa scelta

Amo la Calabria e – in una strada che vedo aperta a mille possibilità – vorrei che restasse comunque la mia base sicura. Questa può diventare una terra in cui costruire futuro. Andare via può essere una scelta legittima, le ambizioni possono portarti altrove. Ma se resti devi dare un senso alla tua scelta. Restare per lamentarsi non ha senso: così distruggi la tua terra. Oltre la pigrizia e la rassegnazione, dobbiamo essere il cambiamento che diciamo di volere. Più sogni meno lagne. Sta tutto qui.

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