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La Reggina, Falcomatà, le scialuppe e la memoria corta

di Paolo Ficara – Se la memoria non è il suo forte, la coerenza lo è ancor di meno. Durante un’intervista presso una radio locale, Giuseppe Falcomatà ha risposto ad una domanda sulla Reggina. Il sindaco di Reggio Calabria, ben guardandosi dal commentare risultati e prestazioni dell’avvio di campionato, si è espresso per metafore. In realtà, lui ha fatto riferimento ad una barzelletta. Che però non fa ridere nessuno.

Il primo cittadino ha parlato di scialuppe che vengono a salvare un reggino durante il diluvio universale. Con il reggino in questione che rifiuta il salvataggio. La prima, la seconda e la terza volta. Poi, entrando nello specifico, ha individuato in Moratti come nocchiero della prima scialuppa, evidentemente riferendosi a fatti del dicembre 2018.

Poi, “ed è un fatto che non mi spiego a distanza di settimane” ha dichiarato Falcomatà, il riferimento alla seconda scialuppa riguarda Gianni Infantino. Presidente della FIFA. Ciò che non si spiega il sindaco, “a distanza di settimane” (parole sue), sono i fischi riservati dal pubblico al vertice del calcio mondiale. Che poche ore prima, a seguito di colloqui informali (Tra Falcomatà ed Infantino? E risalenti a quando?), aveva dichiarato il proprio impegno per la Reggina, volendo parlare con chi di dovere.

Infantino, coperto di fischi, sarebbe andato via da Reggio la sera stessa di quella gara Operazione Nostalgia. Quella al cui termine, Francesco Totti non si è potuto fare la doccia, causa assenza di acqua a quell’ora in zona stadio. Da anni.

Nel rilasciare determinate affermazioni, a scoppio ritardatissimo e a danno ormai perpetrato e forse irreparabile, Falcomatà ricalca sé stesso quando si chiedeva chi diamine fosse stato a concepire l’attuale pista ciclabile. Con riferimento agli obbrobri applicati nelle zone attigue al centro città.

Non volendo calcare troppo la mano, dato che ormai la vena attoriale è palese, chiediamo seriamente: al sindaco Giuseppe Falcomatà risulta, con prove provate, che gli attuali occupanti della Reggina abbiano rifiutato di cedere il club a soggetti imprenditoriali caldeggiati dal numero uno del calcio mondiale? O che, ancor peggio, abbiano mercanteggiato sparando cifre abnormi? Se è così, deve assumersi la responsabilità di affermarlo e dimostrarlo. Senza né metafore, né barzellette.

Sottolineando altresì come sia troppo comodo esprimersi così, adesso, dopo un avvio di stagione assai deludente. Condito dalla sconfitta nel derby dello Stretto. Sul momento, Infantino non è stato difeso da nessuna istituzione. Né allo stadio, né il giorno dopo quando il primo cittadino gonfiava il petto per la bella serata. E ricordando allo stesso Giuseppe Falcomatà, qualora sperasse che qualcuno a Reggio possa dimenticarselo, come sia stata la sua amministrazione a consegnare le chiavi della squadra agli attuali occupanti.

Sempre la sua amministrazione, senza facenti Fenice e con il titolare ben saldo sul proprio scranno, aveva consegnato le chiavi della squadra a Praticò nel 2015. E siccome abbiamo memoria abbastanza lunga, ricordiamo due aspetti di quegli anni. Nel frangente immediato, questa testata per prima (assieme a tante altre) ha erroneamente spinto per la “salita al trono” di quella cordata capeggiata da Praticò. Roba da chiedere al Padre Eterno di crearci altre due braccia ed altre due mani, per poterci meglio prendere a schiaffi da soli. Contestualmente, sempre per farla completa, di fatto bacchettavamo qualsiasi intenzione della famiglia Benedetto a porsi come alternativa, per il bando atto a farci ripartire dalla Serie D.

Ora però gonfiamo il petto noi, ricordando che fu una nostra intervista realizzata nell’autunno 2018 con Antonio Decaro, allora sindaco di Bari, a far venire fuori il nome di Moratti per la Reggina. A Decaro chiedemmo, a microfono acceso, di suggerire al suo compagno di partito Falcomatà uno di quegli imprenditori “battuti” dalla famiglia De Laurentiis per aggiudicarsi il Bari in Serie D. E lui a sorpresa, potendo citare anche Lotito o gli Hartono (quelli del Como), se ne uscì con Moratti. Aggiungendo che ne avrebbe parlato con il primo cittadino di Reggio Calabria.

Ora, se Moratti non prese la Reggina in quel concitatissimo dicembre 2018, bisogna essere altrettanto chiari. E coerenti. Quale reggino fece in modo che la “scialuppa Moratti” non ci salvasse? Dato che poi, nel breve volgere di qualche ora, fu Luca Gallo ad intervenire. Siamo sicuri che la famiglia Moratti formulò una proposta, anche di zero euro, per sobbarcarsi i debiti di un club a metà classifica in Serie C?

Ed in tal caso, chi se lo sarebbe fatto scappare Moratti, che poi non sarebbe Massimo bensì il figlio Angelo Mario? Praticò o Falcomatà?

A settembre chi sarebbe dovuto salire sulla prima balaustra disponibile della tribuna, ed urlare di farsi consegnare un microfono o un megafono per mettere subito a tacere i fischi contro Gianni Infantino? Chi ha avuto quantomeno l’occasione, dato che un comunicato sull’evento lo ha diramato, di prendere le distanze dai “fischiatori” già il giorno dopo? Non è troppo comodo farlo ad elezioni consumate?

Ma soprattutto, se qualche imprenditore amico di Infantino voleva rilevare la Reggina, e gli amici di Brunetta non hanno voluto cedere, cosa aspetta Falcomatà a smettere di pagare come Città Metropolitana l’energia elettrica del Sant’Agata? A meno che, quando parla di un reggino che rifiuta le scialuppe di salvataggio, non si riferisca a sé stesso.

In attesa di comprendere se la terza scialuppa esista solo nella sua pseudo-barzelletta. Con la consapevolezza che, fin quando ci sarà lui, per la Reggina sarà diluvio.

Infantino, la Reggina, Falcomatà ed i Bronzi di Riace

 

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