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Reggina: la sentenza che riabilita (in buona parte) Luca Gallo ed il rimpianto legato alla pandemia

di Paolo Ficara – “Sarai sempre il cattivo, in una storia raccontata male”. Da un po’ di tempo non si avevano grosse notizie circa Luca Gallo, il presidente dell’ultima promozione della Reggina. L’unica di fatto sul campo, anche se ratificata dal Consiglio Federale, negli ultimi 22 anni. La recente sentenza di proscioglimento circa la sponsorizzazione della Dalia al sodalizio amaranto da lui capeggiato, lo restituisce agli onori delle cronache. Ed in buona parte, lo riabilita.

Lo scrivente parla di sport, ha sempre parlato di sport – nonostante le vicende della Reggina finiscano da troppo tempo nelle aule di tribunale – e si attiene solo alla materia inerente la gestione della squadra di calcio. Luca Gallo attende ancora l’esito di primo grado del guaio giudiziario che lo costrinse, di fatto, a mollare la Reggina il 17 giugno del 2022. Per quel poco che sappiamo, è un uomo libero già dall’autunno dello stesso anno, se non da poco prima.

Per quella che è stata l’ultima fase della sua triennale gestione, emerge l’ulteriore conferma di come si sia speso, in tutti i sensi, per la Reggina. Valerio Antonini non è di Trapani, ed ha adoperato crediti d’imposta per il Trapani. Massimo Cellino non è di Brescia, è estremamente navigato nel mondo del calcio, ed anche lui ha rischiato con i suddetti crediti. Al punto da determinare la scomparsa del Brescia dal professionismo.

Nel momento in cui Luca Gallo, che non è di Reggio, ha avuto il dubbio circa la bontà dei crediti d’imposta legati alla sponsorizzazione della Dalia, i soldi li ha messi lui. Per chi ha fatto calcio prima e dopo di lui nella nostra città, 700.000 euro rappresentano una bella cifra. Forse valeva lo stesso per Gallo, in quel periodo. Ma parliamo di un imprenditore, unico nella nostra storia, che nelle casse della Reggina ha versato oltre 20 milioni.

Cifra attestata dagli inquirenti, non una voce di popolo.

La Reggina della gestione Gallo, dopo i primi mesi di forte impatto ma non utili in termini sportivi, è salita subito in Serie B. Trovandosi con lo stadio chiuso, causa pandemia. E con le aziende del proprietario all’asciutto, sempre causa pandemia. Cosa avrebbe potuto produrre quella Reggina, con l’entusiasmo della promozione che avrebbe spinto almeno 10 mila spettatori fissi al “Granillo”, e con un presidente in grado di fatturare con le proprie attività, non lo sapremo mai. Jeremy Menez lo ha preso lo stesso, con Adil Rami non c’è riuscito.

Questo è il rimpianto che si può avere, legato al Gallo presidente di una squadra di calcio. Il Gallo imprenditore, verrà giudicato nelle sedi opportune. La prima sentenza è a suo favore. Claudio Lotito, in pochi lo sanno o lo ricordano, finì agli arresti nel 1992. Se i tifosi della Lazio gli muovono un rimprovero – e glielo muovono eccome – è legato alla sua presunta parsimonia. Non di certo al suo casellario giudiziario.

Oltre agli aspetti positivi della gestione Gallo, osannato da tutti a Reggio – tranne da chi coltiva tuttora acredine personale – in quel triennio, ci sono sicuramente dei lati negativi. Sono da legare al durissimo colpo infertogli aziendalmente dal Covid? Probabilmente sì. Ci si deve aggiungere un pizzico di ingenuità nella gestione calcistica? Attendiamo l’occasione per chiederlo al diretto interessato.

Di certo, nella normalità dei casi, non ci sono imprenditori che scelgono di entrare nel calcio per il piacere di produrre debiti. O per il gusto di mandare a fallimento le società. Ci sono tuttavia imprenditori, parecchi, che si affidano alla vera rovina del calcio italiano: una classe di manager che gioca a tressette, ma a perdere.

A Reggio Calabria abbiamo assistito, di recente, a conferenze stampa organizzate a babbo morto. Solo per lavarsi la coscienza, quando ormai non c’era niente da fare. Gallo non ha mai parlato. Nemmeno per far notare dei dettagli a suo favore, come l’iscrivibilità naturale della Reggina nel 2022 con il solo anticipo delle somme giacenti in Lega B. Tant’è che la fidejussione la produsse Fabio De Lillo, non Saladini, almeno in prima istanza.

Chiaramente ci sarebbero delle curiosità legate ad altri aspetti. Quella scadenza federale del febbraio 2022, ad esempio. La quale produsse 4 punti di penalizzazione, comunque ininfluenti per una Reggina che era già distante sia dai playoff che dai playout. Oppure, considerando gli oltre 20 milioni iniettati da Luca Gallo nelle casse societarie, e dall’altro lato il totale dei debiti arrivato a 15 milioni – somma comprensiva dei buchi ereditati dalla precedente gestione, ricordiamoci le gastronomie e le bollette della luce non pagate – ci sarebbe da chiedere all’ex massimo dirigente come fece, in quei tre anni e mezzo, a produrre dei costi così elevati.

Certo, poi leggiamo il rendiconto dettagliato dei creditori della fallita Reggina 1914, e ci facciamo un’idea. C’è una sfilza di procuratori con parcelle abnormi pattuite. D’altronde ogni anno, pareva che gliel’avesse ordinato il medico alla Reggina di cambiare quindici giocatori alla volta. I debiti non li porta la cicogna. Hanno una mamma ed un papà. E a Reggio c’è chi ha “ingravidato” tre proprietari consecutivi.

La Reggina ha una storia. Caratterizzata da epoche. Oreste Granillo, Pino Benedetto e soprattutto Lillo Foti, restano là. Al primo di loro, è intitolato lo stadio. Gli altri due hanno dato tantissimo, scrivendo le pagine più importanti della nostra storia. E forse ancora tanto potrebbero dare. Ma ora pensate al post-Foti. Ognuno è libero di coltivare antipatie, rancori, livore anche verso chi scrive. Poi esistono i dati oggettivi. Leggete il seguente elenco, ed individuate chi ha prodotto dei risultati:

  • P&P con soci di minoranza
  • Gallo
  • Saladini
  • Ballarino e Minniti

Non c’è paragone. Da aggiungere anche che Saladini prese la Reggina gratis, in Serie B seppur indebitata. La ei fu P&P e gli attuali Ballarino e Minniti, gratis ed ex novo – cioè senza debiti – in Serie D. Gallo è stato l’unico a comprare le quote societarie, probabilmente pentendosi di aver sborsato circa mezzo milione per un club che aveva la sentenza di fallimento pronta ad essere timbrata. E che dunque, valeva zero. Ma oggi, se avessimo la possibilità di interloquire con il presidente Gallo, sarebbe un’altra la domanda che gli porremmo.

Nonostante fosse praticamente costretto a cederla, non si è pentito di aver regalato la Reggina a Saladini quel 17 giugno del 2022?

Reggina, a giudizio per lo sponsor Dalia: prosciolto l’ex presidente Luca Gallo

 

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