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Al Festival d’Autunno “Cleopatra” trionfa riscrivendo il melodramma

Chi ha sostenuto che il melodramma non possa più parlare al cuore e alla mente del nostro tempo ha ricevuto ieri sera una risposta perentoria. Il Festival d’Autunno, fondato e diretto da Antonietta Santacroce, si conferma un faro di innovazione, inaugurando la XXII edizione con la Prima Nazionale Assoluta di “Cleopatra”, andata in scena al Teatro Politeama di Catanzaro. 

Non c’è trionfo né nostalgia nell’apertura di “Cleopatra”: l’inizio dell’opera lirica dedicata alla regina d’Egitto si incentra su una voce che racconta. È quella di Plinio il Vecchio (Anton Giulio Onofri) – che di Cleopatra ha parlato nella sua Naturalis Historia – il quale introduce lo spettatore in un viaggio tra lingue antiche, musica e immagini.

Una prima carica di aspettative firmata dal giovane compositore Alessandro Meacci, su libretto di Marco Maria Tosolini. L’opera si basa su un linguaggio che intreccia storia e innovazione, memoria e visione, riportando al centro della scena un soggetto narrativo tanto investigato quanto ancora tutto da scoprire e da reinterpretare. «Cleopatra è stata protagonista di oltre 50 opere liriche – ha spiegato lo stesso Meacci – ma è stata sempre vittima del grande pregiudizio di essere una femme fatale. A mio avviso è molto altro»

Le scelte complessive che hanno caratterizzato ogni aspetto della rappresentazione sono apparse lontane dalla via – certamente più semplice – della celebrazione classica, ma hanno percorso quella della contaminazione linguistica e sonora: lingue antiche, suoni elettronici, strumenti egizi ricostruiti e voci che si intrecciano in un impianto concettuale ricco e stratificato. 

Ad accogliere il pubblico, illustrando gli elementi essenziali dell’opera, il soprano e divulgatrice lirica Maria Carfora«È importante ricordare che l’opera e il melodramma fanno parte delle nostre radici italiane. Però, affinché questo genere si diffonda e resista – ha detto – bisogna poter dare spazio alle nuove opere, in modo da avere un linguaggio attinente ai nostri tempi. Tutto questo è stato possibile grazie alla lungimiranza e alla grande volontà del direttore artistico Antonietta Santacroce».

«Ho voluto che in questa epoca di grandi fermenti, di grandi cambiamenti a livello culturale e sociale, anche il Festival d’Autunno ne fosse lo specchio – ha dichiarato Santacroce – e Cleopatra alla quale è affidata l’inaugurazione e’ un’opera che rifugge le classificazioni e che Santacroce ha definito «emblema di questa XXII edizione del Festival d’Autunno, che vuole coniugare contemporaneità e valorizzazione della tradizione».

Un’opera che intreccia tempi, lingue e sguardi

“Cleopatra” nasce con una dichiarata ambizione: restituire alla figura della sovrana egizia la sua complessità storica e politica. Per farlo, Alessandro Meacci è stato fautore di un lavoro di riscrittura non solo attraverso la drammaturgia musicale, ma anche grazie a un articolato impianto concettuale che combina l’uso di strumenti originali dell’antico Egitto — come aulos, sistro e lira egiziana, ricostruiti con rigore filologico dall’artigiano Enzo Laurenti — e sonorità elettroniche contemporanee.

A rendere ancora più stratificata la partitura è l’intreccio di più lingue antiche tra le quali sanscrito, greco e latino, utilizzate con funzione evocativa e simbolica, come tracce sonore di civiltà che dialogano attraverso i secoli.

Il risultato è una partitura sospesa tra passato e futuro, dove la dimensione temporale si dilata e si sfuma, restituendo al pubblico un’esperienza percettiva immersiva e inedita.

La regia di Erica Salbego ha compiuto un passo ulteriore, costruendo una messa in scena minimale ma profondamente evocativa. Le proiezioni e gli interventi digitali non funzionano da sfondo decorativo ma da vere e proprie architetture relazionali: l’ambiente scenico si modella insieme alla musica e al pubblico.

Infine l’uso della tecnologia – curato dalla digital artist Annalisa Scarpa – si radica in un dialogo serrato con la ricerca scientifica portata avanti dagli studi di Chantal Milani che hanno restituito un ritratto di Cleopatra filologicamente fondato e proiettato nel futuro.

Linguaggi senza tempo per una narrazione contemporanea

La direzione musicale di Massimiliano Caldi ha valorizzato con sensibilità e rigore la scrittura fluida e non classificabile di Meacci. La Roma Tre Orchestra ha offerto una prova di grande spessore tecnico e interpretativo, restituendo con eleganza la complessa architettura sonora dell’opera. L’orchestra si è distinta per compattezza e dinamica espressiva, alternando momenti sospesi e rarefatti a improvvisi slanci drammatici, in un dialogo continuo con la scena e con le voci.

In particolare quella del soprano Jennifer Ciurez, che ha dato corpo a una Cleopatra forte e visionaria, ponendosi come ponte tra la dimensione storica e quella simbolica dell’opera. Da sottolineare anche la prova intensa e autorevole del basso Karol Filich nei panni di Tolomeo XII.

Nel secondo atto, la tensione emotiva della narrazione ha trovato uno dei suoi vertici negli intrecci vocali tra il tenore Charles-Isaac Denyse (Marco Antonio), l’altro tenore Artur Sadlon (Ottaviano) e il soprano Sara Ghiglia (Ottavia Minore) i quali hanno creato un tessuto sonoro di straordinaria intensità. Il loro confronto scenico e musicale ha amplificato il dramma politico e personale che attraversa l’opera, restituendo al pubblico una scena di altissima potenza teatrale.

Ad accrescere la forza visiva e simbolica della messinscena, la presenza dei danzatori della Scuola di Danza del Teatro Politeama, che hanno abitato lo spazio scenico con movimenti misurati e rituali, creando quadri coreografici dialoganti con la musica e con la proiezione digitale. Una danza non decorativa, ma parte integrante della struttura narrativa.

Il sostegno e il riconoscimento

Il debutto di “Cleopatra” è stato possibile grazie alla coproduzione del Festival con la Roma Tre Orchestra, sostenuta dalla Fondazione Carical e da una rete di partner pubblici e privati.

Prima dell’inizio dello spettacolo, al compositore Alessandro Meacci è stato consegnato il “Cavatore d’argento”, simbolo della città, realizzato dal maestro orafo Michele Affidato e consegnato dal presidente della Fondazione Carical Gianni Pensabene.

«Commissionare un’opera, idearla, realizzarla, portarla in scena richiede uno sforzo organizzativo ma anche economico molto importante – ha sottolineato Santacroce – e non si sarebbe potuto realizzare senza l’apporto della Fondazione Carical. È un orgoglio per la Calabria essere la culla di un’opera che debutterà poi in contesti nazionali e internazionali».

«Sono particolarmente contento di essere qui stasera. Conosco e apprezzo tantissimo il lavoro della dottoressa Santacroce, ma ancor più – ha affermato Pensabene – sono rimasto colpito dal fatto di premiare un giovanissimo compositore. Mi fa piacere consegnare questo premio che vuole essere di grande augurio per la sua carriera e per il suo futuro».

La prima nazionale di “Cleopatra” ha confermato una delle mission del Festival d’Autunno: quella di generare processi culturali innovativi. L’opera non solo ha riscritto una figura storica, ma ha messo in discussione i codici stessi della narrazione operistica, trasformando la rappresentazione in un’esperienza condivisa e multisensoriale.

In questo senso, la “Cleopatra” andata in scena al Teatro Politeama sembra voler affermare con forza il diritto dell’opera lirica di parlare il linguaggio del presente, mantenendo viva la memoria del passato e aprendosi ai linguaggi del  futuro. 

La Prossima Scommessa: “Materiale per Medea”

L’entusiasmo per “Cleopatra” è il preludio al prossimo, cruciale appuntamento del Festival d’Autunno: oggi, domenica 12 ottobre, alle ore 18, il Museo MARCA di Catanzaro ospiterà la Prima Nazionale di “Materiale per Medea”.

Questo potente lavoro teatrale, ideato, diretto e interpretato da Agata Tomšič con la compagnia ErosAntEros, si confronta con l’eredità radicale di Heiner Müller. Lo spettacolo attualizza il mito di Medea, presentandola come icona femminista, migrante e figura in aperto conflitto con il potere costituito. Attraverso un’esplosione di materiali scenici, Müller costringe lo spettatore a confrontarsi con le macerie della storia e la possibilità di riscrivere il futuro, in un evento che si preannuncia un grido urgente e poetico, perfettamente in linea con il tema “CambiaMenti. Linguaggi senza tempo” del Festival. Un appuntamento imperdibile che prosegue il percorso di innovazione della rassegna.

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