Una storia vera intrisa di emozioni e di riflessioni profonde. “Il nuotatore di Auschwitz”, andato in scena, in prima nazionale, ieri sera al Teatro Grandinetti Comunale di Lamezia Terme, nella prima delle due repliche calabresi che ha registrato il sold out, è un racconto che lascia l’amaro in bocca per la sua drammaticità. Gli orrori della guerra e delle atrocità vissute dai due protagonisti Alfred Nakache e Viktor E. Frankl hanno avuto in Raoul Bova un interprete sensibile e carismatico. L’evento, organizzato da AMA Calabria è sostenuto dall’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria – Settore Teatro.
“Immerso” in una scenografia essenziale, in cui le luci assumono il simbolo delle corsie di una piscina o di rotaie sulle quali durante la Seconda Guerra Mondiale viaggiavano i treni della morte, carichi di detenuti che avevano poche speranze di ritornare a “respirare” l’aria della libertà, Raoul Bova ricopre tre ruoli: il narratore, Alfred Nakache e Viktor E. Frankl. Le tre figure sottolineano e narrano come la forza della speranza riesca a vincere su ogni cosa, persino sulla morte.
Alfred Nakache è stato un nuotatore di origine ebraica che, paradossalmente, da bambino aveva paura del mare. Sono i suoi ricordi di bambino a dare inizio al racconto in cui l’acqua è l’elemento dominante nello spettacolo, è la linfa vitale nella quale ha trovato la sua dimensione naturale. Nel buio del palcoscenico, si innalza del fumo che ricorda la leggerezza provata mentre si è immersi in mare. In Algeria, il piccolo Alfred ha paura di nuotare, ma con il tempo riesce a trasformare le sue paure in forza, diventando campione di nuoto.
Con le sue numerose vittorie raggiunge record incredibili. Trasferitosi in Francia, nella sua amata Parigi, viene considerato un eroe, fin quando non arrivano i nazisti a ribaltare la sua vita. Raoul Bova riesce a mescolare il racconto mentre si rivolge agli spettatori, e i ricordi che pesca dal suo leggio, dove sono racchiusi i pensieri più profondi di Alfred.
Essere ebreo lo rende inviso anche agli amici e ai compagni di squadra. Passando dalle vittorie agli insulti, la storia del nuotatore diventa infernale. Drammatico è il momento in cui l’attore con grande partecipazione narra del viaggio in treno, ammassato a numerose persone accomunate dallo stesso destino: essere reclusi nel campo di concentramento di Auschwitz, luogo in cui Nakache, oltre ad essere privato dello sport che amava tanto, viene separato dai suoi affetti familiari, sua moglie e sua figlia. In quel momento realizza che i suoi sogni si sono infranti davanti a tanta barbarie, ma non si dà per vinto e trova spazio nel coraggio, nella forza di volontà e nella determinazione che gli permettono di resistere ai tanti orrori cui ha assistito e dei quali è stato oggetto.
In quello stesso lager, a vivere la comune esperienza, è lo psichiatra austriaco Viktor E. Frankl che, al contrario di Alfred Nakache, reagisce a quel dramma in maniera meno istintiva, quasi teorizzata. Alla stessa maniera dei due leggii posti sul proscenio, le due figure possono essere considerate una come il riflesso dell’altra, entrambe capaci di reagire alle sofferenze, seppur in maniera diversa. Nonostante la prigionia, Nakache è riuscito a ritrovare la voglia di allenarsi e di nuotare, così come Frankl non ha smesso di seguire il suo percorso di studioso.
La fine di quel periodo brutale ha riportato a nuova vita i due personaggi anche attraverso la ricerca della fede: il nuotatore è tornato a vincere, aggiungendo altri record e altre medaglie, lo psichiatra ha scritto un libro “Uno psicologo nei lager” sull’esperienza vissuta.
“Il nuotatore di Auschwitz”, diretto egregiamente da Luca De Bei, attraverso le tribolazioni dei due personaggi lascia un profondo messaggio: anche attraverso la sofferenza è possibile reagire e guardare con ottimismo al futuro, trovando in sé stessi la forza di dare un senso alla propria vita.
Raoul Bova nel suo triplice difficile ruolo riesce a strappare applausi e a far entrare gli spettatori in un mondo che ha lasciato cicatrici profonde nell’umanità. La sua capacità interpretativa e la sua sensibilità lo rendono attore maturo e artista capace di dare vita ai propri sentimenti e alle proprie emozioni, sfociate in una evidente commozione. Un momento molto sentito e coinvolgente, durante il quale i lunghi applausi del pubblico sono apparsi come un profondo e intenso simbolico abbraccio.
Stasera “Il nuotatore di Auschwitz” sarà replicato al Teatro Comunale di Catanzaro, nella seconda data esclusiva per la Calabria.