di Paolo Ficara – Il simbolo messo in foto, quella della Reggina 1914, ad oggi non è iscritto a nessun campionato. Peraltro, poche ore fa, dovrebbe essersi concluso – davanti ad un notaio – il passaggio di consegne tra Manuele Ilari e Felice Saladini, con restituzione delle quote a quest’ultimo ed al cugino Angelo Ferraro. Sono le ultime ore, per la città di Reggio Calabria, utili a razionalizzare i motivi che porteranno quel simbolo a restare chiuso in un cassetto. Con alle viste un anno di surrogato. Oppure un anno sabbatico.
Sono le ultime ore utili per capire, ribadendo il concetto espresso in altre occasioni, che i disastri non sono mai colpa di una persona sola.
Quanto accaduto a livello di pressione mediatica e/o popolare, inconsapevolmente già prima del Consiglio di Stato, forse è ancora più vergognoso del mancato rispetto dei termini federali per l’iscrizione. Sinceramente, ci saremmo un po’ rotti le scatole di questa continua promozione – mista a denigrazione di chi si permette di insidiarne l’incoronazione – del compare. Di tutti i compari. Sia quelli che possiamo disprezzare a ragion veduta, sia altri che riteniamo teoricamente validi.
Smettetela di tirare la volata all’amico. E vergognatevi.
Peraltro, è difficile non notare un percorso che ricalca quello degli ultimi mesi. E che vede dalla stessa parte l’intermediario che vive nelle case popolari, incaricato non si sa da chi a proporre la Reggina; quasi tutta la classe giornalistica reggina; il peggio del peggio della inqualificabile classe politica reggina; ed una claque di portata esigua ma rumorosa. Questi erano tutti ad applaudire Saladini fino a giugno, qualcuno vantandosi anche di averlo portato a Reggio. E ora, come se nulla fosse, vorrebbero riproporre lo stesso schema, le stesse facce, lo stesso onnipresente compare. A prescindere da chi sia il proprietario.
In tutto ciò, ci stiamo accorgendo di come cresca la confusione anche presso il tifoso decomparizzato. Quello che vuole solo vedere, sentire e toccare la Reggina. E che sarà costretto a sorbirsi le ultime lagne di nani e ballerine. Alla confusione, si mischia la sempre più profonda nausea.
La Reggina è scomparsa dal professionismo. Abbiamo perso tutti. Ma c’è chi ha perso giocando e facendo autogol. In serie. Interrompere la continuità gestionale rispetto all’ultima stagione, è la prima ineluttabile condizione per ripartire. Dopodiché, c’è un bando di cui andavano soddisfatte le condizioni. La fretta è cattiva consigliera. Il campionato di Serie D è praticamente già iniziato. Serve conoscenza della categoria, non figurine. Altrimenti rimarremo nella polvere fino al prossimo decennio.
Ci auguriamo che Brunetti posi il telefono e lo riprenda venerdì sera. Basta pressioni. Basta interferenze. Basta sveltine. Legittima la corsa alla poltrona di chi deve portare il pane a casa, ma se non vi fila nemmeno la Pergolettese un motivo ci sarà. Se nemmeno il progetto reputato più serio, lo sarà al punto da mettersi alle spalle l’incubo appena vissuto, c’è sempre l’alternativa: un bell’anno sabbatico per disintossicarci.